Tra due giorni non si celebra soltanto il 197° anniversario della morte di Napoleone, ma anche il 200° della nascita di Marx ricorrenza molto più attuale, dibattuta, inquieta che non si sa bene da che lato affrontare. Per fortuna ci viene in aiuto il New York Times, prezioso e insostituibile giacimento di ottusità americana che in un suo articolo di buon compleanno (qui), scritto da uno di quei docenti mandati nelle colonie come missionari delle multinazionali, ci spiega esattamente tutto ciò che l’insostenibile leggerezza dell’ideologia neoliberista pensa di Marx. Si tratta in realtà di un lungo, semplicistico e articolato lapsus freudiano nel quale l’oggetto serve più che altro a descrivere la personalità del soggetto.
Dunque ecco che si riconosce a Marx una qualche ragione, nel sostenere “che il capitalismo è guidato da una lotta di classe profondamente divisiva in cui la minoranza della classe dirigente si appropria del lavoro in eccesso della maggioranza della classe operaia per farne profitto. Persino gli economisti liberali concordano sul fatto che la convinzione di Marx secondo cui il capitalismo ha una tendenza intrinseca a distruggere se stesso rimane una previsione più giusta che mai.” Tuttavia detto questo si afferma che Marx non fornisce alcuna formula magica “per uscire dalle enormi contraddizioni sociali ed economiche che il capitalismo globale comporta (secondo Oxfam, l’82% della ricchezza globale generata nel 2017 è stata destinata all’1% più ricco del mondo)” ma che in ogni caso “la sua eredità filosofica (il socialismo ndr) è pericolosa e delirante”.
Dunque Marx ha ragione, ma delira. Come presunta spiegazione è quanto meno singolare anche tenendo conto del vangelo capitalista made in Usa ed è comunque così contraddittoria da essere intollerabile. Ma in effetti Marx qui rimane solo sullo sfondo, è una sorta di feticcio che fa da bersaglio per i fucili di una visione del mondo talmente inconfessabile che la si può far balenare solo nel contesto una critica agli avversari storici. In effetti il riconoscimento che il capitalismo è divisivo e che tale caratteristica è sempre più netta specie – questo lo aggiungo io – da quando si è affermata la variante finanziaria e globalista non è affatto una contraddizione rispetto al “delirio socialista”: benché il sistema neoliberista venga presentato come potenziale portatore di benessere diffuso, in realtà esso si basa proprio sull’idea che la disuguaglianza dunque il bisogno e la mancanza siano il motore dell’economia. Per la verità questa è un’idea che circola fin dalla seconda metà dell’Ottocento e potrebbe essere stata – forse non del tutto consapevolmente – modellata sulle leggi della termodinamica messe a punto proprio in quel periodo e sui rendimenti delle macchine che aumentano man mano che crescono le differenze di temperatura all’interno di un sistema. In questo caso le differenze sociali aumentano letteralmente il rendimento del capitale cioè dei profitti e naturalmente devono ipotizzare, per il mantenimento del lavoro, che T ovvero la temperatura raggiungibile sia virtualmente infinita, così come il carburante che in definitiva è il pianeta terra. Mi permetto di insistere su questo punto perché non si tratta di un’analogia debole e men che meno di una metafora: man mano che aumenta la temperatura del capitale finirà per aumentare anche quella del punto freddo ovvero dei ceti popolari: la differenza di temperatura e di reddito sarà sempre più alta, ma qualcosa verrà comunque distribuito. Il minimo possibile per evitare la rivolta, ancor meglio se la distribuzione delle briciole avviene per sorteggio.
Per oltre un secolo le lotte di emancipazione hanno impedito che questa visione così disuguale si realizzasse pienamente, anche per la presenza di potenti contraltari che si riferivano proprio ai “deliri” di Marx, ma con la dissoluzione dell’Urss e susseguente finanziarizzazione e globalizzazione economica senza freni essa ha preso piede e si sta realizzando sotto i nostri occhi, sebbene ovviamente in modalità molto complesse e non più riferibili a quelle originariamente immaginate. Ecco perché non c’è affatto una contraddizione ideologica tra il socialismo che ha ragione ed è delirante: è semplicemente un esorcismo nei confronti di un altro mondo possibile, anzi a questo punto necessario. Diversa è la questione se Marx contenga tutte le risposte o se non sia invece il muro maestro di un edificio che non è stato costruito o che spesso è stato abbozzato male pensando di non dover reperire altro pregiato materiale da costruzione, iconizzando un pensiero che invece doveva essere lievito. Ma questo è un altro discorso, per ora meglio spegnere le duecento candeline, cercando evitare gli ospiti sgraditi.
si può vedere anche:
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e qui:
Sostanzialmente, al pari del New York times, il Simplicissimus censura la nozione di sfruttamento della forza lavoro (plusvalore), sfruttamento che è strutturale che necessariamente deve raggiungere il suo massimo, fino ad immiserire la società oltre il limite che consente la sua riproduzione.
