Nello stesso giorno nel quale ha avuto pieno successo il test definitivo del nuovo missile intercontinentale russo Sarmat, il più potente, veloce e non intercettabile ordigno intercontinentale mai realizzato, con la maggiore gittata di sempre, 18 mila chilometri, quindi in grado di raggiungere qualsiasi luogo sul pianeta, Putin che ha assistito al test finale, ha anche fermato l’assalto al bunker dell’Azovstal, suscitando la più grande sorpresa nella maggior parte delle persone. Putin, secondo quanto riferisce la stampa russa avrebbe detto al ministro della difesa di interrompere l’operazione: “Dobbiamo preservare la vita dei nostri soldati: non c’è bisogno di strisciare dentro quelle quelle catacombe sotto le strutture industriali. Basta delimitare quella zona in maniera che non possano più passare nemmeno le mosche”. Come si ricorderà i russi avevano  offerto agli assediati del sottosuolo una garanzia per la loro vita se si fossero arresi, mentre Kiev ha fatto sapere loro che se lo avessero fatto sarebbero stati fucilati, semmai fossero stati catturati in seguito è già una bella differenza anche se dubito che molti imbecilli con le loro bandierine giallo azzurre che sventolano nel vento della russofobia, siano in grado di vedere una differenza. Rimane il fatto che oggi Zelensky può farsi quante piste vuole, ma di cento non può affermare di essere il vincitore: anzi proprio questo atto di generosità di Putin ne sottolinea il ruolo di sconfitto e probabilmente contribuirà ad aumentare le diserzioni nell’esercito ucraino dove gli ufficiali politici con la croce uncinata sostengono

che i russi ammazzeranno tutti.

Tuttavia essendo rintanati sottoterra non solo i nazisti, ma anche molti uomini della Nato a Putin conviene aprire a questo punto delle trattative sulla loro salvezza – sempre che in nazisti dell’Azov che comunque verranno processati semmai usciranno dal loro bunker – non li facciano fuori come traditori. La presenza a Mariupol di questi ufficiali è la prova che la Nato in prima persona ha ideato il piano di pulizia etnica nel Donbass  per provocare la reazione russa. E di certo alla Nato conviene che i loro uomini non siano messi in condizione di svelare tutte le trame dell’ Alleanza atlantica, che alla fine si posa contrattare una loro rapida . Cosa possa venir fuori da tutto questo è impossibile da prevedere, ma in ogni caso evidentemente Mosca spera di spuntare un po’ di isteria mentre procede l’offensiva nella sacca dove l’esercito ucraino è praticamente circondato. E’ chiaro che a questo punto può trattare da una posizione di forza essendo essa l’assediante e mostrare tratti di generosità che di certo non favoriranno la russofobia e magari potranno evitare  il massiccio invio di armi che di certo non impensierisce più di tanto la Russia di per sé anzi dovrebbe impensierire di più i mittenti ma il cui arrivo, assieme agli istruttori  potrebbe creare l’occasione per un allargamento del conflitto. Soprattutto ora che la Polonia intende giocare un ruolo da santa protettrice della parte occidentale ucraina, la vecchia Rutenia e Galizia e come al solito balla col suo culo da elefante nella cristalleria europea.

Del resto anche l’Europa con grande ritardo si sta accorgendo del disastro a cui sta andando incontro e forse non vede l’ora di trovare un pretesto per prendere in qualche modo le distanze dal conflitto prima che sia troppo tardi: il tonfo del 30 per cento del mercato automobilistico è solo una piccola avvisaglia dell’armageddon che si sta preparando e a questo punto è probabile che una notevole fetta di società, anche ai piani alti stia meditando di sbarazzarsi dei milieu politici. La fuga di Draghi verso la poltrona più in vista della Nato, cercata con insistenza, parla chiaro riguardo a possibili  sviluppi futuri.