Anna Lombroso per il Simplicissimus

Giù le mani dal  miles gloriosus! Ma come? preferivate lo spregiudicato Arcuri, quello dei banchi a rotelle e delle primule vaccinali? Quello in odor di inchieste per operazioni opache? Quello che potreste definire un pasticciocrate, per quella combinazione di goffa managerialità e di marasma decisionale?

A leggere Serra, “Figliuolo è un alpino, non un politico, non un intellettuale, bisognerebbe che politici e intellettuali ritrovassero una certa franchezza alpina…. Ogni volta che la classe dirigente dice qualcosa di ruvido bisogna rallegrarsi”, ben venga il piglio marziale di un altro grado dell’esercito, anche se di scandali in divisa ce ne sono stati.

Ben venga un’esperienza maturata in emergenze belliche, per chi si è fatto convincere  che la presenza di contingenti Nato in Afghanistan sia stata motivata da finalità umanitarie.

Ben venga chi ci comanda di  serrare i ranghi con la pugnace determinazione di uno specialista  della difesa dei confini patri, allo scopo di garantire la salvaguardia della parte sana del paese dagli attentati terroristici dei novax da confinare appunto, stanare se si sottraggono alla leva vaccinale, colpire con geometrica precisione all’avambraccio o, se resistono, sottoporre al giudizio di una istituenda corte marziale.

Non stupisce la deriva culturale, in fondo dopo l’opposizione al ventennio con le barzellette e “Vento, vento portalo via con te” e la critica a quello successivo con la pubblicazione delle confessioni delle utilizzate finali in merito al culoflaccido di Palazzo Grazioli e con Cuore, che ha fatto pensare a una generazione che la dissacrazione ad opera di un settimanale satirico o delle canzoni dei cantautori, potesse abbattere totem e tabù al posto della lotta di classe, non potevamo aspirare a niente di meglio.

Ciononostante c’è da chiedersi cosa sia successo se dopo De Lorenzo e il Piano Solo, se dopo Musco e la Gladio,  i militari che erano diventati delle figurine di sfondo nell’immaginario collettivo, quando i colonnelli interpretavano le fortunate macchiette delle commedie all’italiana, quando si guardava con compianto a nazioni che avevano subito Pinochet e si ridicolizzavano quelle che avevano prodotto Tejero, adesso invece la personalizzazione della politica, il bisogno di dirigismo  e decisionismo autoritario hanno sconfinato nell’idolatria del burbanzoso uomo della provvidenza in divisa e medagliere, che sottopone i riottosi al vaccino in sostituzione del mai abbastanza rimpianto olio di ricino educativo.

In realtà non era poi vero che fossero attori sbiaditi nel nostro teatrino nazionale,  in un paese che ha rinnegato da anni il dettato costituzionale, partecipando a indegne operazioni di guerra coloniale o come hub, piazzola di lancio, deposito di salmerie, poligono al servizio del guardiano del mondo, continuando a  investire in armamenti perlopiù farlocchi, prestandosi a rappresentare il primo obiettivo in caso di aggressione  e che durante il lockdown ha ritenuto che i lavoratori dell’industria bellica fossero essenziali quanto quelli sanitari.

Non erano solo figuranti. Se guardiamo alla militarizzazione di larghe aree del paese, dove gente che abbiamo lasciato sola lotta da anni contro l’occupazione e l’uso della loro terra  espropriata per condurre test con armi micidiali, allestire trampolini di lancio, sperimentare tecnologie della digitalizzazione imperialistica, se ad ogni evento oligarchico si sottolinea l’obbligo di fedeltà alla Nato. O  se si impiega personale della Difesa come scorta attiva e offensiva in appoggio a operazioni commerciali private o come esercito a tutela degli interessi della nostra “cooperazione” e di patti disonorevoli con tiranni e  despoti sanguinari, se  da anni considerevoli risorse vengono impiegate per offrire supporto logistico e difensivo con contingenti militari a imprese pubbliche e non, come ad esempio, alla cordata  che comprende Eni e Shell, finita sul banco degli accusati per aver sottratto dalle casse dello stato nigeriano oltre un miliardo di dollari che doveva servire per pagare la concessione per lo sfruttamento del giacimento di petrolio al largo della Nigeria, finito invece nelle tasche della nomenclatura di politici e imprenditori locali.

E volete che abbiano  ancora cittadinanza le parole d’ordine del pacifismo quando la discesa in campo di esponenti riformisti e progressisti, prima tra tutte la ministra che combinava teneri codici genetici di genere con tendenze muscolari e viriliste, cui dobbiamo lo sdoganamento della tesi secondo la quale per garantire la pace tocca ricorrere alla guerra e ai suoi strumenti, portaerei, F35 e altra paccottiglia comprata all’outlet Nato, ha retrocesso le anime belle del disarmo  a molesti e irragionevoli visionari da sottoporre a Tso.

E figuriamoci se il rifiuto della guerra non sarebbe stato espunto anche dall’agenda dell’antifascismo di maniera, piegato alle ragione della realpolitik che raccomanda la pacificazione solo quando serve a contrastare la collera degli ultimi e a colpevolizzare la violenza di chi insorge contro regimi oppressivi e repressivi.

Adesso poi sembra che la maggioranza concordi sull’opportunità di militarizzare il territorio con controlli a tappeto, sorveglianza attiva, rilancio dello spionaggio volontario tramite delazione, tramite la difesa dei confini tra virtù e vizio criminale attraverso l’adozione di passaporti e lasciapassare.

E che ci sia un vasto consenso su una svolta culturale che impone l’accettazione di dogmi ispirati a far coincidere l’idea di progresso con i meccanismi evolutivi del mercato, così si può vantare una superiorità di carattere morale se ci si affida a prodotti “innovativi” tanto da farsene promoter e piazzisti   oltre che cavie, assoggettandosi  con entusiastica partecipazione agli imperativi di comando intesi a costringere gli individui, volenti o nolenti a condizioni oppressive, e a una riduzione della capacità critica retrocessa a infantilismo cognitivo.

Non serviva uno spaventapasseri in divisa, ma hanno voluto strafare,  quando in realtà la prima a essere stata militarizzata è stata la scienza governata da uno stato maggiore al servizio dell’ideologia dominante che ha bisogno di tecnici disciplinati per rafforzare il suo pensiero unico e la sua azione totalitaria, demonizzando il dubbio, criminalizzando la ricerca e la sperimentazione che si sottraggono al monopolio industriale, passando dal collaborazionismo che ha contribuito allo smantellamento dello Stato sociale a un ruolo di leadership politica che orienta le misure di discriminazione e repressione per demolire anche lo Stato di diritto.

Succede così quando un popolo tollera un’occupazione straniera, quando il motto è Franza o Spagna purchè se magna, ma a magnare sono solo i potenti in divisa o marsina.