Oggi mi permetto di usare il blog quasi come uno strumento personale, anche se la mia intenzione è di dare informazioni che possono essere utili a tutti. La vicenda di Andrea Purgatori, di cui fra l’altro Anna Lombroso era amica, ricalca in qualche modo ciò che è successo ad Anna: nella stesa clinica la Pio XI ritenuta a giudizio di molti la migliore di Roma si è, diciamo così,consumato un dramma cognitivo che poi le è stato fatale. Anche ad Anna dopo il primo ciclo di chemio la tac aveva evidenziato una incoraggiante e notevole riduzione delle lesioni tumorali esistenti, ma la comparsa di un nuovo focolaio ha indotto i medici a cambiare il tipo di chemio provocando il disastro perché Anna è stata distrutta dalla nuova terapia che peraltro si è dimostrata inefficace al contrario della prima. E i medici lo hanno persino confessato di fronte a lei di avere ” probabilmente” sbagliato.

Infatti quella che è stata interpretata come nuova lesione comparsa chissà come mentre le altre si erano ridotte poteva essere benissimo presente anche prima, ma senza essere stata rilevata dalla Tac. Una possibilità peraltro niente affatto  esclusa dai medici che hanno letto i risultati, ma ovviamente non provabile. Ed ecco che ci troviamo di fronte alla medicina che non prende più in considerazione i pazienti, le persone, ma solo i protocolli, ovvero delle considerazioni di tipo statistico, sperando che non vi siano errori, deviazioni e manipolazioni in un campo nel quale  un’interpretazione fallace su 2 0 3 pazienti su un campione di 200 può portare a un ribaltamento del significato di uno studio. A questo si aggiunga l’ impetuosa e impietosa crescita dei costi che segue sempre le privatizzazioni de iure o de facto e abbiano il ritratto di un medicina debole e incerta, la cui direzione finale è impressa sostanzialmente dal profitto. E qui finisco con le vicende personali che sono solo l’esempio di una condizione. Ora dentro questo campo di incertezza che la maggior parte di noi conosce e la cui consapevolezza è peraltro necessaria alla scienza  scienza medica al pari delle certezze, è calata invece una cortina di arrogante assolutismo nel quale sieri mai provati prima sono stati accreditati come l’unica salvezza possibile da un virus anch’esso mai comparso prima. Tutto questo impedendo persino le cure, per la prima volta nella storia e non sulla base di una sperimentazione, ma di un puro pregiudizio volto alla vendita dei cosiddetti vaccini.

Non c’è nessuna logica  scientifica in ciò che è accaduto: anche se gli studi sui sieri genici fossero stati condotti con lo scrupolo necessario, anche se le burocrazie sanitarie che dovrebbero difendere i cittadini invece di esporli al rischio avessero controllato a dovere, cose che in realtà non sono accadute, tale atteggiamento sarebbe stato ugualmente condannabile e totalmente contrario ai canoni della conoscenza e più affine al fideismo che in questo caso è stato imposto per ragioni di profitto finanziario e politico. Le conseguenze le conosciamo  perché ormai centinaia di studi dimostrano sia l’inefficacia dei vaccini nel  fare ciò che avevano promesso, cosa peraltro ammessa dagli stessi  produttori, sia le loro conseguenza sulla salute talvolta eclatanti, talvolta subdole.  E non sappiamo quando ci libereremo da questo nemico assai peggiore del virus che intendeva combattere. Siamo perciò di fronte a un ennesimo caso in cui le nostre scarse e parziali conoscenze vengono spacciate come capacità di  dominio assoluto, dando della scienza un’immagine falsa e  funzionale invece alla ritualità tecnocratica, allo stesso modo in cui grossolane simulazioni al computer, sostanzialmente non diverse dall’analoga categoria di giochi  come Sim City a cui siamo certi non hanno mani giocato i nostri sindaci, vengono usate per proclamare la catastrofe climatica. Ma la verità è che del clima  terrestre sappiamo poco o nulla

Poi quando ci si trova nella realtà si scopre che le cose stanno ben diversamente, che si procede per tentativi ed errori, talvolta in buona fede, talaltra per scarsa esperienza o preparazione: le certezze che ci vengono offerte non sono che lenticchie per indurci a vendere la primogenitura.  In realtà la vera sfida scientifica di un presente dominato dalla tecnologia,  non è tanto gestire quel poco che sappiamo, ma ciò che non sappiamo.