Anna Lombroso per il Simplicissimus

Dopo un disordinato tentativo di promuovere l’avvicendamento di fenomeni catastrofici necessari alla conservazione e tutela del capitalismo, con la costruzione della irreversibile minaccia climatica da contrastare con comportamenti individuali corretti a sostegno delle sorti e progressive dell’economia green che affida al mercato la soluzione dei problemi che crea, la stampa – mi limito a quella nazionale – ha trovato un po’ di ossigeno grazie agli scenari più appassionanti che hanno anche la caratteristica di non dover cambiare l’approccio epico, la narrazione eroica e gli stilemi marziali di questi due anni.

Che fortuna poter contare su un nemico concreto, tangibile, con fattezze umane, invece del poco fotogenico virus, poter esibire cartine e mappe che non contemplino solo il trascolorare delle regioni, sostituire gli ormai esauriti virologi con pimpanti new entry di esperti di relazioni internazionali o estraendo dalla naftalina gli “osservatori” dello scacchiere geopolitico in perenne servizio nei cocktail d’ambasciata o nei bar degli hotel durante le rare missioni all’estero.

Come non capirli, anche loro come tutte le corporazioni devono approfittare di crisi e eventi straordinari che li facciano uscire dall’ombra, che li aiutino, proprio come i sanitari in questi due anni, i ricercatori a libro paga dell’industria, a riguadagnare la reputazione persa a passare veline, diramare bollettini e rivelare il risaputo concesso loro in esclusiva da qualche “potente”. E come non riservare indulgente comprensione a chi  rimpiazza dati, informazioni sui fatti e gli avvenimenti, con analisi in punta di penna frutto di minuziosi copia-incolla della stampa padrona d’oltreoceano che arrivano già tradotti onde evitargli la fatica, e con estrose fenomenologie del nemico, che, proprio come succedeva con il virus,  è così perverso, così infido da dare alla guerra dichiarata contro di lui nobili motivazioni di carattere morale.

Basta pensare al fatto che  diffusamente gli appioppano quella definizione di zar, ricordano incessantemente l’appartenenza ai foschi servizi segreti che fanno sembrare la Cia una onlus umanitaria, ridicolizzano le sue performance sulla moto e certi modi da bullo, a sottolineare quanto possano essere rassicuranti e domestici i colpi di sonno del vegliardo competitor,  insistono sulla sua imprevedibilità, come si legge su Repubblica di ieri, che potrebbe far prevalere pulsioni temperamentali: la sua ossessione (della Nato) e la sua ambizione (dell’impero), sulla cautela doverosa dello statista, così magistralmente incarnata dalla cupola di Washington.

Non ci stanno proprio che non rispetti il copione prescritto, non sopportano la delusione di non poter riprendere la cara abitudine di pubblicare le statistiche dei decessi, in forma di “effetti collaterali” tra i civili, mai ammessi invece se si trattava degli effetti della malasanità o dei prodotti incautamente iniettati su cavie volonterose, non si accontentano del surriscaldamento della guerra fredda che non aumenta le vendite come potrebbe fare la guerra a tutti i costi e come auspicano i leader europei, quelli che per calcolo, ignominia o incapacità non riconoscono che la vittima sacrificale del conflitto è l’Ue, legata all’impero morto che la corrompe col suo abbraccio mortale.

“Gli eventi degli ultimi giorni potrebbero capovolgere l’ordine internazionale”,  dice Ursula von der Leyen, “La Russia sta preparando la più grande guerra europea dal 1945″, profetizza Boris Johnson in un’intervista alla BBC, mentre il povero Draghi che deve accontentarsi della platea di vescovi e cardinali riuniti nel convento di Santa Maria Novella a discutere di Mediterraneo e immigrazione, proclama che «gli eventi in Ucraina ci portano a ribadire che le prevaricazioni e i soprusi non devono essere tollerati», una frase della quale ognuno di noi dovrebbe fare buon uso personale e collettivo.

Così d’improvviso acquista prestigio e autorevolezza il Ministro degli Esteri, noto solo per il suo passato di mediatore tra curve dello stadio, che  “gela i parlamentari ammettendo che i margini per evitare la guerra diventano di ora in ora sempre di meno”.