Tolto questo, su cui mi sono spesso diffuso e su cui sarà utile tornare, l’analisi marxiana del capitalismo viene ridotta ad una critica moralistica al comportamento dei capitalisti, non diversamente da come potrebbe farla un prete o un filantropo, un pò più di responsabilità sociale da parte dei capitalisti e tutto si mette a posto
Infatti, il simplicissimus spiega gli squilibri del capitalismo con fattori del tutto estrinseci o esterni al suo modo di funzionare, la mancanza dell’unione sovietica che intimidiva i capitalisti spingendoli ad essere più generosi con i lavoratori, la stupidità congenita del popolo americano che condiziona anche le altre nazioni, in alcuni casi sembra di sentire le prediche di donna Letizia.
Chiaro che questa è una posizione di comodo, si ha qualcosa in comune sia col New York times, le stesse osservazioni sulla natura del capitalismo, ma si diverge sulle soluzioni che per il simplicissimus vanno nella direzione di un alquanto poco meditato socialismo. Ma il sia pur poco meditato socialismo permette al simplicissimus di mantenere un rapporto perfino con eventuali trinariciuti comunisti.
Insomma, il simplicissimus vuole mantenere con tutti la possibilità di un rapporto amichevole, potendo accentuarlo on l’uno o con l’altra delle tante parti a seconda della bisogna del momento, il simplicissimus ricorda un pò il Di Maio da lui descritto qualche post fa con questa memorabile immagine :
” a guardare e sentire di Maio vengono in mente le nozze con i fichi secchi e quell’Italia impolitica e occasionale che fa naufragare ogni ribellione. All’uomo sbagliato nel momento sbagliato”
Il riferimento alla termodinamica prodotto dal Simplicissimus è del tutto esteriore, il paradigma della termodinamica sarebbe stato scimmiottato metaforicamente da Marx poichè era nella cultura del suo tempo, da parte del Simplicissimus un modo per depotenziare l’analisi di Marx ed appiattirla su assonanze generiche, tale analisi invece era precisa e puntuale e del tutto autosussistente
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Di tutt’altro tenore e serietà intellettuale l’acume di Dani, mi pare che per questa il paradigma della termodinamica e la nozione di entropia diventino lo schema di funzionamento REALE del capitalismo, questo quindi deve assolutamente essere superato o ci sprofonderà tutti nella distruzione
” mettete un cucchiaino di zucchero nel caffè, fatto? bene, e adesso provate ad avere ancora caffè e zucchero distinti, si può fare certo ma COSTA ENERGIA, è un SPRECO e mai si avrà la stessa quantità delle due materie come all’inzio ”
La dinamica del capitalismo non è sostenibile per l’ecosistema che è limitato, produrre l’energia (in tutti i sensi) necessaria al capitalismo implica uno spreco di risorse superiore all’energia che il capitalismo può poi destinare utilmente per noi, altre volte Dani ha portato l’esempio del petrolio ottenuto col fracking)
Nel pensiero di Marx, ad un dato momento storico, il tempo di lavoro che viene oggettivato nelle strutture della produzione nel senso più ampio (lavoro morto), è superiore al tempo di lavoro che tali strutture possono riversare nella produzione di valore (lavoro vivo).
Con la stessa logica esposta da Dani : il lavoro morto necessario al capitalismo per andare avanti, è maggiore rispetto lavoro vivo che tale capitalismo può esprimere come valore o plusvalore (lavoro vivo), da quì la impossibilità di remunerare gli investimenti fatti, di pagare bene i lavoratori, di far riprodurre bene la società etc.
