Anna Lombroso per il Simplicissimus

Succede di piangere perchè qualcuno ti tocca il cuore e scioglie quel gomitolo di filo spinato che hai conservato in gola. Succede di piangere perché hanno tirato un lacrimogeno e sei un ragazzino che fa le sue prime battaglie in strada, come quelli della via Paal, ma è un gioco più duro. E ci sono le lacrime amare e ruvide di chi perde il lavoro e la dignità. Dice Giovenale che le lacrime sono il dono più benigno che gli dei hanno concesso agli uomini. Ma dovevano averle dedicate soprattutto alle donne come la cifra della loro debolezza, impotenza, vulnerabilità. Gli uomini non piangono mica sei una femminuccia si diceva. E le lacrime eroiche venivano versate di nascosto nel buio delle tende alzate fuori delle mura di Troia. Poi come si dice con un orrendo verbo molto usato qualcuno le ha sdoganate anche in versione virile: e giù leader duri e puri, gran bastardi mediatici che tiravano su con naso come Ochetto alla Bolognina, Vespa davanti alle foto del matrimonio e via via in un crescendo spudorato ad alto tasso di umidità.
Le lacrime, più o meno credibili e autorevoli, hanno finito per diventare l’epifania della vicinanza maschia, potente e sincera con gli altri, la cifra umida e simbolica della compassione quella di Schopenhauer , del vivere in sintonia e comunanza le passioni e le emozioni.

Ci voleva una ministra del governo più cinico e spietato degli ultimi 150 anni per restituire al pianto il senso catartico e sopraffattore della resa, della debolezza potentissima che vince sul potere e avvince il potente col ricatto dei sentimenti e il rinfaccio dei servigi prodigati.
Alle lacrime prontamente evaporate della ministra preferiamo di gran lunga gli occhi lustri ed emozionanti di una signora anziana, con la sua vestagliona rossa e i bigodini, ripresa mentre lancia baci come Wanda Osiris sulla scala, affacciata alla finestra di una casona sul Gra, e saluta la vita bella rabbiosa e festante che passa coi ragazzi del 22 dicembre.