L’Italietta dell’atomo è qualcosa che non si può guardare. E’ la lisca di pesce di un Paese, un osso di seppia spolpato da intelligenza e dignità. Mentre la signora Merkel, nuclearista convinta, ferma il programma tedesco e annuncia la possibile chiusura delle centrali più vecchie, mentre la stessa cosa succede in Svizzera, la signora Prestigiacomo, che si dovrebbe far prestare non giacomo, ma un po’ di cervello , dice che “chiaramente”  il nostro programma va avanti. La ministra dell’ambiente dei miei stivali, nemmeno è capace di edulcorare e nascondere l’avido disegno di non mettere a rischio gli affari già fatti, magari sottobanco.

Ma passi per il governo: ce lo si può aspettare. Passi per gli uomini di uomini di lobby come Testa, un cognome che reclama a gran voce complementi di specificazione. Ma è il resto che fa paura: gli scienziati e i tecnici che fanno i salti mortali per attutire il colpo e non “guastarsi” col potere. E’ davvero una pena. E siccome è difficile al momento rassicurare dicendo che in fondo non è successo niente, cercano di cavarsela con i numeri, fidandosi della scarsa dimestichezza della popolazione con la matematica e con la statistica.

Paola Girdinio, la preside di ingegneria a Genova e soi-disant specialista, annota che in fondo si tratta di una sola centrale sulle 55 giapponesi. E il meraviglioso direttore del Tempo perduto di Roma, riprende con grande sagacia e acutezza di visione, questo singolare ragionamento: in prima pagina sbatte l’argomento “fine di mondo”, quello che i maledetti nuclearisti non potranno mai confutare.

Dice il direttore che le centrali nucleari nel mondo sono 442 e quindi un incidente, per quanto grave, non significa nulla, non deve, né può allarmare. Invece proprio grazie a questi numeri ci si dovrebbe allarmare.

Diciamo che nel corso degli ultimi 40 anni possiamo considerare una media di 300 centrali funzionanti ( sono meno, ma è per fare conto pari e non perderci in virgole) e in questo periodo ci sono stati tre gravi incidenti che hanno avuto grande rilievo mediatico, Three Mile Iland, Chernobyl e oggi Fukushima, più altre decine di incidenti risolti, ma con una consistente alea di rischio, diciamo altri due almeno di livello 6. Ma non maramaldeggiamo, prendiamo solo i tre noti a tutti.

Bene questo significa che gravi incidenti hanno un’incidenza dell’ 1% che non è affatto bassa, anzi assolutamente enorme. Nello stesso periodo di tempo per esempio hanno ceduto 12 dighe su  circa 26 mila invasi nel mondo con un’incidenza dello 0,4 per mille, vale a dire quasi 300 volte inferiore. Se nello stesso periodo considerato l’1 per cento dei voli di linea fosse caduto, probabilmente non saliremmo in aereo nemmeno con l’estrema unzione compresa nel prezzo. La probabilità reale è di 1 su 20.000. E anche  la cosa in assoluto più pericolosa che facciamo, ossia guidare, presenta rischi minori: la possibilità di un incidente mortale in 40 anni, guidando tutti i giorni per 100 chilometri,  è di 1 su 266, parecchio inferiore dunque al rischio di vivere vicino a una centrale.

Capisco che non si sappia  cosa dire per difendere un progresso tutto presunto e gli affari certi della classe dirigente, ma questo delle probabilità era davvero l’ultimo argomento da affrontare. Però oggi è così: il rischio di idiozia è talmente alto che ormai è una certezza.