Sulla scia del post di ieri e sui 730 giorni che hanno cambiato il mondo, lasciatemi tentare di dare un’idea più precisa della sconfitta militare a cui è andata incontro la Nato, perché sono certo che nel prossimo futuro sentiremo dire che l’Ucraina e il regime di Zelensky sono gli unici responsabili, che hanno commesso grossi errori tattici, che non erano abbastanza armati, che in definitiva non erano la Nato. In realtà invece è proprio tutta l’Alleanza atlantica che ne esce sconfitta perché ha addestrato e armato l’esercito di Kiev e pianificato nei particolari tutte le azioni. In campo è stata messa una forza enorme che tuttavia è stata schiacciata e annientata dalla Russia che pure in questo conflitto è stata sempre in grande svantaggio numerico.

Ma a proposito di questo diamo qualche numero per uscire dal discorso generale: per la mitica controffensiva la Nato aveva raccolto un formidabile raggruppamento di forze, che contava quasi 160.000 effettivi (110 battaglioni), 2.100 carri armati e altri veicoli corazzati, 960 cannoni di artiglieria da campo 114 aerei e una panoplia di sistemi missilistici a lancio multiplo come Himars, Grad, Uragan Smerch, sistemi missilistici balistici tattici e missili da crociera di precisione lanciati da aerei. Come riserva strategica c’erano inoltre 80.700 effettivi, di cui più di 60.000 avevano seguito corsi di formazione nei centri di addestramento occidentali sul territorio Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Lituania, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca. Anche l’analisi della struttura e della quantità dell’equipaggiamento da combattimento rivela un quadro interessante. Complessivamente, al momento dell’offensiva, i paesi occidentali avevano consegnato all’esercito ucraino circa 600 carri armati, più di 2.000 veicoli corazzati da combattimento e oltre 1.000 diversi sistemi di artiglieria. In questa cornucopia bellica c’erano 60 carri armati tedeschi Leopard 2, 14 carri armati britannici Challenger 2, una ventina di Abrams americani, 109 veicoli da combattimento di fanteria americani Bradley, 50 CV90 svedesi, 40 Marder tedeschi e 90 veicoli corazzati da trasporto truppe Stryker di fabbricazione statunitense oltre a centinaia di veicoli corazzati leggeri di fabbricazione occidentale e a molti altri di fabbricazione sovietica, che erano stati sottoposti a pesanti aggiornamenti presso i paesi della Nato il che ci dà motivo di considerarli in gran parte attrezzatura occidentale. Durante i mesi della controffensiva altre centinaia di mezzi sono stati consegnati tanto da poter dire che tutta l’Europa messa insieme non aveva tanti mezzi quanti ne sono stati concessi al regime di Kiev.

Ma non è finita: a queste truppe vanno aggiunti circa 20 mila uomini della Nato sotto le false spoglie di mercenari e molti contingenti aggiuntivi dell’esercito ucraino provenienti dalle campagne di mobilitazione arruolamento forzato, subito portati al fronte. Di fatto c’è chi ha paragonato questa armata a quella messa insieme dai tedeschi a Kursk nell’estremo tentativo di fermare l’offensiva sovietica dopo Stalingrado, di distruggere la parte più operativa dell’esercito sovietico e di riprendere l’iniziativa su tutto il fronte. L’offensiva dell’esercito ucraino nell’estate del 2023 perseguiva un obiettivo altrettanto decisivo: raggiungere la costa del Mar d’Azov tagliando il gruppo di forze russo sul fianco meridionale del fronte bloccando così gli approvvigionamenti via terra tra la Russia continentale e la Crimea per creare condizioni favorevoli all’isolamento della penisola. Questo scenario sarebbe stato percepito ( ci avrebbero pensato i media a farlo) come una pesante sconfitta strategica dell’esercito russo, a seguito della quale la leadership ucraina e i suoi sostenitori occidentali avrebbero potuto costringere Mosca a porre fine all’operazione militare speciale alle loro condizioni.

Ma entrambe questa operazioni, quella nazista del 1943 e quella neonazista del 2013, sono miseramente fallite e rendono praticamente impossibile una qualunque vittoria successiva, dimostrando in entrambi i casi l’enorme sottovalutazione occidentale delle capacità russe. Lungo tutta la linea del fronte, le forze di Mosca hanno messo in piedi tre linee difensive, realizzando 200 mila rifugi per uomini e mezzi, 2000 chilometri di fossati anticarro, posato oltre 7.000 km di campi minati profondi 600 metri. Tutta questa enorme mole di lavoro è stata svolta da costruttori militari, ingegneri, truppe ferroviarie, organizzazioni civili; l’azienda statale Avtodor e gli specialisti di Mosca, della Crimea e di altre regioni russe hanno fornito un notevole aiuto nell’equipaggiamento delle aree di difesa che dovevano vedersela con un’ armata 1,5 volte superiore in termini di uomini, 1,2 volte in termini di corazzati e blindati e 1,3 volte in termini di artiglieria nelle principali direzioni di attacco. Ma la strategia e la tattica russe, soprattutto l’integrazione fra le varie armi si sono rivelate decisamente superiori alle dottrine Nato, al punto che le truppe ucraine non sono mai riuscite a superare le prime linee di difesa, pur subendo perdite enormi.

Le dimensioni delle forze in campo che da parte ucraina sono poi aumentate di settimana in settimana e di attacco dopo attacco, fino a bruciare gran parte dell’esercito e delle risorse umane del Paese in questa battaglia, sono la premessa per comprendere le gravi conseguenze militari e politiche dal fallimento dell’offensiva ucraina che ha determinato il collasso della guerra lampo ibrida dell’Occidente, visto che le sanzioni senza precedenti e le gigantesche consegne di vari armamenti non hanno prodotto risultati. Questo è stato un colpo fortissimo per le pretese occidentali di determinare i destini del mondo. Così come Kursk fu la svolta determinante nella seconda guerra mondiale, bruciando le riserve in fatto di uomini addestrati, carri armati e aerei forse ancor più di Stalingrado, la sconfitta ucraina non ha certo posto fine al conflitto perché il corpo esausto del Paese è tenuto in piedi dagli Usa, ma è stato il colpo decisivo nel cambiamento del mondo.