In tutta sincerità, pur avendo una certa conoscenza della critica all’economia politica proposta da Marx, e dai suoi epigoni, es, grossmann, paul mattik, e pur essendo in qualche modo a contatto con diversi gruppi di studio in ambito internazionale, soprattutto in area tedesca, trovo geniale e stimolante l’approccio di Dani all’analisi del capitalismo, una cosa stimolante come da anni non mi capitava di incontrare
Un approccio che merita di essere approfondito e sviluppato, anche se per completezza voglio aggiungere che a volte Dani mi sembra ricadere in atteggiamenti un pò nostalgici del passato, certe volte rivolti più a trovare il giusto limite mediano che a sfondare definitivamente i limiti angusti della organizzazione sociale capitalistica. Fuori dalla necessità di essere usate per il profitto capitalistico, la scienza e la tecnica aprono prospettive di liberazione dalla società gerarchica, consumistica e dal lavoro, rendono possibile una prospettiva umana tutta da portare avanti
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” Il lavoro morto necessario al capitalismo per andare avanti, è maggiore rispetto lavoro vivo che tale capitalismo può esprimere come valore o plusvalore (lavoro vivo) ”
Di quì la impossibilità di remunerare o addirittura di recuperare gli investimenti fatti, di pagare bene chi lavora, ma anche la necessità di darsi sempre più alla speculazione finanziaria, che produce un capitale fittizio che integra la insufficiente produzione di valore o plusvalore (lavoro vivo)
Quindi, niente di più sbagliato che ritenere l’esplosione della sfera finanziaria un comportamento immorale dei capitalisti viziati da eccessiva avidità, la sfera finanziaria è la protesi necessaria al capitalismo senescente. Con lo scoppio della bolla finanziaria , grande più volte l’economia reale, sarà il totale collasso della possibilità di riproduzione della società.
A volte si fanno analogie con episodi storici del passato, maxime la bolla finanziaria scoppiata in Olanda in relazione ai tulipani, e si ritiene che queste cose avvengano nei momenti di passaggio tra un sistema imperiale ed un altro. Siamo ben oltre tutto questo, mai la bolla finanziaria è stata grande quanto oggi, più e più volte l’economia reale di tutto il pianeta, Cina compresa, Il suo scoppio avrà gli stessi effetti di una distruzione atomica globale
Sa Jorge, i balzi nella nostalgia sono tipici di chi, come me, elabora tutto in continua solitudine… fosse facile. Ogni tanto vengono dei balzi in avanti, ogni tanto indietro. E’ l’adattamento al contesto.
Mi piacerebbe poter chiacchierare con lei Jorge, mi ha insegnato molto, come molto ho imparato molto su questo blog. Chiederò al SIMPLICISSIMUS, che è persona squisita e di grande educazione (ne ho le prove, persone così ne trovo sempre meno), se può darmi la sua mail, e sempre che lei sia d’accordo.
Comunque sono pochi i marxisti che riescono a pensare OLTRE. Solo Pasolini, in tutte le sue opere, poesie, articoli sui giornali, interviste, film. Molti marxisti sono ancora convinti di doversi fermare a ECONOMIA E SOCIETA’, mentre il passo è considerare essenziale e integralmente anche l’AMBIENTE, senza le pecche dei fighetti fuffa ecologisti estremisti, ma con il culo al caldo.
Un salto necessario, abbiamo solo una astronave.
(sono certa che mi ha capito)
Uh che noiosetta che sono oggi…allora volevo solo precisare che gli studi ambientali seri e serissimi sono avvenuti PROPRIO nei Paesi capitalisti, tipo la Gran Bretagna e gli USA, dove il lavoro morto cominciava a emergere sotto forme di inquinamento mortale.
Legga qui…
https://it.wikipedia.org/wiki/Grande_smog
Si può vedere:
Ogni tanto mi chiedo se un blog del genere, spesso così intelligentemente “radicale” nelle posizioni (come altri simili) sarebbe stato concepibile 10 anni fa. No, la crisi ci ha cambiati tutti, abbiamo perso fiducia nel sistema. Le ingenue speranze degli anni Novanta sono finite.
il simplicissimus non vede di cattivo occhio esperimenti socialisti, il new york times li considera sbagliatissimi.
Ma circa l’analisi del capitalismo e del suo funzionamento, svolta da marx, il simplicissimus ed il new york times sono in sostanziale sintonia.
