Il fatto è strano: da anni e con alterne vicende Volkswagen contende con Toyota il podio di primo costruttore mondiale e dunque il colpo ricevuto dopo la scoperta del software truffaldino sulle emissioni, con una più che certa flessione delle vendite, dovrebbe avvantaggiare i concorrenti. Invece ieri le azioni di molte case automobilistiche, in particolare quelle “forti” nel diesel, sono colate a picco con cali record da 6 a 9 punti e questo la dice lunga sul fatto che lo “scandalo” delle emissioni non riguarda certo la sola multinazionale di Wolfsburg. beccata a barare probabilmente nel contesto di un’offensiva contro l’industria europea dell’auto da parte di quella statunitense, di nuovo in procinto di crisi a causa delle vendite subprime che ormai hanno raggiunto il 20 per cento.
Su quest’ultimo punto ci sono molti indizi e insisto perché è la chiave del discorso: il test condotto solo su auto tedesche, prodotte e vendute negli Usa, nasce paradossalmente dal responsabile europeo di una semisconosciuta organizzazione “indipendente” americana, ma anche lui tedesco, come se si volesse fin da subito replicare alle obiezioni su una scelta così parziale. Dopo gli inquietanti risultati, risalenti a più di un anno fa non si è minimamente pensato di ripetere il test su vetture di altre marche quando invece sarebbe stata la cosa più ovvia, naturale e doverosa. Il test stesso si è svolto in condizioni di controllo totalmente assenti per cui esso poteva essere facilmente manipolato. E le multe annunciate sono totalmente fuori contesto viste quelle comminate a Gm e Toyota per fatti più gravi, anzi gravissimi per Gm con centinaia tra morti e feriti.
Dunque i risultati non sono veri? Affatto, sono forse esagerati, ma realistici e del resto indirettamente confermati dalla stessa Volkswagen: ciò che voglio dire è che ormai un brandello di verità può uscire fuori solo nel contesto di una battaglia di mercato, tanto che analoghi allarmi lanciati anni fa da Greenpeace sono stati del tutto ignorati. E’ evidente che tutti barano e che il sistema stesso è fatto per questo: le cifre dei consumi, come ognuno di noi sa, sono sballate, le prove vengono fatte in condizioni irreali e la stessa cosa avviene per le emissioni vista la facilità con cui si può intervenire su un motore, tanto che molte vetture offrono due o tre modalità di funzionamento dello stesso e quasi tutti i modelli vengono commercializzati con lo stesso propulsore, ma con livelli di potenza e coppia molto diversi tra loro.
Ed ecco perché gli altri costruttori europei non sono esultanti, ma preoccupati che la battaglia scoppiata dall’altra parte dell’atlantico e in procinto di riflettersi da noi, possa portare a svelare come il sistema scelto per limitare progressivamente le emissioni sia in buona sostanza un metodo per tenere alto il mercato e non certo un obbligo imperativo. Che le stesse tecnologie scelte a suo tempo per limitare l’inquinamento sono quelle che permettono non solo di mantenere le logiche di mercato e di profitto sull’auto, ma sono tali da decadere con facilità e nello stesso tempo facili da addomesticare ai controlli. In realtà si tratta di strade per ridurre al minimo gli investimenti in tecnologia di base facendo finta di voler salvare l’ambiente e che comunque è difficilissimo controllare davvero, anche ammesso che i poteri pubblici vogliano farlo. Ciò che si può imputare davvero alla VW, come rappresentante del complesso industriale tedesco, è di aver spinto, in una direzione che portava più ai rappezzi fatti pagare agli acquirenti, che a innovazioni vere e costose: di qui tutta una serie di teoriche severità e concrete complicità.
La stessa cosa avverrà, se non ci sarà alcuna capacità di controllo da parte del corpo sociale, con la rivoluzione delle auto ibride: a fronte di minori consumi e dunque emissioni più che altro nei percorsi cittadini ( anche questi dati vengono bellamente enfatizzati, talvolta in modo grottesco come la Golf da 67 km per litro) va valutato l’impatto dovuto alla produzione di motori elettrici in combinazione con quelli termici e soprattutto alla produzione , smaltimento e riciclo delle batterie che non è cosa poco. Toyota la casa con più lunga esperienza in questo campo per le sue ibride europee fa recuperare a una società belga cobalto, nichel e rame con tecnologie che vengono definite sostenibili. Anche ammesso che lo siano davvero si tratta di un’iniziativa unilaterale e di immagine, ma non è detto che venga seguita da altri. Bisognerebbe stabilire fin da subito regole comuni e pubbliche che vadano ben al di là dei soliti criteri euro 1 e via dicendo che sono capaci di favorire devastazioni a fronte di qualche grammo di Co2 in meno che poi esiste solo sulla carta. Un modo per non dar fastidio al profitto e presentarsi con la faccia dei severi tutori dell’ambiente.
