L’hikikomori è un fenomeno nato in Giappone dove spesso ciò che arriva dall’occidente viene enfatizzato al punto da apparire irriconoscibile mentre invece ne costituisce l’essenza: si tratta di adolescenti che rifiutano il mondo e si chiudono, per mesi o anni, nella propria camera riuscendo ad avere solo contatti virtuali, tramite i social network o i videogiochi. Potrebbe sembrare una cosa molto strana, ma a pensarci bene non è che la logica evoluzione della atomizzazione sociale, unita all’enfasi sulla competizione individuale e all’educazione narcisa ed edonistica  che dovrebbe dare coerenza psicologica agli altri due elementi. Quello che si ottiene è o una vita ubbidiente dove ogni diversità si banalizza nelle vacuità modaiole oppure la fuga dentro la propria camera che è in fondo un rifiuto prepolitico e puramente passivo di tutto questo.

Non c’è alcun dubbio che l’hikikomori, ormai diffuso dovunque in occidente, sia considerata una forma patologica poiché non ottiene l’effetto di sottomissione che ci attende dal mix di questa modernità deforme, ma si tramuta in una forma di rifiuto che potrebbe rivelarsi alla lunga pericolosa. In realtà esistono diversi gradi di questa sindrome che non necessariamente si rivela nella sua forma estrema di auto esclusione domiciliare, ha forme meno sintomatiche che possono simulare entro certi limiti una vita normale e che anzi forse è normale in questo secolo: una vita puramente passiva che vive nell’angoscia, ma allo stesso tempo è priva degli strumenti culturali per liberarsi. Questa sindrome che in un modo o nell’altro accumuna l’ultima generazione, quella che  in senso tecnico  raccoglie le persone fino a 25 -30 anni può spiegare perché essa sia rimasta completamente abulica di fronte all’arroganza del potere che stava facendo strage di libertà e di futuro. Anche della loro libertà e del loro futuro. Di solito sono proprio i più giovani che reagiscono. E invece poco o nulla non perché credano davvero nel vaccino o nelle misure risibili dal punto di vista sanitario, che sono soltanto un segni di comando, ma perché è stata più forte la paura di perdere  quel banale quotidiano, lo sballo e il ballo, la pizza o la vacanza obbligatoria, che costituisce il premio del sistema in cambio dell’acquiescenza e della non ribellione.

Chi ha mai detto che ci si può rinchiudere solo tra quattro mura materiale fatte di mattoni e cemento, ci anche altri materiali per la costruzione di prigioni: quelli con cui vine edificato il piccolo edonismo che entro in vena e senza il quale sparirebbe ogni possibile paesaggi. Assistiamo in sostanza a un hikikomori politico e sociale.