Pupi-AvatiCi si potrebbe chiedere perché un Paese che ha oltre 20 mila miliardi di debito  e quasi un terzo della propria popolazione attiva senza un lavoro stabile, spenda mille miliardi di dollari l’anno per mantenere un gigantesco apparato militare con mille basi sparse per il pianeta e parecchi altri miliardi  per tenere in piedi governi amici, finanziare rivolte reazionarie contro i governi non amici, provocare guerre e tenere in piedi un oneroso sistema mediatico internazionale per nascondere questa situazione e dare credibilità all’ideologia di base sulla quale si regge l’insieme. Ci si potrebbe anche chiedere perché mai questa spesa, superiore a quella di tutto il resto del mondo, alla fine produca sconfitte e si riveli. come è apparso chiaro in Arabia Saudita,  non all’altezza persino di avversari assai meno tecnologici.  Potrebbe parere una follia, ma in realtà  proprio il ricatto militare separa gli Usa dal terzo mondo, ed è grazie a quello che il dollaro rimane la moneta di scambio planetario senza che nessuno osi disfarsi del biglietto verde, rendendo così apparentemente ricca un’economia decotta, ma soprattutto una società decotta dove – tanto per fare un esempio – le spese mediche privatistiche producono una spesa sanitaria pro capite di 20 volte superiore a quella di Cuba, ma con risultati decisamente inferiori, anche perché una notevole parte di popolazione è esclusa di fatto dalla possibilità di cura. Del resto la spesa è superiore al doppio di quella media europea con risultati ancora più distanti in termini di efficacia, nonostante da noi le persone siano esposte a una propaganda di segno esattamente contrario.

Tutto è cominciato con l’affermazione del neoliberismo: la regola del profitto socialmente incondizionato,  la demonizzazione dei diritti del lavoro e delle regole come impedimenti, ha provocato Il trasferimento della produzione in Cina (e, nel caso dell’informatica  in India) ha consentito alle società statunitensi di beneficiare dell’ampio differenziale salariale e di regolamentazioni meno rigide per arricchirsi. Esse hanno speso questi profitti in eccesso riacquistando le proprie azioni, pagando generosi dividendi ai loro azionisti e usando i prezzi delle loro azioni gonfiati artificialmente per giustificare stipendi e premi esorbitanti ai loro manager;  nel medesimo tempo hanno precarizzato e impoverito i lavoratori facendo cadere la capacità di acquisto generale ed  erodendo la stessa base di competenza della popolazione. Più questo processo è andato avanti, più si è approfondito eliminando via via la più costosa produzione americana in favore di quella asiatica sempre più tecnologicamente evoluta. Il processo, iniziato lentamente avrebbe finito per assumere un aspetto da effetto valanga, con gravi conseguenze sulla tenuta politica e sociale del sistema, se non fosse stato artificialmente rallentato con la diffusione di crediti così ampia da essere per gran parte inesigibili o fonte di povertà sostanziale.  Ed è scoppiata la crisi alla quale si è fatto fronte lasciando le piaghe intatte e limitandosi a pompare denaro, diminuendone ancora il costo fino a rendere l’auto finanziamento borsistico delle aziende il loro asset principale e creare una bolla  pronta a  deflagrare di nuovo e con molta più potenza distruttiva. 

Da queste ceneri incipienti è nato Trump con la sua promessa di riportare la produzione in Usa, senza accorgersi che ormai molte delle società cui toccherebbe questo compito non sono altro che zombi. Ma anche se un miracolo del genere fosse economicamente  possibile esso si basa su una dislessia storica e ideologica, ovvero nel ritenere che la Cina sia divenuta la fabbrica del mondo esclusivamente in virtù dei trasferimenti produttivi. Ma quello non è stato che l’innesco di un processo, che peraltro c’è stato in molti altri Paesi a basso costo di mano d’opera, ma tenuti in stato di liberismo forzoso senza che sia verificato il medesimo processo. Ciò che a tutti i costi non si vuole riconoscere è che l’ascesa cinese è dovuta alla sua pianificazione economica e a una capacità di governance sociale superiore.  Questo tuttavia non può essere ammesso per ovvie ragioni e così, in mancanza di una rivoluzione culturale, impedita con determinazione dal sistema,  ciò che rimane è il gigantesco apparato militare che come si vede ormai sempre più spesso, fa da solo e impone le proprie politiche che sono poi quelle autorefenziali della guerra infinita  e dunque anche dell’indebitamento infinito grazie alle minacce. Però si avvicina a grandi passi il momento in cui qualcuno non si farà più intimorire e andrà a vedere il bluff.