Francamente la pubblicità sul concertone di Roma  sta diventando imbarazzante. Perchè questo Primo Maggio  si festeggia il non lavoro o la precarietà a vita, quando va bene. Forse sono io che non capisco, però le indiscrezioni su chi ci sarà o meno sul palco, la trepidazione per la scaletta della kermesse, cominciano a sembrami uno sberleffo, una presa in giro.

Ma cosa festeggiamo? La perdita di diritti, la perdita di posti, le magnifiche e progressive sorti del lavoro sottopagato? Cantiamo che così ci passa?

La disoccupazione in un anno è cresciuta enormemente, si sono persi 367 mila posti, quasi il 28% dei giovani è a spasso, mentre il tasso di inattività globale raggiunge il 37,8%, colpendo in  maniera durissima il lavoro femminile. Tutti dati Istat che, nonostante il gran lavoro dell” istituto di statistica per “ammorbidire” la realtà, lasciano desolati.

Per non parlare dei morti, della cassa integrazione in scadenza, dell’indifferenza totale di un governo ormai totalmente dedito alle partite iva, alle partite di giro, alle partite di affari sottobanco.

Va bene, facciamoci questa schitarrata. Ma senza un corteo, senza una qualche mobilitazione, senza battere il pugno sul dramma che stiamo vivendo, viene  l’idea che i sindacati  siano più abili come impresari teatrali che come difensori del lavoro.

Il fatto stesso che in alcune città il Primo Maggio non si festeggi nemmeno più, la dice lunga sulla perdita della carica simbolica della festa. L’anno prossimo nella scaletta, inseriamo, mi raccomando,  anche un requiem.