Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ci sono attori che hanno conquistato un certo successo interpretando killer freddamente feroci, grazie alla loro maschera inespressiva e imperscrutabile, altri, meno talentuosi,  sono stati scelti da produzioni minori  per il ruolo di aguzzini del racket, quelli che tagliano un dito alla volta ai debitori, gli bruciano il bar e li pestano a morte in un crescendo di algida indifferenza.

A noi è capitato uno che ha avuto un bravo press agent che lo ha propagandato, ma che adesso si dimostra come il solito cane sopravvalutato, a conferma che non ci meritiamo neppure un sicario di vaglia che dia un po’ di smalto alle sue imprese.

Nell’episodio di ieri, presentato come doveroso risarcimento al pubblico pagante che esigeva  un aiuto per districarsi nella tortuosa sceneggiatura, leggendo con difficoltà il suo gobbo immaginario, il guitto che ci è stato assegnato ha ripetuto a macchinetta la sua epica personale meritevole di Telegatto: sono il migliore perché riconosco e denuncio i colpevoli dell’impennata pandemica, i maledetti novax che stiamo intercettando per vaccinarli dai 50 anni in su, sono il migliore  in modo perché sto rimettendo in moto l’economia, sono il migliore perché ho minimizzato, sic, i problemi della presenza a scuola degli alunni in modo da garantire l’accesso all’istruzione.

Pare che sia venuto il momento di disdire l’abbonamento e cercarci un’altra serie più realistica del trionfo inarrestabile di  un regime bastardo, arruffone ma spavaldo grazie all’acquiescenza di alcuni sudditi e il consenso coatto di molti ricattati, con sceneggiatori più capaci di quelli che hanno scritto le tappe di una escalation miserabile.

Prima era stato il tempo delle raccomandazioni e delle carote, per transitare poi nella persuasione morale che avrebbe dovuto convincere anche i più riottosi a esprimere senso civico e spirito di servizio salvando se stessi e gli altri. Non ha funzionato e la tappa successiva è consistita nella ferocia delle misure intimidatrici e ricattatorie, nella censura a qualsiasi forma di comunicazione non allineata alla narrazione ufficiale, per sfociare inesorabilmente nella istituzione della tessera di adesione al partito unico della nazione, un documento a punti che gli adepti devono conquistarsi con atti di fede che sconfinano sempre di più nel sacrificio personale e della propria prole.

Ma non basta, ormai la perseveranza del delirio dei decisori e della comunità scientifica a pieno servizio ha assunto connotati patologici, tanto che tecnici revisionisti che prendono atto della inefficacia dei prodotti vaccinali, dei loro effetti dannosi, non si sottraggono all’obbligo di continuare a portar acqua e sostegno alle misure governative, tanto che i rappresentanti dei partiti pur consapevoli della china pericolosa scivolano imperterriti verso il baratro di menzogne e compromessi, tanto che la stampa sfida il ridicolo impegnata unicamente nel consolidamento del mito novax in veste di necessario capro espiatorio utile a distrarre il popolino e a esonerare i potenti.

Il Fatto quotidiano si mette in concorrenza con la Repubblica nella tenzone su chi dipinge a tinte più fosche la genia maligna, che immagina “l’iniezione come un sordido espediente per inoculare microchip in grado di controllare la vita degli uomini, renderli schiavi”, come se tra le forme di futura servitù non sia ipotizzabile l’obbligo a una somministrazione ogni quattro mesi, una setta raffazzonata e credulona, ma abbastanza   “resistente da mettere in gioco i sistemi sanitari statali”, fino ad ora perfettamente oliati, efficienti, funzionali tanto da non aver bisogno di ulteriori investimenti indirizzati unicamente all’approvvigionamento dei vaccini che pesa sulle decisioni dell’esecutivo come l’ulteriore nodo scorsoio dei cravattari imperiali.

La conclusione del post che sto citando, di Corrias,  giornalista e dirigente Rai, la dice lunga sulla vocazione di terzietà del servizio pubblico: nel ridicolizzare i tentativi di offrire uno spazio alla controinformazione, retrocessa ai mormorii nelle catacombe e agli slogan di sette primitive chiude con il monito a contrastare  “l’eterno inganno che credere sia molto più importante che sapere”.

Come se la continua richiesta che viene dai gradini più elevati della società, dai suoi sacerdoti, non sia quella di ripetere un quotidiano atto di fede per celebrare la Scienza, pronti a immolarsi per la sua verità, cui è imprescindibile credere come ai dogmi della nuova religione del progresso e della tecnica, tanto che si può, anzi si deve rinunciare al libero arbitrio arretrato a eresia, alla democrazia che consiste nel far decidere a chi sa, alla libertà equipaggiata di confini, paletti, fili spinati e sensi unici regolati da una pass giustamente equiparato alla patente, ai diritti declinati secondo graduatorie e ridimensionati in forma di licenze arbitrarie e concessioni discrezionali.