E trova rinnovato impulso la letteratura bellica di quel periodo storico con il quale è proibito fare paragoni: l’epica delle sanzioni (per un po’ era probabile che venissero inflitte alla Russia per la colpa di aver deluso chi contava sull’aggressione criminale), la rassegna delle forze in campo con l’esaltazione del contributo patrio a sostegno dell’Asse,  l’orgoglio per l’ospitalità data dal dopoguerra agli armamenti dei “liberatori” che conta otto basi, depositi nucleari, poligoni di tiro, centri sperimentali, la fierezza di confermare l’appartenenza al consesso dei Grandi con l’esborso munifico di fondi dimostrativi per la Difesa,  grazie all’incremento della spesa da 26 miliardi all’anno a 36, con in più quelli destinati a fini militari dal Ministero dello sviluppo economico:  30 miliardi più i 25 miliardi del Recovery Fund.

D’altra parte non è una novità che tra le motivazioni che si danno alle  guerre ci siano le opportunità della ricostruzione e anche questo spiega il continuo gridare al lupo al lupo e difatti oggi con esultanza i giornaloni titolano che è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina: “Nella notte il presidente Vladimir Putin ha ordinato l’attacco. Putin l’ha definita una operazione militare speciale, ma presto si è capito che si sarebbe trattato di un attacco totale”.

Il messaggio è che adesso più che mai c’è bisogno di personalità forti, autoritarie e accentratrici che agiscano grazie all’attribuzione di poteri decisionali incontrastati e che ci facciano uscire dalla nuova crisi con la stessa tempra vigorosa con la quale ci hanno fatto uscire da quella sanitaria, portandoci a una normalità consolidata grazie all’appartenenza a un’alleanza che garantisce stabilità a prova di contrasti e minacce.

E d’altra parte cosa potremmo aspettarci da media che fanno da altoparlanti delle notizia di fonte Casa Bianca,  Cia, Pentagono, abituate a mentire allo stesso popolo degli USA e al resto del mondo, omettendo però quelle sul dispiegamento aggressivo e intimidatorio di forze impegnate nel continente euroasiatico considerate un giustificato deterrente compatibile con il diritto internazionale. E che informazione trasparente potrebbe offrirci una stampa che per giustificare l’invasione umanitaria dell’Irak,  provocando poco meno di 200 mila morti, ha collaborato alla diffusione della grande menzogna firmata dal tandem Busch/Blair   delle “bombe atomiche e altre armi di distruzione di massa di Saddam Hussein”, se non i titanici affreschi sulle esercitazioni russe con tanto id missili atomici ai confini con l’Ucraina, tenute d’occhio dalla responsabile vigilanza degli Alleati, contingenti italiani compresi, oggetto di filmati, documenti e dichiarazioni a cura del comando Nato in Europa.

I vasi di coccio destinati a frantumarsi per la pressione  di due oligarchie – una più avveduta e razionale e una più tracotante e avventurista, in evidente stato confusionale tanto da esporsi al ridicolo annunciando la data dell’invasione, cui ha risposto Maria Zakharova, la portavoce del Ministero degli Affari Esteri russo, chiedendo pubblicamente ai media occidentali di elaborare un programma dell’aggressione all’Ucraina in modo da poter pianificare in anticipo le sue ferie – talmente assoggettati da non riconoscere il danno che deriva dall’incauto schierarsi che rimanda al mittente europeo le sanzioni, con un conto da pagare elevatissimo, hanno la stampa che si meritano.

Quella nostrana si dimostra pronta a qualsiasi tradimento dell’incarico civile e morale in cambio delle mance moltiplicatesi negli ultimi due anni e che con questo nuovo choc provvidenziale potrebbero crescere ancora malgrado la vistosa diminuzione della schiera  dei lettori.

Aspettiamoci che dimostri le  benemerenze acquisite con la fidelizzazione al governo che ha prodotto  finanziamenti pubblici passati da 175,6 milioni a 386,6, con un incremento del 120%,  “sostegni diretti” che ammontano a 88 milioni circa e quelli indiretti a 64,5 milioni, grazie anche ai contributi alle scuole per l’acquisto di quotidiani (come per l’Opinione), e ai contributi speciali per le risoluzioni delle crisi aziendali (come quella de Il Sole 24 ore). Cui si aggiungono i 232,9 milioni di euro supplementari (143 milioni nel 2020) sotto forma di crediti d’imposta e le “forfettizzazione delle rese al 95%”  con un’agevolazione dell’Iva al 4% che ha prodotto per Cairo, Gedi e Mondadori un risparmio di 360 milioni. E senza menzionare le risorse munifiche messe a disposizione di radio e televisioni per la propaganda vaccinale, con spot e testimonial illustri.

Si sa che una delle battaglie più sanguinose che si combattono sugli scenari di guerra è quella contro la Verità, prevedibile vittima illustre dei bollettini Firmato Diaz che ci aspettano.