Peccato che non esistano scommesse ufficiali, bookmaker o allibratori, altrimenti oggi sarei un uomo ricco: ci avrei giurato che il falso rottamatore avrebbe tirato fuori la presunzione di innocenza per salvare avvisati e inquisiti coinvolti in Mafia Capitale e conservare loro le cadreghe di governo, in particolare quella del viceministro Castiglione. Ma non è di questo che voglio parlare, non del garantismo da strada del bullo di Rignano , ma di come nell’ultimo quarto di secolo si sia trasformato un concetto basilare per la giurisprudenza in una sorta di garanzia di impunità per i potenti e sostanzialmente in un trucco per salvare i politici persino dal più ovvio atto dovuto o almeno dovuto nel resto del mondo, ovvero le dimissioni.
In realtà la presunzione di innocenza è stata brandeggiata prima dal berlusconismo e poi dall’insieme del sistema politico, come un’arma impropria, forzandone e deformandone il significato fino a farlo diventare uno scudo che ha bisogno di tre gradi di giudizio, cioè di molti anni, prima di lasciare il posto a una condanna o un’assoluzione definitiva. In realtà se per la singola persona, in quanto cittadino, la Cassazione conta agli effetti della pena comminata in appello, per la stessa persona in quanto politico non costituisce un passo significativo: la Corte infatti non si occupa dei reati accertati quanto del lato formale delle sentenze ovvero dell’esatta osservanza e uniforme interpretazione della legislazione. Non è in questione se uno ha evaso o rubato o corrotto, ma semmai l’entità della pena rispetto a un reato che la Cassazione può ritenere più grave o più lieve rispetto all’appello oppure – come spesso è accaduto – l’applicazione di un diverso calcolo della prescrizione o il vaglio di questioni attinenti alla competenza. Insomma non può occuparsi di riesaminare le prove, ma può solo verificare che sia stata applicata correttamente la legge e che il processo nei gradi precedenti si sia svolto secondo le regole. Per un parlamentare può significare non avere conseguenze penali, ma non significa certo un’assoluzione politica perché comunque i fatti sono provati e i giudici di ultima istanza non si occupano di smentirli.
In un certo senso con il secondo grado di giudizio termina la presunzione di innocenza in quanto tale e subentra una presunzione di non colpevolezza dal mero punto di vista giudiziario. Per la verità la presunzione di innocenza è più un modo esplicativo per far comprendere il principio generale, che una definizione formale e funzionale: infatti se dovessimo portarla alle estreme conseguenze non sarebbe possibile istituire un processo e nemmeno disporre alcuna misura cautelare. Giustamente la Costituzione al comma 2 dell’articolo 27 non parla di innocenza, ma di non colpevolezza, che è cosa diversa, perché tutela il cittadino, ma non ne nasconde o annulla la qualità di imputato. La stessa Corte Costituzionale con una sentenza del 1972 interpreta l’articolo 27 nel senso che l’imputato non deve essere considerato né innocente, né colpevole, ma soltanto imputato.
Mi scuso per l’andamento didascalico di questo post, ma è bene chiarire una volta tanto i termini delle questioni per evitare di farsi trascinare eternamente da totem mediatici e frasi fatte. Perché non c’è dubbio che la presunzione di innocenza sia stata trasformata dalla cattiva politica in una sorta di feticcio che permette un’impunità di molti anni e che talvolta per non dire quasi sempre (vedi Berlusconi) viene meno alla fine del ciclo politico piuttosto che determinarlo. Certo questo non sarebbe possibile se, come correttamente indica la Corte Costituzionale, ogni imputato fosse considerato semplicemente imputato senza potersi ammantare esclusivamente dell’innocenza presupposta dimenticando anche la colpevolezza potenziale.
Certo considerazioni del genere suscitano sempre nei cani di Pavlov prima la salivazione eccessiva e infine l’accusa di giustizialismo, che naturalmente non c’entra nulla, ma è solo il tentativo del potere di sottrarsi alle regole comuni e di essere legibus solutus fingendo assoluto rispetto delle regole, tanto che se ne riempivano la bocca proprio quelli che poi hanno trasformato in reato e in aggravante penale il semplice ingresso nel Paese. Proprio questi forcaioli con i poveri e con gli ultimi, quando si tratta del loro collo diventano allergici alla corda.
“semplicemente imputato”
a cotanta classe dirigente fosse anche in senso lato,
con sgherri annessi e connessi, uno potrebbe anche dare il titolo di “ducacontebarone”,
ma sempre imputati resterebbero in alcuni frangenti.
Vedo che preferisce i risultati ai principi. Non si dimentichi, però, che tutto poi diventa relativo.
“Nessun presunto innocente, solo imputati”
l’imputato non è colpevole fino a senteza definitiva, questo è e dovrebbe essere il mondo italiano…
altra cosa, TUTTA ALTRA COSA, è avere l’effettiva ed EFFICACE possibiltà, per TUTTI gli italiani a difendersi in giudizio, POSSIBILITÀ CHE IN ITALIA SPESSO NON C’È IN RIFERIMENTO PARTICOLARMENTE ALLE CLASSI SUBALTERNE, MA CIÒ AVVIENE PER VOLERE DELLE CLASSI DOMINANTI, SPESSISSIMO… QUINDI IN SOSTANZA IN ITAGGLIA, NON SIAMO TUTTI UGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE , C’È QUALCHE PRIVILEGIATO CHE È PIÙ UGUALE DEGLI ALTRI, COME NELLA FATTORIA DEGLI ANIMALI DI ORWELL!
Non mi sembra che la cronaca giudiziaria degli ultimi vent’anni abbia riguardato ciò che lei chiama le “classi subalterne”. Ma non è questo il punto. Ciò che mi fa orrore è leggere “semplicemente imputato”. A lei la lascia indifferente?
Nessun presunto innocente, solo imputati. E’ il vostro mondo kafkiano.
“la presunzione di innocenza”
il principio strettamente giuridico viene definito come “presunzione di non colpevolezza”
l’innocenza, quale termine strettamente tecnico giuridico, mi pare non venga considerato, sicuramente nei casi di cui sopra si parlerebbe in senso giuridico di “presunzione di non colpevolezza” ( nel senso che NON si è ancora dimostrata la responsabilità.