Anna Lombroso per il Simplicissimus

Proprio vero che dietro ogni dogma si nasconde un interesse, perlopiù in aperto conflitto con quelli della comunità cui viene chiesto l’atto di fede incondizionata.

Basta guadare a come si affannano i ceti dirigenti di nazioni ormai irrilevanti per riconquistare un minimo spazio di “influenza” che i cittadini sono chiamati a pagare perché Draghi dixit: «Questa è una guerra, con tutte le conseguenze che comporterà… E noi siamo chiamati a fare i  necessari sacrifici,  anche fornendo assistenza alla difesa degli Ucraini», la maggioranza dei quali, giova ricordarlo, non essendosi vaccinata, in Italia non lavorerebbe e non viaggerebbe sui mezzi pubblici.

È che l’incontentabile commissario liquidatore non è appagato del successo raggiunto nell’altra area di “influenza” in senso letterale, e aspira a confermare la leadership che ha conquistato con repressione, discriminazione, censura, misure autocratiche destabilizzanti e lesive delle regole democratiche, grazie a un interventismo che ha preparato con una certa sagacia all’esterno e all’interno. E che ha messo in cima ai suoi valori l’appartenenza sia pure in forma subalterna all’asse Ue e Nato, contribuendo in prima persona alla creazione del mito apocalittico del susseguirsi di emergenza cui rispondere con atti eccezionali, leggi speciali, creazione di istituzioni parallele extra ordinem in sostituzione di un Parlamento debosciato, offrendo un ruolo egemonico a tecnici assoggettati all’impero farmaceutico in modo che la soluzione vaccinale oltre a rimpinguare borse già doviziose servisse a instaurare un regime di discriminazioni volto a emarginare eventuali e incauti disobbedienti.

In amore e in banca tutto è permesso, così il suo stato di servitù all’oligopolio trasversale di poteri non certo occulti, con la speranza che venga riconosciuto e premiato, gli ha dettato la necessaria priorità, quella di andare incontro alle aspettative delle più importanti “fabbriche” dell’impero, quella dei farmaci che pretende la futura medicalizzazione dei sudditi in modo che da cittadini si trasformino in fruttuosi pazienti, quella della tecnologia dedicata a incrementare le disuguaglianze, a complicare la vita della gente e a controllarne le esistenze in modo da farli assomigliare a quegli automi guidati da intelligenze artificiali ancora più obbedienti.

E soprattutto quella della guerra, in previsione della quale sono state investite risorse formidabili per armamenti e per mantenere l’ammissione alla Nato che costa agli italiani  quasi 80 milioni di Euro al giorno che il complesso militare industriale USA vuole   portare a 100.

Al suo curriculum di solerte funzionario a libro paga dei “comparti” e dei brand dominanti adesso ha potuto aggiungere  le credenziali di una strategia di approvvigionamento energetico redatta sotto dettatura da Washington in filo diretto con i signori del petrolio che pagano per la propaganda anche utili idioti italici, e declinata sulle opportunità offerte dal fracking, già oggetto di bolle speculative e perciò uno dei principi fondamentali del dogma bellico/finanziario, dalla redenzione carbonifera, dalle trivellazioni per le quali esultano le regione progressiste e del nucleare già promosso dal Quadro 2030 per il clima e l’energia dell’Europa e pure di Greta.

È proprio nella sua indole l’isolazionismo su scala, che, coerente con un istinto mai abbastanza suicida del capitalismo, si deve esercitare in forma belligerante, per isolare il paese concorrente dei suoi padroni con l’augurio che l’espansionismo Nato freni le ambizioni della Cina e sottovalutando il potenziale di ricatto politico e commerciale stati come  l’Indonesia, Singapore, la Tailandia, il Pakistan e  l’India.

Su scala, si, perché si tratta dello stesso approccio impiegato  in forma minore per mettere ai margini chi dissente, arruolato nelle schiere dei parassiti pericolosi, le piccole e medie produzioni che ostacolano l’esuberanza di grandi imprese e multinazionali, i residenti della città che è preferibile confinare in periferie dove non intralciano gli affari di speculatori edilizi e immobiliari.

