Anna Pulizzi per il Simplicissimus
Per dirla in breve: non stanno vaccinando nessuno. Stanno iniettando una roba che non serve ad evitare di essere contagiati né impedisce di contagiare il prossimo con alcuna delle mille varianti in cui si presenta il virus. Una roba che non assicura nemmeno la sopravvivenza, visto che il numero di decessi in questa estate è leggermente superiore a quello dell’estate scorsa, quando i cosiddetti vaccini non c’erano. Una roba che è ancora in fase sperimentale e lo resterà fino alla fine del 2023, i cui effetti a lungo termine sono sconosciuti mentre quelli a breve presentano già, solo in Italia, oltre quattrocento decessi e 9mila reazioni ‘gravi’ di varia natura, che comprendono infiammazioni cardiache e disturbi piastrinici.
La pervicacia con cui battaglioni di medici allineati alla narrazione ufficiale – ed evidentemente più realisti del re – negano ogni correlazione tra la ‘roba’ e accidenti vari, contrasta con i ritocchi operati dalle Agenzie farmacologiche sui bugiardini: ad esempio su quello di Comirnaty e Spikevax (cioè rispettivamente Pfizer e Moderna) compare adesso un avvertimento circa ‘rari’ casi di miocardite e pericardite. Riguardo al discusso Vaxzevria (AstraZeneca) si introduce l’eventualità di sindrome di Guillain-Barré (Gbs), ovvero infiammazioni ai nervi e difficoltà di deambulazione. Non si salva il Janssen (Johnson&Johnson), sul cui foglietto illustrativo compare ora il rischio di perdita capillare, patologia che causa gonfiore agli arti ed è spesso mortale. Però la parola d’ordine è “vaccinare tutti”, compresi i giovani, i ragazzini, i bambini perfino, tutte categorie che rischiano più di rovinarsi con la ‘roba’ che con il virus, che in certe fasce d’età è praticamente innocuo (indice di letalità vicino allo 0% fino a 39 anni, dati Iss al 7 luglio 2021).
Altrettanto categorici sono il rifiuto verso ogni procedura di assistenza domiciliare e la raccomandazione dal sapore ottocentesco di tachipirina più ‘vigile attesa’, magari rinforzata dalla preghiera e dai santini sul comodino. Come si sa, i presunti vaccini anti-covid sono autorizzati per l’uso in emergenza, cioè in mancanza di cure efficaci ed approvate. Se saltasse fuori un farmaco risolutivo da assumere in presenza di sintomi, sarebbero in pochi quelli ancora disposti a farsi inoculare pozioni sperimentali rischiando di finire tra le vittime dei ‘rari’ casi avversi. E ciò significa che le case farmaceutiche interessate non potrebbero raggiungere nell’anno in corso l’utile previsto di oltre settanta miliardi di dollari, né avrebbero visto decollare il valore delle loro azioni, dopo aver ricevuto 88 miliardi di dollari dai bilanci pubblici per produrre le loro misture.
Se vivessimo in una società in cui i benefici dei grandi speculatori (pardon, ‘investitori’) sono garantiti entro i limiti imposti dai dettati costituzionali e da istituzioni in qualche modo interessate al benessere collettivo, la fiducia verso la narrazione ufficiale avrebbe ancora un senso. Tuttavia noi ci troviamo ormai in un’epoca posteriore, che è quella in cui il profitto delle oligarchie finanziarie è la prospettiva prevalente quando non addirittura l’unica, in cui sono evaporate le forze politiche e sociali che potevano arginarne gli abusi e con esse evidentemente anche una quota importante di consapevolezza collettiva verso i drammi conseguenti la tirannia del mercato. Ecco perché si può ragionevolmente dubitare dell’efficacia e soprattutto della salubrità della ‘roba’ attuale senza essere contrari per principio ai vaccini, che indubbiamente rappresentano un progresso fondamentale nella storia della medicina.