Tutto questo vale per qualsiasi settore in un mondo dove le regole sono tali solo per i sudditi, mentre per i forti, siano esse banche o padroni dell’acqua o petrolieri o fattorie informatiche o tycoon della produzione agricola sono molto elastiche quando non dettate da essi stessi alla politica subalterna. Lo scenario lascia trasparire qualche tratto del panorama solo quando le regole vengono usate per la guerra tra questi imperi del mercato, portando le vittime non a riflettere, ma per paradosso a partecipare al conflitto come pedine di un gioco che porta sempre allo scacco matto.
http://video.espresso.repubblica.it/attualita/dialoghi-dell-espresso-a-pisa-con-julian-assange-siamo-di-fronte-a-totalitarismo-assoluto/1954/1951
gli mmeregani che fanno la morale sui motori di automobili ai tedeschi ( ma a chiunque…)??
Ma se fino a qualche anno fa le cilindrate più piccole in america era i 2000 cm3 assetati di carburante… ma per favore…
Il lettore Casiraghi propone una interessante riflessione, citando l’esempio della legislazione che vietò il fumo nei locali pubblici, come esempio di legislazione efficace.
Posso aggiungere in proposito un dettaglio su quelle che furono le conseguenze dell’improvvida iniziativa dell’allora ministro della Salute, Girolamo Sirchia. Egli, infatti, fu indotto a dimettersi dallo scandaletto derivante dalle rivelazioni della “solita” velina giudiziaria, circa un giro di finanziamenti illeciti, più presunti che altro, da parte di una multinazionale del farmaco. Inutile sottolineare la tempestività dello scandalo, scoppiato subito dopo la registrazione degli effetti del crollo delle vendite delle sigarette sui bilanci dei produttori e, conseguentemente, sulle loro quotazioni in Borsa.
E’ la riproposizione del solito copione: quando tocchi gli interessi dello zio Sam, le Procure ricevono opportune informative utili a disastrare la posizione degli improvvidi disturbatori degli interessi coloniali del grande manovratore-liberatore.
Sarà forse dietrologia, ma citerei a tal guisa anche l’episodio di Guido Bertolaso, stroncato dal puntuale scandalo a orologeria dopo che, meschino, ebbe a sbertucciare in tutto il pianeta il consorte di Hillary Rodham in arte Clinton, cialtronesco uomo-immagine della disastrosa e buffonesca “macchina dei soccorsi” made in USA messa in moto dopo l’ennesimo uragano su Haiti.
Per non parlare della madre di tutti gli scandali, quella Tangentopoli che, ormai, solo l’opaco e sgrammaticato Di Pietro si ostina a spacciare per autentico repulisti giudiziario. In barba a ciò che avvenne dopo nelle Partecipazioni Statali e dei protagonisti della loro spartizione, tutti abbondantemente compensati con altissime cariche, remunerative tanto per loro che per i rispettivi famigli al seguito.
Seguo da tempo gli interessanti e profondi commenti di Roberto Casiraghi. Egli ha perfettamente centrato il cuore del problema: la visione imperial-mercatistica del mondo da parte degli USA e la loro predestinata e messianica missione di conquista economica del medesimo. Un’autentica opera di conversione e catechesi nel nome del dio denaro, che solo chi ha interiorizzato le peggiori ascendenze calviniste, associandole a certi deliri talmudici, può produrre.
Quelli sui veri scopi delle accuse ad orologeria alla Volkswagen non sono sospetti, ma ragionevoli certezze.
Ora, tutti assieme imparino cose’ l’etica. Devono smetterla di venderci ottone per oro, e siano, un po’ tutti, un po’ seri nelle dichiarazioni verbali o scritte. Sarebbe il caso di fare una bella class action contro i costruttori che falsificano i dati….e non solo.
Il consumo medio (non so nulla delle emissioni) della mia Nissan, comprata novembre scorsa, è superiore di almeno 25% rispetto al valore dichiarato dalla casa produttrice, valore che non raggiunge nemmeno facendo 70 km/ora costante in pianura.
