Anna Lombroso per il Simplicissimus

Capisco lo sgomento di Zelensky che tuona perché i paesi europei non fanno abbastanza per esprimere concretamente la loro solidarietà politica, morale e bellica.

Che Paese più della sua Ucraina rappresenta il format ideale e l’utopia occidentale realizzata, con le sue disuguaglianze insormontabili? una oligarchia  dai consumi dissipati e dai costumi sibaritici in una nazione che sopravvive del lavoro delle sue esiliate, con risorse formidabili il cui sfruttamento serve a mantenere una nomenclatura  avida e scriteriata, parassitaria e asservita ai comandi di una potenza esterna che vuole consolidare con la minaccia nucleare  la sua occupazione e difendersi a ogni costo dall’espansionismo commerciale e tecnologico dei nuovi attori dell’Oriente.

Dall’inizio della guerra è diventato un  tema della propaganda epica dei nostri interventisti progressisti combina la spudorata ostensione dei martiri in tutti i media specializzati in lacrime, sangue e balle , con l’ esaltazione  del modello ucraino, propaggine generosa dell’impero d’occidente che oggi si è incaricata spontaneamente di difendere il nostro stile di vita, i nostri diritti, la nostra libertà minacciata d auna potenza misoneista, primitiva e ferina. Infatti abbiamo appreso che l’Ucraina è un laboratorio operativo d’avanguardia per la il ricorso alla maternità surrogata, equilibrismo eufemistico per definire l’utero in affitto, rimandando al delicato incarico che la natura ha affidato alle donne di trasmettere vita e valori.

Così alle vittime del conflitto si aggiungono – lo abbiamo  appreso da MicroMega in trincea grazie agli ardimentosi editoriali direttoriali e ai pod cast di tal Valerio Nicolosi a Kiev da dove invia pastellati bozzetti – colpiti dagli inevitabili effetti collaterali anche i genitori di svariate nazionalità in attesa della merce per la quale hanno sborsato un acconto rinviando il saldo a prodotto finito.

Così viene offerto all’ascoltatore il toccante memoriale della futura mamma italiana, liberatasi dai vincoli imposti alla italica morale bigotta, ma ora travolta dall’evento bellico, che illustra la bontà della scelta di affidarsi al mercato ucraino , il più organizzato ed efficiente, all’azienda  specializzata la clinica per la fertilità BioTex che pare essere la migliore per qualità delle prestazioni, scelta del capitale umano da impiegare, cura del cliente e dove va la clientela vip disposta a pagare  intorno a 50 mila euro chiavi in mano.

Grande è la preoccupazione della clientela cosmopolita: si sa che gli articoli finiti, sarebbero più di una ventina,  vengono conservati in bunker protetti in attesa della consegna, dove ricevono tutte le cure e le attenzioni che il brand merita, mentre la mamme naturali ricevuti, pare, i loro 20 mila euro di parcella possono o aspettare temi migliori per riprendere l’attività o usarli per trovare un passaggio per l’estero dove le aspetta la fiorente attività di stagionale in Riviera adriatica o quella di badante e cameriera, o alla peggio come direbbe Di Bella, di mantenuta, altro eufemismo per definire le schiave del sesso.

Perché sempre di schiavitù si tratta anche nel caso degli addetti nelle nuove frontiere progressive della Scienza. Informa l’Internazionale che  l’Ucraina “è uno snodo internazionale per la maternità surrogata, uno dei pochi a permettere agli stranieri di stipulare contratti con le donne del posto. Ciò significa che le coppie provenienti da Stati Uniti, Cina, Germania o Italia possono andare lì e accordarsi con una donna ucraina affinché cresca il loro bambino nel suo utero”.

Non si sa  bene la dimensione del mercato delle maternità surrogate nel paese,  forse 2.500 all’anno: alla BioTexCom si attende per i prossimi tre mesi la nascita di circa 200 bambini. Mentre si conosce la responsabilità sociale delle imprese del settore, impegnate a accontentare ogni desiderio degli acquirenti che esigono giustamente che venga garantita la qualità della macchina da riproduzione, il suo stato di efficienza, il carburante che usa, meglio se vegetariano, i prodotti per la manutenzione: niente cosmetici, tinture,  farmaci.

Adesso con la guerra si aggiungono problemi che ostacolano la soddisfazione della clientela, rassicurata del fatto che le gestanti, allontanate prudentemente dalle città e dalle famiglie,  vivono in situazioni protette, luoghi sicuri che l’empio esercito russo non ha identificato come obiettivo strategico.

E non vorreste che quel Paese che ospita un’attività industriale così rappresentativa delle opportunità che offre la Scienza – come dimostrato dal fatto che era stato scelto come sede per laboratori biologici di avanguardia finanziati dagli Usa – non entri in Europa, non venga affiliata alla nostra civiltà superiore?

E d’altra parte pochi avrebbero l’ardire  di contestare la possibilità di soddisfare le legittime aspirazioni genitoriali delle coppie infertili impiegando i meravigliosi sviluppi della scienza, grazie alla benefica alleanza tra tecnologia e mercato.

Dopo che ne abbiamo celebrato la tenera allegoria grazie un leader progressista che insieme al suo partner corona il sogno di maternità/maternità non a caso negli Usa, siamo tutti riluttanti a essere arruolati nelle formazioni veterocattoliche e omofobe di Pillon, o peggio tra gli arcaici antagonisti che vedono in quella pratica una forma di colonizzazione dei corpi, l’ennesima ufficializzazione della riduzione della donna (e del bambino, maschio o femmina che sia) in merce.

E visti i tempi è proibito interrogarsi su un popolo e il suo leader che vanta le ricchezze del suo Paese, pur ricco di risorse e potenzialità, che si prodiga per renderlo schiavo di una potenza extranazionale, dopo aver reso capitale da sfruttare  le sue donne.