Anna Lombroso per il Simplicissimus

Si ieri era proprio un giorno blu.
Quei bambini rom “espulsi” categoricamente e il sindaco di Roma che rivendica poteri speciali facendo finta che non esista già una legge xenofoba e razzista che delega i sindaci a”cancellare” quel problema – che sta là come un bubbone sul nostro benessere e le nostre coscienze – con le ruspe; a esercitare controlli e repressioni preventive grazie a polizie private; a applicare coprifuoco e pratiche ispettive sui movimenti di “residenti” e visitatori nel lager della nostra contemporaneità.
Un sindaco che dice con esplicita, cruda e indecente chiarezza che il rogo, prevedibile, è “l’occasione” buona per estirpare gli insediamenti, per rimuovere fisicamente e simbolicamente quella minaccia alla sicurezza del nostro schifoso e precario benessere, quella colpa e quella macchia sulla nostra responsabilità e sulla nostra “civiltà”.
Si esistono da anni un’emergenza rom, piani nomadi a forte vocazione repressiva, una nostra tremenda indifferenza. Ma servono quattro bambini bruciati per accorgercene e sorprenderci.

Come sembrano sorpresi i tanti che avevano fatto finta di essere convinti dal gioco delle tre carte del manager che interpreta la modernità e la globalizzazione per i provinciali buttando cravatta e doppiopetto. I tanti che gli hanno dato fiducia come rito apotropaico contro la crisi economica, finanziaria, politica, civile e democratica di una nazione travolta da un governo incurante di futuro, interesse generale e diritti. E dire che avevano ricevuto una lezione di lungimiranza e coraggio, di dignità, accortezza e comprensione del bene pubblico, di cura di quei diritti di tutti che sarebbero stati toccati e feriti dall’affronto commesso ai danni delle loro conquiste.

Ma in quella giornata blu qualcosa mi ha strappato una risata. È stata una strabiliante performance di umorismo involontario anche se a cominciare dal titolo per un po’ ho nutrito il sospetto che invece si trattasse di una sofisticatissima pièce di un cabaret satirico stralunato e visionario.
Parte dai Parioli la lotta delle donne, titola, ineffabile, la pagina di diario comparsa in un sito in odore di politicamente scorretto e firmato da tal Serenella Fonseca Strozzi. E falli anche essere corretti si dirà, perché prosegue “ Oggi c’è la riunione per l’organizzazione del corteo del 13 febbraio e sono stata invitata anche io. Si fa a casa della Comencini ai Parioli. Che emozione! Ho visto tutti i suoi film. Sarà come a vecchi tempi della Pantera o dell’autocoscienza, che dice mamma che ha fatto più danni delle guerre puniche, ma io non sono d’accordo. Che bel palazzo e che bella accoglienza! Hanno tutte quelle scarpette basse, quelle ballerine carucce, le baby di velluto con il laccetto: questo è già un bel segno. Altro che quelle troie in tacco 12 che sculettano davanti a Berlusconi, ci dovrebbero essere persone serie come Concita e Cristina in Parlamento. Che bella casa, ci sediamo sui divani, non si fuma e si parla a turno. Tra noi c’è una bellissima atmosfera, solidale condivisa. E raffinata insieme”.
E avanti così con un bell’elogio della Perina recuperata dall’abisso fascio in virtù della conversione futurista, un voluttuoso abbraccio al moralismo cattolico che quanno ce vo’ ce vo’ e un proclama: ”La manifestazione non è fatta per giudicare altre donne, contro altre donne, o per dividere le donne in buone e cattive” . Salvo distinguere, si direbbe, buone da cattive in base all’altezza del tacco. Perché sullo sculettare francamente conserverei un certo silenzio ispirato alla peraltro non molto apprezzata carità di patria se penso a certi lati B usati senza necessità alcuna in pubblicità.
Si ho riso, ma (a proposito di cinema anni 50 penalizzato dallo spot della figlia ingrata che invece ritengo una grande pagina della creatività italiana) è stato “riso amaro”. Dal femminismo, praticato e militante sia pure con saggezza, ho imparato l’apprezzamento dell’autorevolezza, ma il rifiuto di una leadership basata più sulla visibilità che sulla reputazione e la proposta di visioni condivise. Andrò alla manifestazione certo, pur continuando a sentirmi più sdegnata come cittadina offesa da un premier golpista mafioso e criminale oltre che bugiardo e patologicamente incline a un sesso morboso, che come donna colpita da un consumo dei corpi. E ci andrò malgrado uno slogan che mi ferisce e come me ferisce donne insonni da 17 anni e che anche prima non erano proprio soddisfatte e che lavorano e pensano e leggono e usano le pentole nei luoghi acconci ogni giorno e in ogni luogo al risveglio delle coscienze, appunto, di tutti i cittadini.