Ho la CERTEZZA che c’è una grandissima truffa dietro la produzione mondiale di automobili, e che migliaia e migliaia di addetti (tecnici, concessionarie, controllato, etc ne sono al corrente,
E poi ci vengono a dire che siamo “complottisti”!
La nostra generazione è nata con il biberon dell’ecologia in bocca. Generalmente si crede che gli ideali ecologici siano nati come normale reazione dei cittadini all’inquinamento ma i fatti ci dicono che le normali reazioni dei cittadini non esistono proprio, esiste solo ciò che il potere decide di far esistere promuovendolo con un cospicuo sforzo finanziario e mobilitando i media che controlla al cento per cento. In questo senso l’ecologia è altrettanto una creazione del direttorio mondiale di quanto lo sia internet, la crisi del debito europea, l’irresistibile discesa sul territorio europeo degli immigrati siriani o, appunto, lo scandalo della Volkswagen.
L’invenzione dell’ecologia si è rivelata molto utile sotto il profilo dell’immagine: ha fatto vedere che il potere che distrugge è anche capace di creare, è cioè buono, sensibile, umano come noi. Ma il vero scopo era quello di introdurre sotto le mentite spoglie della sensibilità ecologica un nuovo tipo di industria parassitaria che comporta un aumento di costi e di tasse a carico dei cittadini e della collettività senza peraltro risolvere i problemi dell’inquinamento ambientale.
Le emissioni sono un falso problema e per capirlo basterebbe pensare ai danni da fumo passivo. Avrebbe avuto senso proporre, come panacea, la progressiva riduzione nel tempo della lunghezza delle sigarette? Che so, togliere un decimo di millimetro ogni 10 anni?
Con la legislazione sulle emissioni automobilistiche è esattamente come se avessimo fatto questo! Come sappiamo, la fine dei danni da fumo passivo si è avuta invece con il COMPLETO DIVIETO di fumare in pubblico. Questa è la differenza tra una soluzione e una finta soluzione. In altre parole finché sarà possibile suicidarsi utilizzando i gas di scarico di un’automobile (e mi scuso per l’immagine cruenta) le automobili non potranno in minima parte essere definite ecologiche o meno inquinanti. È una cosa talmente ovvia che il regime non può lasciarla filtrare, fa l’antispam assoluto e così sui nostri media compaiono le grandi conquiste dei filtri antiparticolato ma mai la pura e semplice verità che l’auto è tuttora un killer e questo per ragioni strutturali. Negli ultimi anni poi la situazione è addirittura peggiorata. C’è stato un momento anni fa in cui l’avvento dell’auto elettrica sembrava imminente, le riviste d’auto già ne preparavano l’ingresso in scena trionfale. Ma poi il direttorio mondiale ci deve aver ripensato, ha preferito giocare la carta del fracking e l’auto elettrica è ridiventata una faccenda di piccolo cabotaggio, un po’ oggi e un po’ domani ma sostanzialmente mai.
Un’ultima osservazione. Come mi disse anni fa un garagista, “guardi, non pensi che una marmitta catalitica che ha superato la revisione sia veramente a posto. È che nessuno di noi si può permettere di dire a un cliente che l’ha appena installata due anni fa che la deve già cambiare. Perderemmo il cliente!”
Riassumendo, la realtà si rivela strutturata in questo modo. Io legislatore vengo obbligato dai poteri centrali a creare una nuova legislazione ecologica ma siccome il vero scopo non è la preservazione dell’ambiente o la tutela della salute pubblica bensì il propiziare la nascita di una nuova tipologia d’industria e mungere il più possibile il cittadino, una volta che saranno state create leggi severissime, multe proibitive e i soliti controlli a campione iniziali che servono a spaventare la popolazione ce ne infischieremo alla grande e lasceremo via libera al laissez-faire più spericolato. E questo, anche perché nel frattempo sarà nata l’esigenza di creare una nuova legislazione urgente nel settore della privacy. Che non servirà ovviamente a difendere la privacy del cittadino ma anzi a consentire la completa immunità di coloro che la violano. Come? Con una mossa geniale: obbligare il cittadino stesso a dare il suo consenso preventivo alla cattura dei dati che lo riguardano come conditio sine qua non per poter accedere ai contenuti di una qualsiasi pagina web!