Infatti il simplicissimus accusa il new york times di non essere consequenziale al giusto riconoscimento tributato a marx
Ah, ah, ah, se ll simplicissimus concorda con il new york times su come marx avrebbe descritto il modo di funzionare del capitalismo, allora i simplicissimus è ignorante e reazionario, si può supporre anche in mala fede
il discorso di dani è serio ed è un’altra cosa
Tuto questo per dire, che Marx ha descritto benissimo i rapporti di lavoro e i mezzi di produzione e quindi come le società si evolvono e i rapporti all’interno della società (ancora oggi, in tutto il Pianeta usano i suoi lemmi tecnico-scientifici) ma quando lui parlava e scriveva non c’erano così tante persone come adesso (in 50 anni siamo raddoppiati, i virus ci invidiano), che consumavano e sprecavano e inquinavano. I problemi ambientali sono arrivati in modo forte negli anni 50, quando Rachel Carson scrisse il noto testo “Silent spring” e poi a seguire altri testi (sempre brutalmente osteggiati dal capitalismo). Dagli anni 80/90 è palese che se si vuole vivere su questo Pianeta senza distruggerlo si deve trovare un compromesso che coniughi l’economia con la società e con L’AMBIENTE. E’ il pezzo che mancava a Marx. Ma Pasolini, ultimo grande intellettuale italiano e europeo, lo disse, eccome.
Gli unici che vivono in modo sostenibile sono le ultime tribù indigene della Terra, cacciate, bruciate, avvelenate, in nome di uno sviluppo che non potrà MAI essere infinito. Muoiono tanti che lottano per l’ambiente, per proteggere specie protette. Continuamente, ma guai a parlarne.
Pasolini lo ha detto: fare progresso ma senza sviluppo. Il Pianeta è limitato, le sue risorse pure e i tempi di recupero sono di gran lunga superiori ai tempi della durata di un essere umano.
O lo capiamo o dovremo trasformarci in rettili, che al caldone stanno bene e si mangiano tra di loro.
Marx ha ragione, ma delira.
Eccellente, Marx non è studiato in USA, forse cominceranno adesso le ultime generazioni che hanno “goduto” dei risultati nefasti del capitalismo e ne vogliono sapere qualcosa.
Perchè se il capitalismo segue i principi termodinamici, sottolineo, brevemente, che si, (PRIMO PRINCIPIO) “nulla si crea e nulla si distrugge e tutto si trasforma” ma solo in una direzione (esempio mettete un cucchiaino di zucchero nel caffè, fatto? bene, e adesso provate e avere ancora caffè e zucchero distinti, si può fare certo ma COSTA ENERGIA, è un SPRECO e mai si avrà la stessa quantità delle due materie come all’inzio, per dire…) e comunque la quantità di “entropia” (SECONDO PRINCIPIO) ovvero i rifiuti e l’inquinamento che deriva dai processi capitalistici stanno erodendo le risorse naturali, distruggendo la biodiversità che ci salva (noi stessi siamo biodiversità, non solo un dito sulla tastiera, se ben ricordo), la catena trofica che si spezza, miriadi di specie (HANNO DIRITTO COME NOI A STARE SULL’ASTRONOVE TERRA) che si estinguono e quindi catena trofica ridotta, meno resilienza del sistema ecologico, un loop che desertificherà questo bellissimo pianetino, altro che cambiamenti climatici antropogenici, il danno lo facciamo all’ecosistema terrestre, marino e atmosferico, certo incide sui microclima, ma il resto del clima globale lo gestisce il Pianeta, un signore di 4,5 miliardi di anni, senza il nostro contributo (diamo fastidio al pianeta come le pulci su un grosso cane) e per il 95% del suo tempo il Pianeta è stato CALDISSIMO ARDENTE, noi viviamo in una era geologica glaciale, e lo si vede perchè c’è ghiaccio ai poli e sulle montagne. Non siamo rettili, abbiamo bisogno del freddo.
Negli ultimi 20 anni El Niño (portatore di caldo) ha imperversato, senza mai lasciare vero spazio a La Niña (portatore di freddo); sembra tuttavia che La Niña si sia svegliata. El Niño e La Niña sono fasi opposte di quello che è noto come il ciclo El Niño-Southern Oscillation (ENSO). Il ciclo ENSO è un termine scientifico che descrive le fluttuazioni di temperatura tra oceano e atmosfera nel Pacifico centro-orientale equatoriale. Le deviazioni dalle normali temperature superficiali possono avere impatti su larga scala non solo sui processi oceanici, ma anche sul micro clima e sul clima globale. Gli episodi di El Niño e La Niña durano in genere da nove a 12 mesi, ma alcuni eventi prolungati possono durare per anni.
Tuttavia, se vogliono, i padroni del vapore neoliberista, possono approvare una legge che obblighi i due Niña a fare quello che vogliono loro, oppure per legge possono dire al mare di non alzarsi….