Guilt-282x300Uno degli elementi che ha favorito il drammatico e sconcertante epilogo della vicenda greca è una delle colonne portanti su cui si regge l’egemonia del pensiero unico: il senso di colpa indotto per una presunta vita al di sopra dei propri mezzi. E’ un must del liberismo più ottuso, sfacciato e bugiardo perché i cittadini vivrebbero al di sopra dei propri mezzi se si hanno pensioni decenti, sanità pubblica, diritti sul lavoro, minimi salariali e stato sociale. Invece spendere al di sopra delle proprie possibilità a livello individuale è considerata una virtù sacrosanta tanto che a forza di concedere crediti inesigibili in cambio della discesa dei salari e dell’occupazione, in una parola per sostenere artificialmente domanda, consumi e profitti enormi per pochi, si è arrivati all’esplosione della bolla subprime. E altre si stanno già gonfiando sul mercato azionario.

Non mi voglio soffermare sull’assurdità di queste teorie stupide prima ancora che reazionarie, ma sta di fatto che esse sono diventate una sorta di seconda pelle occidentale che porta le vittime della diseguaglianza ad auto colpevolizzarsi. E questo senso di colpa, unito alla ribellione derivante dal vissuto reale, ha portato i greci ad accettare e a vedere come fattibile il compromesso insensato proposto da Syriza, cioè la fine dell’austerità, rimanendo però legati alla ruota della tortura chiamata euro come giusta penitenza per le carte false – peraltro ben conosciute da tutti e accettate – fatte per entrare nella moneta unica. Proprio questo ha nascosto l’impossibilità della via d’uscita proposta e coperto con un velo la subalternità dell’elite ellenica.

Poi di fronte all’evidenza di una posizione di Bruxelles diversa da quella che era stata prefigurata e accreditata con l’altra europa, ha prevalso l’istinto di sopravvivenza ovvero il massiccio, imprevisto, straordinario no referendario ai diktat europei il cui significato era chiarissimo, anche per le condizioni in cui si è svolto, cioè a banche chiuse: un mandato a Tsipras e al governo ad andare oltre un paradigma rivelatosi contraddittorio e fare qualsiasi cosa per sottrarre il Paese a una condizione coloniale e di vera e propria rapina. La risposta è stata l’accettazione attiva di misure ancora più dure ed umilianti rispetto a quelle precedenti.

In pratica i greci sono stati prima ingannati dai propri governi che hanno voluto a tutti i costi entrare nella moneta unica nella speranza che questa significasse la possibilità di non mettere mano allo stato comatoso del Paese, alla corruzione e al clientelismo selvaggio di cui naturalmente si avvantaggiava il sistema politico e la classe dirigente nel suo complesso. Poi sono stati puniti e derubati dall’Europa e alla fine sono stati traditi dai loro presunti salvatori. Qualcosa di impossibile se essi non avessero introiettato un senso di colpa, l’idea di dover espiare un peccato originale.

Il medesimo fardello e impaccio che ha spinto  deputati e dirigenti che oggi  fanno riferimento alla Piattaforma di sinistra o anche di altre componenti della diaspora di Syriza a chiedere l’uscita dall’euro come elemento imprescindibile, mentre dal 2012 hanno accettato  una linea che invece faceva della moneta unica il totem e tabù della politica di Tsipras.  In effetti la grande paura delle oligarchie europee è proprio quella che i sei mesi di inferno passati nelle trattative e culminati con il referendum tradito abbiano cancellato gran parte dei condizionamenti grazie ai quali i greci sono stati tenuti nel recinto e che ora tutto possa esplodere. Non tanto per la Grecia che molti vorrebbero fuori, quanto per il timore che il riflesso di queste vicende si estenda nel mediterraneo. Non è un caso che a pochi giorni dalle vicende il grande cazzaro italiano se ne esca fuori, senza un obiettivo preciso, con promesse simil berlusconiane di tagli alle tasse ed esenzione della prima casa: dal timore del contagio economico si passa quello del contagio psicologico. Guai se le vittime smettessero di sentirsi in colpa.