Anna Lombroso per il Simplicissimus

Molto spesso ho discusso animatamente con amici e compagni che ormai aspirano a un esilio, per nulla dorato ma preferibile al soggiorno in un paese che sentono estraneo per non dire ostile, e che non assomiglia a quello che vorrebbero per loro, per i loto figli e dove non è gradito nemmeno ambientare sogni e progetti.
Io, una volta di più invece, in esilio o meglio in gattabuia ci vorrei mandare il vero corpo estraneo, quel premier, che quotidianamente provvede con instancabile determinazione ad offenderci in ogni ambito della vita pubblica e privata.
Che ieri ci ha offeso parlando a sproposito di un sentimento a proposito del quale ha dimostrato incompetenza ostilità spregiudicata manipolazione.
Mi sento offesa come cittadina e come innamorata, che a costruire un affetto a tavolino con i suoi fidi esperti di comunicazione aberrante, e a ostentarlo, sia stato il premier del governo che ha meglio interpretato esaltato e realizzato il primato dell’egoismo e dell’avidità come beni non strumentali ma finali, che con pervicacia ha esercitato la sopraffazione ledendo la dignità e i diritti, che ha infamato le donne di questo paese e gli uomini che le sanno amare, condannandole ad una immagine lesiva e ispirando le più giovani e vulnerabili a modelli esistenziali abbietti.
Non ha niente a che fare con l’amore un governo vicino a instaurare il proibizionismo del sapere e della bellezza come fossero esercizi pericolosi di insubordinazione anarchica tanto che temo ascolteremo presto Mozart in cantina come una volta radio Londra (che a bruciare i libri ci pensa già la provincia di Venezia). Non ha niente a che fare con l’amore chi ne ha scardinato i capisaldi erodendo coesione sociale, irridendo la solidarietà e svuotando l’impalcatura di principi costituzionali prima di tutto, alla base della desiderabile costruzione di uno stato civile equo e libero.
Non ha niente a che fare con le passioni tristi o allegre che siano un governo che pratica cinismo, spregiudicatezza, frigidità morale, dissacrando i valori anche di quelli che potrebbero essergli affini, la famiglia, la paternità, il sacro vincolo matrimoniale, la fedeltà
E in un certo senso meglio così. Perché se scoprissero come è bello l’amore e che formidabile motore di cambiamento che potente strumento di promozione di se stessi e di affrancamento possa diventare, allora come nelle loro consuetudine, cercherebbero di monopolizzarlo e impiegarlo a fini personali per esercitare potere, sopraffazione, arricchimento criminale.
Ultimamente ci siamo adombrati per il proposito dichiarato di Berlusconi di utilizzare l’Italia nel nome e nel logo del suo partito d’affari. E dovevamo altrettanto essere disturbati per l’indebito utilizzo della formula pubblicitaria del partito dell’amore. Al premier piace evidentemente fregiarsi di qualcosa che non gli appartiene, che non conosce, che gli è estranea, che anzi vuole distruggere come una furia devastante e demolitrice. Se è così potremmo suggergli un nome rappresentativo per il suo partito. Potrebbe andare bene “Giustizia e Libertà”.
Augurandoci che la scelta del nome diventi il passatempo di un recluso, come allevare piccioni ad Alcatraz. O di un esule, come giocare a scacchi a sant’Elena