1397055437736La notizia è di qualche giorno fa: la Fiat a Pomigliano ha avuto “l’idea geniale” come la definisce Marchionne di impacchettare le auto dei lavoratori di marca diversa da quella del gruppo e di apporvi un  cuore spezzato. Come dire che la madonnina piange se fate peccato, anche se in questo caso la vergine dei dolori sarebbe  l’ad di Fiat, il cui pelo sullo stomaco è così folto da fare invidia ai cinghiali.

Naturalmente la trovata è puramente pubblicitaria, una sorta di spot gratuito che sfugge anche alle elementari e ipocrite regole della comunicazione ingannevole: inneggia a una sorta di medioevale ius primae auto da parte dell’azienda che in qualche modo vorrebbe essere proprietaria anche dei lavoratori. Ma se questo è l’istinto “animale” nel senso capitalistico che ha mosso l’iniziativa, la sua finalità spottesca è diversa: quella di dire e far dire all’universo mondo dei media, sempre reverenti , che l’impacchettatura ero uno stimolo a “comprare italiano”.

In poche parole un modo per far credere a quella che è ormai una falsità: la Fiat Chrysler è un’azienda con sede in Olanda, che paga le tasse a Londra ed è quotata a Wall Street. Di italiano non c’è rimasto proprio nulla, se non qualche stabilimento dal futuro assai incerto. Questa globalizzazione che esclude proprio il Paese dove l’azienda è nata e dove è sopravvissuta grazie a giganteschi aiuti pubblici di ogni genere, è una miserabile risposta non alle sfide del mercato, ma alle esigenze degli azionisti: la sede olandese, grazie alle diverse leggi, garantisce agli Agnelli il controllo totale anche con solo il 30 per cento delle azioni, l’insediamento londinese serve a ad avere qualche sconto di tasse sui dividendi fatti all’estero e naturalmente Wall Street è l’obbligatorio correlato alla scalata della Chrysler oltreché la piazza naturale per chi ha già deciso di trasferire in Usa il grosso della produzione. Una fuga simbolizzata anche dal nuovo nome della marca, Fca che in italiano è decisamente goliardico anche se mette le auto in quota rosa e anche pronunciato all’inglese suona come più o meno come ” e fesso sei”.

Ma Marchionne sa bene che gran parte del mercato italiano, senza il quale ancora oggi la ex Fiat farebbe numeri da mercato delle pulci in Europa, è legato all’immagine nazionale del gruppo. Quindi tenta di ribadirla al di là di ogni evidenza attraverso azioni pubblicitarie spurie.  Ed è esattamente ciò che ci meritiamo: per decenni il sistema politico ha impedito che arrivassero in Italia case concorrenti alla Fiat per non turbare re Gianni e non costringerlo a costruire meglio, ma poi ne ha facilitato e coperto la fuga.  E adesso ci vengono anche a dire di comprare italiano.