Purtroppo ancora una volta, anche se la sedia minacciava di traballare,  conta ancora su un certo consenso.

Quello, è ovvio, della stampa prezzolata da aiuti e benefici, che propina in  mimetico le inquadrature dei war games come fossero riprese sul campo, le croniste in elmetto che resocontano le infamie con il fermo immagine su casalinghe che fanno la spesa e pensionati che controllano i cantieri, dei compunti inviati della tv del dolore che informano sulla truculenta operazione  del carro armato russo che stira l’auto, tacendo sulla rivelazione che era invece ucraino. Sono tutti folgorati da un incidente della cronaca presentatosi d’improvviso, senza passato e senza storia in modo che non serva guardare indietro, informarsi per informare, uscire dall’hotel degli inviati e andare per strada a raccogliere testimonianze, quando è così appagante e vantaggioso passare le veline del Comando Nato.

Ma il Capitan Fracassa della distruzione creativa può contare anche su una maggioranza molto loquace, che non a caso coincide con quella che, anche senza crederci, ha approvato e collaborato alla narrazione pandemica e adesso partecipa entusiasticamente della popolarità della corrente interventista, che come insegna la storia ai pochi che la studiano, è variegata e rappresentativa di molti interessi e che ha già i suoi Corradini e Federzoni, i suoi Papini e Albertini.

E difatti siccome siamo peggiorati in tutti i campi abbiamo sentito dire a Letta per galvanizzare l’aula sorda e grigia della Camera che è doveroso aiutare l’esercito ucraino a  difendersi, “fornendo materiale e attrezzature militari che l’aiuti concretamente a respingere gli invasori”,  il mediatore di curve ultrà vantarsi di aver stanziato personalmente 110 milioni aggiuntivi da inviare a Kiev.

Abbiamo letto Ricolfi, l’analista della classe signorile di massa, rammaricarsi che “la guerra non faccia per noi”, lasciando intendere che sarebbe salutare che i giovani viziati dell’Occidente andassero in trincea a esprimere qualcosa di più di una solidarietà di facciata, citando il testo sacro di una psicologa israeliana critica della mutazione pacifista dei giovani americani e intitolato ” A Nation of Whimps” , una nazione di schiappe.

Ci è toccata anche la vergogna per conto terzi del paragone, unico concesso in un tempo nel quale i confronti storici sono severamente proibiti, tra il nazista Zelensky e Salvator Allende  a opera di Giannini, compiaciuto per la ferma condanna della Russia emessa dallo stato di diritto di Israele, e di Sofri compiaciuto di avere trovato una simmetria  con il passato dell’aggressione a tradimento denunciata dal golpista di Keiv “come per la Germania negli anni della Seconda guerra mondiale”, con la differenza osserva sul Foglio l’ex Lotta Continua, che “Zelensky è ebreo per parte di ambedue i genitori”, caratteristica che prevede ormai la compatibilità  con l’essere nazista, imperialista, colonialista.

Dismessa la mascherina sostituita virtualmente dalla maschera antigas, esibiscono la loro militanza in favore dei diritti, purché esteri e remoti, migliaia di frustrati che si riscattano dalla loro impotenza  inveendo contro i disfattisti, novax, no green pass e no Nato. Uno di loro ieri, su Twitter, tal Giubileo che pare esista davvero in veste di redattore del Moschettiere, ha lanciato una ipotesi di lavoro che potrebbe avere accoglienza in alto: blocco dei conti, lockdown e esclusione dal lavoro per i filo Putin e Cina “in mancanza del confino che sarebbe la cosa migliore” e che peraltro per una buona percentuale di italiani esiste già.

La guerra è una soluzione eccessiva, ma qualche salutare bomba intelligente a far giustizia dei cretini ci vorrebbe proprio.