Due più due fa zero per i media maistream. Ma anche per i partiti e specie per quella cosa indefinibile che si chiama Pd: così accade che mentre la senatrice Emilia De Biase, presidente della commissione Sanità del Senato, lancia l’allarme contro ulteriori tagli alle politiche di assistenza, pena un rischio Grecia, il partito sembra galvanizzato dal job act di Renzi, il quale andrà certamente a toccare o i contributi pensionistici, e/o l’Irpef e l’Irap. Putroppo però almeno il 30% della sanità è pagato proprio grazie a quest’ultima tassa, studiata proprio per tale fine (peraltro esiste sia in Germania che in Francia con buona pace di Confindustria).
Questo vuol dire semplicemente che è inevitabile un ulteriore taglio ai servizi o un aumento della tassazione indiretta assai più corposa rispetto ai tagli di Irpef prospettati dal governo come un nuovo corso. Distratti dalla questione dadaista delle quote rosa, avviliti dalle vicende della “nuova” legge elettorale, pare che non si riesca a sommare i due termini della questione e a mostrare che con le premesse del job act, in regime di diminuzione forzata di spesa, non si può mantenere il livello di assistenza già oggi gravemente compromesso a meno di non sobbarcarsi a nuovi aumenti di tassazione indiretta, siano essi sotto forma di ticket o di altri balzelli.
E’ solo un esempio di come si giri vorticosamente, ma a vuoto: con Letta si stava in panchina ad attendere l’annuncio di una resipiscenza della Merkel cambiasse strada, con Renzi si vive sul materasso ad acqua, ma il risultato desolatamente non cambia e anche le evidenze sembrano prendere di sorpresa un Paese fa solo finta di non conoscere il suoi sarchiaponi.
mi risulta che l’URSS sia esistita, e tanto basta e avanza a smentirla. Ma ci sono ancora le cooperative di lavoratori, i dipendenti pubblici, la Cina, ecc.ecc. Lavoratori senza “indispensabili” aziende..
Perché, Le risulta che l’URSS sia ancora in giro?
“senza le aziende ci sarebbero ben pochi lavoratori in giro. ”
quindi in URSS non esistevano lavoratori?
Mentre è facile dire che le aziende sfrut tano i lavoratori, sarebbe altrettanto facile ribattere che senza le aziende ci sarebbero ben pochi lavoratori in giro. Sembra dunque più opportuno, anziché scan narsi a vicenda, trovare un punto di compromesso che eviti da un lato lo sfrutta mento dei lavoratori e il diniego dei diritti ma anche, dall’altro, lo sfrutta mento delle aziende italiane perché oggi avvengono entrambe le cose contemporaneamente.
Forse, però, chi non ha la ventura di avere un’azienda ha l’attenuante di vedere solo una metà del mondo. L’IRAP è una tassa (imposta, in realtà) sui lavoratori. Ossia, più lavoratori hai e più paghi IRAP tanto è vero che una SRL che non abbia dipendenti non è soggetta a IRAP. Inoltre l’IRAP, contrariamente a ogni logica equitativa, si paga anche se l’azienda è in perdita o sta per fallire.
Si può immaginare l’effetto del tutto disincentivante che l’IRAP ha avuto sulle aziende italiane e quanti posti di lavoro sia costata al nostro paese. E’ una tassa talmente irragionevole e odi osa che il fatto che anche due altri paesi (su 300 che ne conta il mondo) ne abbiano una simile depone casomai a sfavore di quei due paesi e li segnala come nazioni in cui non andare assolutamente a insediare una propria azienda o filiale. In linea generale preferirei che Mr. Simplicissimus citasse paesi che offrono dei buoni e non dei cattivi esempi.
Quanto al fatto che il 30% della sanità sia pagato proprio grazie a quest’ultima imposta credo che la cosa non si possa sostenere. Le imposte affluiscono tutte in un unico calderone e poi è lo Stato a decidere come ripartirle, non è che abbiano una “destinazione” d’uso, altrimenti sarebbero delle tasse o dei contributi e non delle imposte. Del resto la sanità è già pagata con contributi sanitari ad hoc, per cui dire che l’IRAP ha la funzione di pagare la sanità è, secondo me, una piccola forzatura. O vogliamo auspicare che venga aumentata di 3,3 volte in modo da coprire completamente il costo della sanità? Si coprirebbero i costi della sanità ma aumenterebbero le delocalizzazioni e le chiusure d’azienda. Alla fine la situazione sarebbe uguale a prima, anzi peggiore, perché continuerebbero a mancare i soldi per la sanità ma, in compenso, si avrebbe qualche milione di disoccupati in più.
Nel totale caos dei principi che si sta verificando, noto che anche i principi di una corretta fiscalità, che esistono nei testi classici e sono peraltro intuitivi e di buon senso, vengono costantemente piegati a fini politici e manipo latori finendo per travolgere non tanto le aziende, che si sanno difendere e possono delocalizzare, quanto proprio i cittadini che si troveranno, tra poco, a dover pagare la sanità tutta intera. Con i nuovi ISE/ISEE infatti, in vigore da quest’anno, basta che una regione decida di adottarne i criteri e tutti coloro che hanno una casa di proprietà verranno considerati abbastanza ricchi da potersi pagare le spese sanitarie di tasca propria anche se hanno pagato i contributi sanitari per mezzo secolo. D’altronde quando ci raccontarono la megaballa che i contributi sanitari che paghiamo servono per pagare la sanità degli altri e non la nostra avremmo dovuto capire per tempo dove andava a parare il discorso. Ci siamo fidati, siamo stati freg ati.
Più in generale, c’è un problema di metodo. Aver accettato le false spiegazioni sull’intollerabilità del nostro debito e la necessità di rientrare sta portando il nostro paese a una situazione di progressiva povertà, indotta dalla volontà politica statunitense che, per non figurare in prima persona, si appoggia alla UE e alla Merkel. Il risultato di questo soffo camento economico programmato dall’alto è che ogni categoria sociale cerca di tirare la coperta corta dalla propria parte nella speranza, se non di salvarsi, di allontanare il più possibile il momento del tra collo.
A volte ho l’impressione che anche su questo sito ci sia la tentazione di seguire il sistema della coperta corta e, anziché volersi salvare tutti assieme, si ipotizzino salvataggi parziali che vanno a sovraccaricare altre parti sociali nell’ottica del “mors tua vita mea”. Ma è il metodo che è sbagliato. Dobbiamo invece riconoscere che l’Italia non ha alcun problema di eccessivo debito (il debito è il motore del capit alismo!) e dobbiamo dire di no ai dik tat euroameri cani uscendo dall’euro e da un’Unione Europea che è diventata il bagno di coltura del totalit arismo 2.0. E siccome non si può essere autar chici, impariamo d’ora in poi a stringere alleanze solo con quei paesi che non ti vogliono abbracciare così forte da strang olarti.