La situazione è gravissima, dice Draghi. E io aggiungo che è allo stesso tragica e ridicola, perché lo stesso medico che in estate, assieme a Trichet, aveva imposto la cura da cavallo in maniera da raddrizzare la situazione italiana e con essa quella europea, dichiara che la medicina non è servita. Così come non sono servite le misure prese in Francia, in Portogallo e in Spagna, per non parlare della Grecia. Tutte queste manovre hanno in comune due nefande caratteristiche: hanno colpito i ceti popolari e hanno agito con provvedimenti più o meno coerenti sul lato dell’offerta deprimendo la domanda. Hanno cioè velocizzato in qualche modo le radici stesse della crisi che certo è esplosa con le bolle finanziarie, ma che è in sostanza una crisi di sovrapproduzione.

Lo stesso Monti chiamato in buona sostanza per rendere credibile l’Italia nella messa a punto delle ricette imposte per lettera sembra essere stato sorpreso dal fatto che non abbiano funzionato, ma continua ad andare avanti con la sua squadra non potendo peccare di apostasia rispetto a un credo condiviso, anche se il miracolo non è avvenuto. Purtroppo se non esiste un’unione politica europea ciò non toglie che il continente non sia guidato dalla politica: il liberismo dominante nei maggiori Paesi e di fatto imposto ai Piigs attraverso governatori di fiducia, sta portando dovunque alla recessione e dunque anche alla distruzione dell’Euro.

Situazione drammatica e ridicola insieme dicevo perché i maggiori fautori di tutto questo, in pia comunione con il Fondo monetario internazionale, sono leader ormai in minoranza nei loro Paesi e abbandoneranno il capo dopo averlo distrutto. In Italia la situazione si coniuga anche con l’assenza di un’opposizione capace di portare in campo delle idee e di metterle gioco: tutto si riduce a un tatticismo desolato e desolante che nemmeno è capace di recepire ciò che producono anche i pochi circolo intellettuali sopravvissuti al potere berlusconiano e al sobrio conformismo successivo.

Così non è altrove. Proprio in questi giorni un prestigioso circolo di studi tedesco, il Friedrich-Ebert-Stiftung, fin dagli anni ’20 dello scorso secolo uno dei motori del pensiero socialdemocratico, ha pubblicato uno studio totalmente in controtendenza e che pone il suo accento sulla crescita sociale. E’ anche un  manifesto con un decalogo delle cose da fare per uscire dal cul de sac in cui ci ha ridotto il liberismo. Ne riporto qui una sintesi, (mettendo in allegato il lungo documento originale, in inglese) perché sembra scritto apposta per la situazione italiana e si propone come  un riscatto rispetto alla pochezza e banalità delle ricette che vengono messe in campo oltre che ai colpevoli silenzi di quella che una volta era la sinistra.

La crisi finanziaria globale ha inaugurato una svolta decisiva nel dibattito economico, dominata per oltre trenta anni dal modello di mercato liberale. La promessa di prosperità per tutti, portato dal libero gioco delle forze di mercato – attraverso la triade di deregolamentazione, privatizzazione e liberalizzazione – non sembra più sostenibile. La cosiddetta »trickle-down effect” del Washington Consensus ha beneficiato solo pochi. Invece, il divario tra ricchi e poveri in quasi tutti i paesi si è allargato e  una privilegiata élite  economica si confronta con un gran numero di perdenti della globalizzazione. Con il fallimento manifesto della »mano invisibile” si è aperta l’opportunità di mettersi su un percorso alternativo, sostituendo la fede economica nei meccanismi di mercato, propagandato come l’unica alternativa, con un’azione politica e una maggiore capacità di governance.

In realtà, la politica ha riacquistato la sua prevalenza sul mercato nella prima fase della crisi. Lo Stato è intervenuto nel momento del bisogno, ha forgiato pacchetti di stimolo economico, salvato istituti bancari traballanti e sostenuto il mercato del lavoro. Tuttavia, il debito pubblico che ha accompagnato questo sforzo ha dato luogo a nuovi fenomeni di crisi . Ciò ha permesso ai rappresentanti dell’economia liberale di implementare con forza la loro vecchia agenda nella seconda fase della crisi, alludendo ai vincoli pratici e dichiarando che non c’era alternativa. Politiche fiscali pro-cicliche, consolidamento di bilancio, austerità e tagli del welfare sono divenuti più netti e stanno godendo l’approvazione nel dibattito politico su come uscire dalla crisi. Allo stesso tempo, la rigorosa regolamentazione dei mercati finanziari è rimasta in gran parte una dichiarazione di intenti.

La finestra di opportunità per la sostituzione del modello fondamentalista di mercato si potrebbe chiudere con il degrado ulteriore della situazione economica.Tuttavia, c’è ancora una possibilità di trasformare il dibattito per mezzo di un nuovo modello di politica economica progressista basato sul concetto di crescita sociale. L’obiettivo è sviluppare un modello di crescita che coniuga prosperità per tutti con la sostenibilità e la giustizia. Essa dovrebbe essere basata sui seguenti dieci punti del programma:

  1. Garantire un credito stabile con un’ efficace regolamentazione dei mercati finanziari.
  2. Puntare sulla scuola e l’educazione per stimolare la crescita e aumentare le opportunità per tutti.
  3. Aprire nuovi spazi di sviluppo per la politica industriale.
  4. Rafforzare la posizione di operai e dipendenti per mezzo di salari minimi e politiche di concertazione.
  5. Determinare più correttamente i compiti dei fondi pubblici e riformare la politica fiscale in senso distributivo.
  6. Stabilizzare l’economia e la situazione debitoria per mezzo di una politica anticiclica di bilancio.
  7. Stimolare la crescita in Europa con una robusta architettura finanziaria pubblica.
  8. Garantire una maggiore stabilità nella zona euro con il coordinamento delle politiche economiche.
  9. Garantire un lavoro dignitoso per tutti .
  10. Gestire la globalizzazione per mezzo di un nuovo ordine economico e monetario.
Naturalmente si tratta di un decalogo che nasce da un’analisi economica rigorosa e molto imbarazzante per il liberismo. E’ interessante leggerlo. Qui il documento completo: Il manifesto sulla crescita sociale