Un peu de terrorisme s’il vous plaît

Tempi duri per i servizi segreti europei perché non soltanto devono parare la possibilità di attentati, ma devono anche darsi da fare a organizzare quelli per salvare la faccia e quell’altra parte  che tanto le rassomiglia dei politicanti europei che vogliono il genocidio a Gaza. Prendi  un gruppo  già conosciuto e già sotto controllo, oppure un lupo solitario che hai dentro la tua rete informativa,  lo armi,  lo aizzi in maniera da spingerlo a un attentato nei modi e nei luoghi opportuni dove poi si trova regolarmente qualche arma sparsa; durante l’azione gli fai gridare Allah Akbar che è l’unica espressione araba che entra in testa agli occidentali per un rapido riconoscimento come terrorista o almeno la polizia riferisce sempre che urlava così; ma dopo la sparatoria lo ammazzi perché di certo non si può affrontare un processo in cui potrebbero venire fuori scomode verità. Ormai lo schema è sempre lo stesso con qualche minima variante, in questo caso l’uomo non ha lasciato i documenti in auto o in bella vista da qualche parete, ma ha lasciato un video su Facebook in cui si definisce membro dell’Isis, ovvero di quella organizzazione terroristica messa in piedi a suo tempo da McCain con l’aiuto francese e in realtà distrutta dalla Russia dopo il suo intervento in Siria.

Quindi alla fine tutto torna e si crea la grande paura che poi permette di controllare la popolazione. Certo non si tratta più dei grandi attentati di una decina di anni durante i quali il terrorismo era l’unica grande paura, adesso c’è molto di più e di meglio, quindi viene usato con parsimonia per spostare il sentiment dell’opinione pubblica mettendo insieme vari elementi, per esempio la scena della sparatoria è attorno allo stadio dove si doveva svolgere  la partito Belgio – Svezia, ragione per cui le vittime sono due tifosi svedesi: ma la prossimità a un luogo affollato suggerisce l’idea della possibile strage. Tuttavia è assai poco chiaro come l’uomo sia stato rintracciato e ucciso in una zona piuttosto distante dallo stadio e prima ancora di sapere ufficialmente chi fosse. Le cronache sono vaghe ed evasive.

Come in tutti i casi precedenti si scopre che l’attentatore era ben conosciuto dalla polizia e dai servizi: in questo caso si tratta di un tunisino di 45 anni, già segnalato dai servizi del suo Paese  nel 2016 come possibile elemento radicale, Nel novembre 2019  ha presentato una domanda di asilo  che era stata però respinta dopo pochi mesi, ma ha continuato a vivere tranquillamente in uno dei centri attorno a Bruxelles e il ministro dell’interno ha detto candidamente che “Era noto alla polizia per traffico di esseri umani, residenza illegale e pericolo per la sicurezza dello Stato”. Per giunta recentemente l’attentatore, già morto, ma ancora definito presunto,   aveva minacciato un residente di un centro di asilo  il quale aveva riferito alla polizia che l’uomo era ricercato in Tunisia per atti di terrorismi, ma successive indagini avevano chiarito che si trattava solo di reati comuni. Insomma si trattava di una vecchia conoscenza di quelle che fanno comodo in certe situazioni.

Purtroppo l’unica cosa vera sono i morti… ma da quanti anni nelle guerre occidentali essi sono l’unica terribile verità?

I terroristi che fanno sul serio

Bombardamenti indiscriminati su Gasa e su tutta la striscia con uso di bombe incendiarie al fosforo bianco. Solo che in questo i terroristi ricevono aiuti e complimenti.