Eppure dovrebbe illuminare anche i più riottosi che malgrado l’impegno sovrannaturale dei Migliori, malgrado le serti progressive e salvifiche dei sieri magici, malgrado la generosa persecuzione dei disertori e il successo della campagna militar-vaccinale l’emergenza virale resti emergenza, mentre si è invece aggravata quella sociale creando un vulnus insanabile e determinando effetti irreversibili. Se come è evidente c’è una volontà perversa nel non intervenire per riparare i danni di  trent’anni di tagli di personale, posti letto e presìdi ospedalieri, di privatizzazioni a discapito della medicina del territorio e della medicina d’emergenza, grazia all’applicazione di una logica aziendalistica che lucra sulla malattia, se un problema sanitario è diventato l’occasione per demolire stato sociale e stato di diritto.

Ogni giorno chi, come fa questo blog, si sente obbligato a contribuire a un minimo di controinformazione  che buchi il muro di omertoso appoggio all’establishment politico e sanitario, si sente apostrofare con la pressante richiesta di indicare una strada concreta e operativa per la “resistenza” a un regime che ha istituito di fatto un trattamento sanitario obbligatorio in violazione dell’articolo 32 della Costituzione, che per applicare uno strumento discriminatorio senza una vera valenza sanitaria ha modificato le leggi vigenti, a cominciare da quelle a tutela della privacy, che ha adottato leggi speciali per ostacolare e reprimere il diritto a manifestare e ad esprimersi pubblicamente, già censurato grazie ai servizi di una stampa largamente finanziata da aiuti pubblici. Che ha aggirato e poi svuotato delle sue funzioni il Parlamento, che permette a un presidente del Consiglio di autocandidarsi al Colle, favorito dal possesso delle leve di controllo che controllano e dirigono l’appoggio dei partiti della coalizione, esercitando un potere che sfugge a qualsiasi forma di controllo democratico.

La prima cosa che mi viene in mente sarebbe quella, ovvia, di contribuire, ognuno di noi, alla creazione di un blocco compatto di opposizione, che si prepari a delegittimare la cerchia dominante in occasione delle elezioni che forse prima o poi ci saranno, demistificando l’eterna di minaccia della consegna alla destra, come se non fosse già a pieno titolo al potere, e demolendo il mito del “male minore, che resta sempre un male, si tratti di tecnici, competenti o nuovi arrivati apparentemente estranei al potere consolidato. Ma sappiamo che ormai l’utopia si è ridotta a uno straccetto di democrazia irraggiungibile quanto la rivoluzione.

Perciò bisogna cominciare a equipaggiarsi con una cassetta degli attrezzi della quale deve far parte la disobbedienza civile.

Non è semplice, richiede di essere informati per controbattere a richieste e pretese ufficiali immotivate e illegittime quando non illegali: a questo scopo è necessario creare una rete di soggetti che mettano a disposizione la loro competenza e esperienza per dare sostegno professionale alla lotta, da condurre anche per via giudiziaria. E’ quasi inane organizzarsi per produrre una controinformazione scientifica, ma ciononostante dovremmo mobilitarci in modo che qualcuno – su questo blog se ne incarica da due anni il Simplicissimus – possa esibire dati e conoscenze che smentiscano le litanie dei sacerdoti della casta scientifica ufficiale, anche se l’ambito di pubblicazione e visibilità è più angusta.

E come in anni e anni passati quando la solidarietà era un valore condiviso oggi sostituito dalla carità, è necessario realizzare iniziative di sostegno per chi è sottoposto a un accanimento sociale, perdendo lavoro, reddito, casa, istruzione, come succedeva quando c’erano le leghe, i sindacati che finanziavano le lotte operaie con la raccolta di fondi e aiuti collettivi, le casse peote veneziane che mettevano insieme soldi, viveri e tempo libero per aiutare chi non aveva accesso ai servizi comuni.

Non ultimo, è necessario dar luogo a un coordinamento dei comitati e dei singoli soggetti che si sono già materializzati sul territorio, in modo da esigere in forma unitaria la decadenza delle misure eccezionali, coercitive e discriminatrici, il reintegro immediato nell’incarico e nello stipendio di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori incostituzionalmente e ingiustamente sospesi. È così che si fa la lotta di classe, insieme e intrepidi, e questa lo è.