cacc Anna Lombroso per il Simplicissimus
Da anni il disincanto democratico secondo Montesquieu si esprime qui da noi con il proposito,  mai purtroppo realizzato,  di quelli che nelle chiacchiere dell’apericena (negli scompartimenti ferroviari vige ormai il silenzio rotto dal ticchettio sui tasti dello smartphone) vagheggiano delle loro piccole utopie: recarsi in un’isola remota e selvaggia e aprire un chiosco che venda spaghetti o piadina, vendere il poco che hanno e trasferirsi in Costarica come la signora Dini ex Zingone, dove i pensionati vivono come nababbi, chiudere bottega e andare in un’amena località magari anche andina purchè lontana, cardare la lana degli armenti e confezionare caciotte.
Oggi a loro si aggiunge un prestigioso quanto amareggiato aspirante esule volontario.
Si tratta di Massimo Cacciari,  che, in previsione delle scadenze di primavera, proprio come un qualsiasi aborrito e mediocre ometto qualunque, come un modesto e molesto pensionato dell’Inps che non si sbriga a seguire le raccomandazioni di Madame Lagarde, togliendosi doverosamente di torno, ha avuto la tremenda rivelazione, la scoperta che viene esercitata – perfino sugli uomini difficili e dunque superiori descritti dal suo amato Hoffmannsthal e che la sorte e la loro qualità intellettuali dovrebbero risparmiare dalle miserie grette della quotidianità – una violenta pressione fiscale.
E infatti con sdegno ci comunica che dei suoi emolumenti e dei suoi trattamenti previdenziali gli resta in tasca solo il 40%: “uno come il sottoscritto, ricorda incollerito, versa il 60% del reddito in tasse. Non si possono considerare superflui i problemi del ceto medio e medioalto. A me sta venendo voglia di prendere baracca e burattini e di trasferirmi a Vienna”.
E pensare che, soprattutto quando era sindaco,  credevamo che a Vienna ci stesse già.
Non soltanto per i suoi pellegrinaggi spirituali allo Steinhof, quel “centro” intellettuale e etico  comune a lui e, bontà sua, che ne so, a Musil, Wittgenstein, Nietzsche, un centro però vuoto (cito dal suo libro, uno dei pochi che non sono riuscita a finire) dove non risiede una Verità da trasmettere, tutt’al più un’assenza.
E infatti al suo presenzialismo ossessivo e coattivo nel “dappertutto del niente da dire”, talkshow, interviste, commenti, invettive alla stregua di uno sgarbi qualunque contro le capre, ha corrisposto una assenza sdegnosa in qualità di amministratore e primo cittadino.
Dobbiamo a lui lo sprezzante consiglio somministrato ai concittadini in occasione di un’acqua alta di particolare entità; si comprino gli stivali, o quello altrettanto altezzoso elargito quando alcuni abitanti di stabili pubblici sottoposti a restauro, finiti i lavori, scoprirono che le case rinnovare erano state concesse ad altri: mettano le loro denunce nella Bocca della Verità!
Solo le attenuanti offerte a un “foresto” possono riservate indulgenza a un dissipatore di pubbliche risorse che in vena di lasciare la sua impronta, la sua piramide, decide di elevare un ponte inutile e squinternato che continua a costare alla collettività in interventi e rimaneggiamenti:  metti vetri, togli i vetri, metti l’ovovia, toglie l’ovovia, in fratture ossee prevedibili per gli ardimentosi che lo percorrono,  e mai in pareggio malgrado le multe imposte alla temeraria archistar.
Solo uno straniero solito soggiornare in laguna di rado e in appartati resort, vuoi  perché odia mescolarsi con la folla dei turisti per caso vuoi perchè con tutta probabilità odia anche quella città scomoda, troppo intrisa di sentimentalismi e retorica che non si addicono alla severità dei superuomini, può immaginare di spalancare le porte acquee a una dinastia di bricconi che se ne comprano ghiotte porzioni per manometterle e rivenderle a prezzo maggiorato, indifferente o perfino soddisfatto dell’oltraggio che ha promosso.
Solo un divino schizzinoso che soggiorna in un buen retiro viennese può osservare con la meticolosità anodina dell’entomologo il dibattersi della povera gente veneziana, cacciata e espropriata anche a causa di una mostruosa macchina da corruzione, che lui conosceva  ma cui non si oppose nel timore che un’azione possa alzare e fargli arrivare gli schizzi di fango che agita, limitandosi a molmostosi borbottii emessi tra i peli della proverbiale barba.
Mi direte che, come dice un proverbio della sua città natale,  quando “la carne se frusta l’anima se giusta“. E in età avanzata,  malgrado il persistere di una zazzera irriducibilmente nera, deve aver scoperto con il dio di Don Verzè e il misticismo del San Raffaele, come altri venerabili maestri, da Augias a Scalfari, anche i bisogni e i disagi dell’un tempo esecrata classe media, proprio lui che si vantava di essere  troppo ricco per rubare, ma, si vede, non abbastanza per non conoscere avidità e ingordigia e per avere in uggia gli obblighi, i doveri e le responsabilità della gente comune.
Vuoi vedere che perfino lui, un eletto, un esente, un ieratico risparmiato dalle quotidiane miserie ha dovuto accorgersi che l’ideologia cui ha fatto da testimonial e supporter, che il partito che gli ha regalato una carriera politica e anche qualche benefit, e al quale ha riservato quella forma di affiliazione a lui cara: prendersi i benefici e sputare nel piatto in cui si mangia, avrebbero la colpa di aver retrocesso il ceto abbiente in classe disagiata che fa fatica a arrendersi a questa eventualità perché sarebbe costretta a ammettere la degradazione, la cancellazione di una superiorità colturale, sociale e morale?
Vuoi vedere che non gli resta altro da fare che lamentarsi come un qualsiasi populista, come un qualunque Salvini,  delle tasse esose, della politica corrotta, di Roma ladrona, del Sud parassitario, dello Stato assistenzialista con chi ha e vorace con chi non ha, dell’idraulico che non fa le ricevute, del sistema previdenziale che paga assistenza e pensioni agli stranieri?
Come verrebbe da dire per altri augusti esuli molto celebrati in questi giorni, approfitti di non avere colpe penali ma solo responsabilità civili e morali, che godono di una totale impunità come i delitti dei padroni dell’Ilva, ci vada a Vienna.
Ci resti e ci risparmi la somministrazione quotidiana e indesiderata delle pillole avvelenate di quella austera saggezza che possono maturare solo quelli che hanno il culo al caldo per nascita, rendita, fedeltà al sistema, assuefazione ai privilegi. Oggi più inquinate per via dell’ immersione nelle acque del Banal Grande.