Un’iniziativa profetica: proprio oggi si è saputo che Telecom ha interrotto la campagna con Belen Rodriguez perché è stato un flop colossale. Forse davvero qualcosa,  sta cambiando.

Una ragione per riproporre questo post di due giorni fa e l’iniziativa della pagina di Facebook.

La pubblicità non è solo un modo per vendere cose, ma il modo di creare un mondo in cui quelle cose hanno senso e possono essere vendute. Cosi assieme al telefonino e al caffè si vende l’idea di rapporti nei quali la tazzina o il cellulare si collocano come vantaggiosi, desiderabili. E per questo si vende anche il corpo delle donne.

In questi anni le denunce di questo avvilimento collettivo sono state molte. Ma nessuna forse così radicale, scritta all’attacco piutosto che in difesa come questa apparsa su Facebook:

MANDA UNA MAIL AI LADRI DI DESIDERIO. DONNE E PUBBLICITA’: SIETE VECCHI

Ecco il testo della lettera da mandare agli uffici pubblicitari delle aziende chiamate in causa:

“E noi non compreremo più Lavazza, né faremo contratti con Tre, o con Tim. Possibile che i pubblicitari non intercettino più umori e cambiamenti?
Lavazza sentiva la necessità di pagare un milione e mezzo di dollari Julia Roberts, muta, con quei due che ritraggono l’Italia sfigata di Berlusconi? Il messaggio per i consumatori è solo la metafora di un paese inchiodato alla sua arretratezza.
Che dire di Tre? Con l’ “esagerata” che “carica” il “cellulare” di lui. E l’altra, seduta a tavola, di cui lui dice di avere bisogno perché “risolve problemi”, chi sarebbe, la Perpetua? Che dire dello spot Tim, autentico stalking per cittadini consumatori con Belen- De Sica sintesi di pensiero semplificato a LatoB?
Perché gli uomini non si ribellano a questa ingiunzione al rimorchio infantile, perché non si riappropriano del loro desiderio azzerato dal marketing alla cocaina e al viagra? Perché non insorgono loro, per primi, trattati come montoni da centro commerciale? Perseguitati da corpi femminili acefali farciti di silicone e plasmati dal marketing e dalle lobby di chirurghi plastici.

Non c’è niente di “ironico” , né divertente : è lo specchio di un’ Italia puttaniera, clericale, ammiccante e triste. Che non desidera e perciò non sa sperare né fare politica. E nemmeno compra, ma al massimo arraffa. Moralista, per chi è obbligato a guardare, sregolata e amorale per i pochi che godono di tutto.
Cara Industria, perché non smetti di volere solo le pulsioni dei tuoi consumatori e di investire in spazi televisivi che parlano da anni agli acefali? Per poi commentare: “hanno aperto i cancelli dello zoo, meglio andarsene”. Lo zoo, cara Industria, l’hai fatto tu. Chi salda ora il conto?
Si cambia e si fa impresa non solo licenziando, e riducendo i minuti di pausa degli operai che massacrano il loro corpo alla catena di montaggio o facendo firmare lettere di impegno di non-maternità alle donne, o andando in Romania o in Polonia. Si fa impresa con il rischio, col coraggio e con l’intelligenza. Assumi le tue responsabilità, rappresentati in modo meno patetico. Intercetta il progresso. Potresti perfino arricchirti.”

Gli indirizzi a cui mandare la lettera:

Laura.peserico@leoburnett.it

officesupport@opaservizi.it
m.testa@armandotesta.it

Gruppo24ORE@ilsole24ore.com economico@ansa.it