https___media.polisblog.it_d_db5_grillo-di-maio-casaleggioChe si sia in braghe di tela non c’è dubbio, che si abbia un governo senza senso altrettanto, che il movimento Cinque stelle sia maturato all’improvviso e marcito anzitempo è un dato di fatto. Rimane da vedere quale sia stato il verme che ha scavato dal’interno una mela che vista di fuori sembrava intatta e ha scippato al Paese un minimo di opposizione credibile. Possiamo fare le più svariate ipotesi che partono da quella minimale che riguarda la qualità del personale politico i cui criteri di scelta sono stati evanescenti, al ritiro e forse anche alla perdita di lucidità di Grillo, alla frammentaria proposta politica non tenuta assieme da un sistema di pensiero, fino ad arrivare alla possibilità di una creazione del movimento stesso per sterilizzare fin dalla radice la possibilità di una battaglia contro il potere delle oligarchie. Qualunque peso o esistenza abbia avuto ognuno di questi fattori nel complesso delle vicende c’è un ‘unico filo conduttore che alla fine  arriva sempre alla Casaleggio Associati, un’azienda facente parte a pieno titolo della costellazione aziendalista e liberista, pienamente partecipe dei brillocchi del casinò finanziario  che difficilmente avrebbe potuto esprimere una politica contraria a se stessa.

Ad esso è stata tuttavia delegata la vita stessa del movimento, dai meetup a Rousseau, una contraddizione che per qualche anno è stata nascosta dietro le escatologie tecnologico – internettiane di Gianroberto Casaleggio, ma che con la sua scomparsa e la salita al trono del figlio Davide si sono rivelate nella loro pienezza. Il tentativo dell’erede  di allontanare da sé l’amaro calice e di dipingere l’azienda come un mero strumento tecnico che dà una mano a titolo gratuito, inciampa sempre e persino in modo imbarazzante, nelle sue dichiarazioni e nelle antinomie grammaticalmente border line delle sue esternazioni. Anche il discorsetto di fine anno apparso su Facebook dice come se nulla fosse: “Ho preferito non alimentare le polveri in un momento delicato come la legge di bilancio visto che mi sembravano strumentali alla contrattazione in corso da parte delle forze parlamentari”. Ma questo vuol dire che ha voce in capitolo sulla politica e non è affatto il gestore pro bono di un mezzo tecnico come Rousseau, anzi parla da leader, anzi meglio ancora da eminenza grigia e in poche righe smentisce ciò che vorrebbe far sembrare perché è evidente che una sua parola ha influenza sul governo. E non basta perché demolisce la tesi dell’assistenza tecnica disinteressata quando dice che se solo volesse potrebbe ottenere poltrone “da centinaia di migliaia di euro di solo stipendio” evidentemente alludendo all’aggiunta di opache prebende  e rendite di posizione che la carica comporterebbe. In realtà non ne ha bisogno perché la Casaleggio Associati da quando il M5S è al governo ha raddoppiato gli utili e moltiplicato per 9 i profitti dimostrando che il movimento è un ramo d’azienda piuttosto un’opera buona.

Anche tralasciando i conflitti di interesse nell’affare Casaleggio – Moby così come nei casi Fintech e Food delivery è abbastanza chiaro che l’uomo ha una grande parte nel movimento e di fatto tramite la piattaforma Rousseau,affidata a Dettori, lo controlla. Del resto recentemente è saltato fuori che l’azienda profilava gli attivisti e i loro amici su Facebook il che in ogni caso dovrebbe rendere inquieti su Rousseau. In ogni caso era proprio quello il nodo da sciogliere fin da subito, fin dai primi successi elettorali perché un partito non può essere gestito e condizionato nella sua vita da un’azienda privata, riproponendo in modi diversi gli stessi conflitti di interesse dell’era berlusconiana, ma soprattutto  evidenziando una contraddizione tra le idee generali del movimento e l’abbandono all’aziendalismo casaleggese. Come s può cambiare il Paese in queste condizioni che non sono diverse da quelle delle altre forze politiche in pratica gestite dai poteri economici? E infatti vediamo com’è andata a finire. Un sistema informatico autonomo non sarebbe certo costato una follia e avrebbe potuto garantire quanto meno che lo scontro sarebbe avvenuto all’interno del dibattito politico e non al suo esterno.  Questo avrebbe dovuto essere fato almeno due anni fa: adesso non  che un epitaffio anche se per per parecchi rassomiglia a quello di George Bernanos  “Si prega l’angelo trombettiere di suonare forte: il defunto è duro di orecchie”.