Sopportare il marcio non è poi così difficile per una buona parte degli italiani, lo vediamo bene in questi giorni nei quali la mela bacata del berlusconismo si mostra in tutta la sua miseria. Ma esaltare il marcio, credersi migliori a confronto dei coglioni che da sempre sentono il verme lavorare, è molto più difficile. Minimizzare il neo puttanesimo è una cosa, esserne orgogliosi un altro: bisogna sempre tenere gli occhi bassi sotto il peso della cattiva coscienza.

C’è tuttavia qualcosa conficcata nel cuore dell’Occidente, declinato in mille modi dai più sublimi ai più banali, che fa del migliorarsi, dell’ aspirazione al più alto o all’universale, alla consapevolezza, alla libertà, del sentirsi migliori: una molla che va da Socrate a Kant, da San Paolo a Marx, da Herder alla merceria  in fondo alla strada.

Ed è un bel problema per il berlusconismo assediato dai suoi vizi degradanti prima ancora che dalla sua nullità politica, messo in crisi proprio dall’immagine che era la sua forza. Ma niente paura: a dar man forte escono dal back stage del potere i maggiordomi in grigio, quelli che non gridano, che non osannano, ma che sono i veri intellettuali organici al Cavaliere: i Galli della Loggia (quale poi?),  gli Ostellino, i Battista, i Signorini. Insomma i maggiordomi che fingendo distacco, sono proprio per questo i più fidi servitori.

Ed ecco che uno di loro, quello col cognome simbolico del maggiordomo, esce allo scoperto spiegandoci che chi rimane sconcertato e scandalizzato dal marcio che promana da Arcore, dalle veline comprate e sistemate, dal degrado morale, soffre di “razzismo etico” , una sindrome che  “gratifica l’Ego di chi si sente superiore e si considera titolare del diritto di far parte honoris causa dell’Italia dei ‘migliori”. Frase che essendo indirettamente riferita , ad Andrea Camilleri, lo scrittore italiano più tradotto nel mondo, suona come un epitaffio all’intelligenza.

Così  per non essere dei “razzisti etici” non si può nemmeno aspirare ad essere migliori, come tremila anni di storia suggeriscono, anche quella più terribile e ignobile, ma bisogna navigare nella fanghiglia facendo il morto. Anzi tanto meglio sarebbe aspirare ad essere peggiori per evitare qualsiasi tentazione di xenofobia morale.

Certo con questo pessimo marchingegno retorico, così scoperto da essere umiliante almeno agli occhi di noi razzisti etici,  Battista si è assicurato un posto in prima fila nel miserabile teatrino del degrado, anzi né al tempo stesso un sintomo e un effetto.

Però devo dire che questa improvvisata teoria della democrazia che nasce dall’aspirazione al peggio, dell’umanità svenduta alla sua parte peggiore, è si un basso servizio al potente, ma non è del tutto insincera: riflette l’idea di una società a misura di Battista&C, degli uomini che non hanno nulla da dire e per questo hanno bisogno di un padrone. Quelli che possono sostenere tutto perché non credono in nulla, e possono credere in tutto perché non sostengono che il nulla.