Anna Lombroso per il Simplicissimus
Piccola apocalisse oggi a Roma, già tradizionalmente inadeguata a fronteggiare non il diluvio universale e nemmeno i monsoni, ma neppure una tranquilla pioggia di febbraio. È che il premier riceveva il pupillo di uno dei suoi compagni di merende, insomma Medvedev, una specie di Alfano di Putin, e ne ha approfittato per fare uno sfoggio di muscolarità. Transenne, vigili, mezzi pubblici deviati, traffico impazzito e stuoli di forze dell’ordine dispiegate come a trattenere una folla festante in questa “giornata particolare” contrassegnata da cotanta visita di cotanta personalità. I disincantati romani tra un “mortacci” e l’altro hanno fatto un po’ di bonaria confusione, aho ce sta putin chissà che mignotte gli ha preparato. Ma intanto lui ha soddisfatto la sua smania di mettere in scena uno dei suoi spettacoli da tirannello aspirante ad altri fasti ed altra folla. Quella che in momenti migliori faceva sfilare in nome di sacri affetti e Lari familiari davanti a quei suoi “famigli” schierati, in verità loro ben poco adusi a rispettare i dieci comandamenti, tra non fornicare e non rubare, e anche a sottostare alle regole del Rabbi Hillel che ne aggiungeva sempre qualcuna alla prima, che il premier fortemente osteggia: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
A lui la folla ancorché prezzolata o imbonita piace. E non solo perché gli piace la claque, ma perché la tante gente gli evoca i tanti voti.
Non si convince il tirannnello, ossessivamente bramoso di potere assoluto, che la sovranità non è la stessa cosa del governo, e non lo sarebbe neppure se il governo godesse del 99% dei consensi elettorali. Non c’è da credergli quando cerca, riunisce, evoca, blandisce il suo popolo, perché si tratta di una entità speriamo sempre più immaginaria, quella di consumatori di prodotti e tv che le sue strategie commerciali possono comprare e assoldare.
Ma la sovranità e la Costituzione che la rappresenta e garantisce non sono in vendita né acquistabili e non possono e non devono essere a disposizione di una parte, nemmeno di quella che ha più voti e potere di acquisto.
Chi ha messo le mani rapaci su quei voti le ha messe sulla Costituzione e sulla democrazia oltre che su alcune minorenni più o meno spregiudicate. Ed è lo stesso lo stesso padrone che ostenta indifferenza per l’universalità dei diritti, per la separazione dei poteri, che esprime con ogni atto disprezzo per il rispetto delle procedure, per i controlli, per la dialettica parlamentare, per la legalità, per l’indipendenza della funzione giudiziaria, per tutto ciò che qualifica come “liberale” una democrazia.
Ma nessuno deve più credere che la forza del consenso renda nulla la forza del diritto, i suoi voti non bastano a legittimare l’illegalità, diamogli zero e bocciamolo.