american_art_of_war_by_konton_kyoudai-600x300Mentre tutta l’informazione mainstream delirava di guerra all’Iran, dando credito a qualsiasi sciocchezza proveniente dal padrone in visibile imbarazzo per essere stato colto con le mani nella marmellata  e mentre tutti i siti cosiddetti alternativi  sembravano atterrati e intimoriti dalla potenza Usa, ci ha pensato Trump a uscire dall’impasse di una minaccia bellica da cui gli Usa hanno tutto da perdere e ha rivolto un appello per calmare le acque: “Se rinunciano ad avere un’arma nucleare saranno di nuovo un Paese grande e prospero”. Nessuno ha avuto né l’intelligenza, né il coraggio di rilevare l’eccezionale carico di grottesco di questa frase per togliersi di impaccio: infatti con l’accordo sul nucleare stracciato dagli stessi Usa Teheran aveva già rinunciato alla bomba.

E invece sarebbe stato importante sottolineare l’assurdità di tutto questo perché quando non si è più in grado di trovare giustificazioni plausibili alle proprie azioni, quando di arriva alla tracotanza più ridicola per non dire le vere ragioni dell’ostilità verso l’Iran che si chiamano Siria, _Israele e Arabia_Saudita, nessuno è più al sicuro, salvo quelli che o la bomba ce l’hanno. Con i Paesi civili si parla, con i gangster conta solo la pistola. Ora non vorrei essere costretto a ripetere tutte le ovvie ragioni per le quali una guerra con l’Iran che è in grado di chiudere lo stretto di Hormuz e dunque la via mondiale del petrolio, è abbastanza improbabile, ma da quello che leggo la maggior parte dei commentatori di professione vede un’eventuale attacco all’Iran alla stessa stregua della  prima guerra del golfo, quando palesemente la situazione è profondamente differente. Intanto l’Iraq era allora ben lontano da poter interrompere il flusso del petrolio che non fosse il proprio, in secondo luogo disponeva di forze potenti sulla carta, ma praticamente solo terrestri senza difese aeree, con forze missilistiche pressoché primitive.  Trent’anni dopo la situazione è profondamente cambiata anche dal punto di vista delle tecnologie: il missile nelle sue varie declinazioni è ormai la regina delle battaglie e se si è in grado di colpire aerei e razzi altrui, le cose cambiano completamente. Lo si è visto in Siria dove la sola presenza di S300 russi ha cambiato radicalmente le forze in campo. Persino le salve di  missili lanciate sugli aeroporti siriani sono state in gran parte intercettate, provocando molto meno danni del previsto. Non è certo un caso se gli Usa stanno adottando una campagna a tappeto per impedire alla Turchia e a chiunque altro di acquistare i più moderni S400 di Mosca che potrebbero mettere in crisi tutta la dottrina della guerra americana. E questo senza parlare dei missili navali che hanno di fatto reso obsolete le portaerei precedentemente cuore del potere di proiezione americano. Insomma gli scenari sono mutati e l’Iran se pure non ha una straordinaria potenza è in grado di mettere in crisi l’economia mondiale e di infliggere agli Usa abbastanza perdite da non poter essere politicamente tollerate dalle amministrazioni che volessero spingersi in queste avventure. Senza dire  probabilmente a quel punto sarebbe impossibile impedire l’allargamento della guerra e la sua trasformazione in conflitto  nucleare.

A questo si deve aggiungere il fatto che diversamente dalle campagne irachene o siriane o afgane o libiche è difficile mettere in piedi un consensus, sia pure strappato a forza perché i Paesi che hanno firmato il patto nucleare tra cui Francia, Germania e Unione europea, non sono affatto d’accordo sulla politica americana di rimangiarsi la parola data. Certo bugie per strappare un’alleanza simbolica si possono sempre raccontare, ma in questo caso non credo che un avventurismo trumpiano troverebbe credito. Vivremo dunque un lungo periodo di minacce e passi indietro teso a spezzare soprattutto l’influenza iraniana in medio oriente e per convincere gli europei a rinunciare a un grande mercato. Insomma vogliono inaugurare una nuova guerra freddo – tiepida soprattutto per contenere Cina e Russia e tenersi stretto il loro mondo prima di perderlo.