La piazza si è riempita, 100, 200 mila persone sono lì a opporre il loro indignarsi, il loro stare insieme, la loro allegria, al silenzio ferrigno delle tv, alle strida del premier e dei suoi famigli. I sorrisi combattono la loro battaglia contro le dentiere del potere.

Eppure è triste che tanta gente sia accorsa e moltissima altra si senta vicina a loro in una battaglia paradossale per un Paese moderno. Per  gridare che la legge è uguale per tutti.

Provo vergogna per il mio Paese, per quelli ometti che si guadagnano pane e companatico con miserabili distinguo e che pretendono pure dignità. Vergogna per quell’ometto truccato che sta svendendo il Paese alla sua parte peggiore di cui egli è un’incomparabile esempio.

“La legge è uguale per tutti”, l’abc della poltica, le tabelline della democrazia: come è accaduto che si dovesse lottare anche per questo? Purtroppo  so che le colpe sono diffuse, che molti, se non tutti almeno in certi momenti, hanno voluto chiudere gli occhi.

Così  mi sento viola di rabbia, nonostante che per un giorno non debba vedere facce di gomma, di tolla o di bronzo. Nonostante la voglia di ricominciare che si sprigiona da quelle voci nella piazza.