Se abbiamo ministri che premono fanaticamente per l’inoculazione totale pur conoscendo sia i limiti che i rischi e per di più sapendo che vaccinare in presenza di un’epidemia favorisce l’apparizione di mutazioni virali sempre più resistenti, ciò non può essere ascritto solo a stupidità o ignoranza. Il fatto è che se milioni di persone rifiutano di assumere la ‘roba’ e poi si palesa una situazione in cui il tasso di letalità è identico tra costoro e gli obbedienti, con quale strumento si può far credere che serva una terza dose, o una quarta, o addirittura un richiamo periodico? In altre parole, come si può garantire che la gallina scovata dai Paperoni della finanza continui a produrre uova d’oro? Da qui all’obbligo vaccinale, imposto attraverso l’aggiramento dei principi costituzionali ovvero l’istituzione di una sorta di apartheid in cui chi non si sottomette viene privato dei diritti elementari, il passo è breve e sta per essere compiuto.
Le istituzioni genuflesse all’interesse privato sanno bene che col passare del tempo la quota di chi rifiuta la siringa di Stato si assottiglia, sia pure per rassegnazione o per quieto vivere. Sanno inoltre che anche se le piazze si riempiono di cittadini indignati, le rivoluzioni possono riuscire quando manca il pane ma non quando viene meno la libertà di andare al cinema o al bar. Sanno infine che una volta ottenuta l’obbedienza di fronte a norme dettate sulla base di narrazioni emergenziali, se ne potranno ottenere altre, anche di natura non farmacologica, laddove si riesca a soffiare a sufficienza nel pallone aerostatico della paura, cosa abbastanza semplice avendo il controllo totale sui canali d’informazione.
E se non sarà più la paura di un virus, sarà forse quella di una categoria di persone, un’etnia, una potenza straniera. Non è che dietro a tutto ciò vi sia un progetto diabolico partorito da grandi vecchi seduti intorno al tavolino. Si tratta piuttosto di tappe quasi obbligate lungo quel pendio su cui stiamo rotolando da decenni e che se non ci si ferma prima conduce alla completa egemonia del ceto possidente, dove l’unico diritto è quello del più forte, in una riproposizione assai più tragica che farsesca di quel mondo oscuro e barbarico da cui l’umanità pareva essersi liberata.
Se vivessimo in una società in cui i benefici dei grandi speculatori (pardon, ‘investitori’) sono garantiti entro i limiti imposti dai dettati costituzionali e da istituzioni in qualche modo interessate al benessere collettivo, la fiducia verso la narrazione ufficiale avrebbe ancora un senso. Tuttavia noi ci troviamo ormai in un’epoca posteriore, che è quella in cui il profitto delle oligarchie finanziarie è la prospettiva prevalente quando non addirittura l’unica, in cui sono evaporate le forze politiche e sociali che potevano arginarne gli abusi e con esse evidentemente anche una quota importante di consapevolezza collettiva verso i drammi conseguenti la tirannia del mercato. Ecco perché si può ragionevolmente dubitare dell’efficacia e soprattutto della salubrità della ‘roba’ attuale senza essere contrari per principio ai vaccini, che indubbiamente rappresentano un progresso fondamentale nella storia della medicina.
Ormai il modo di agire è chiaro: l’economia globale va smontata lentamente con un’alternanza di chiusure e riaperture calibrate in modo da poter essere gestita con liquidità a comando da concedere o drenare manovrando il mercato dei REPO.
L’emergenza sanitaria serve a creare quel clima di terrore necessario a far ubbidire all’istante le masse, le cui azioni devono corrispondere in tempo reale agli intenti economici pianificati centralmente.
https://andreacecchi.substack.com/p/il-jenga-dei-repo-3
Secondo la tesi di questo economista, la pandemia serve per bloccare l’economia reale e fare in modo che tutto il denaro proveniente dalle banche centrali con il Quantitative Easing non esca dal circuito della finanza e serva solo per la speculazione borsistica.
In questo modo, si taglia fuori il circuito sottostante della produzione e del commercio e si impedisce che si sviluppi l’inflazione con conseguente aumento dei tassi d’interesse e riduzione dei guadagni ottenuti dai centri finanziari con la speculazione.
La pandemia artificiale servirebbe, in pratica, alla grande finanza per tenersi tutto il denaro proveniente dai centri di emissione, senza lasciare neppure una briciola ai lavoratori dell’economia reale.
Un esempio di egoismo totale e assoluto, di spirito assurdamente disumano.
Ma questa è la legge del profitto e dell’espansione del capitale.
Resta da vedere se una società fondata su queste basi possa reggere all’infinito, passando da una bolla speculativa all’altra e favorendo il drenaggio continuo di ricchezza dalla base verso un vertice minuscolo di poche migliaia di dinastie bancarie.
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