cioccolatoSiamo scesi al bar per prendere brioche e cappuccino e dobbiamo pagare un obolo, assecondare il barista quando ci dice che la soluzione dei problemi italiani è fare del sud Italia una grande Sharm el Sheik. Magari non proprio in maniera così volgare e cretina, ma insomma la sostanza è quella che abbiamo sentito tante volte, dal barbiere, al tavolino del caffè, in fila alla posta, sul bus. Eppure è la stessa cosa che ha detto il riverito patron di Eataly, che avendo avuto successo con la sua idea da acchiappacitrulli, nel tempo della citrullaggine generalizzata, è adesso autorizzato ad essere l’ennesimo vate di questo Paese tormentato, dicendo robaccia che non vale un soldo bucato, considerando le persone, le culture la vista alla stessa stregua delle mozzarelle e dei salami.

Ma è solo un esempio: una folla di altri sciamani che hanno tempio e obolo nei media costruiscono per gli ignari cittadini una narrazione, sempre uguale come un responsorio, intessuto di frasi fatte, di pensieri costruiti con il lego, di cose che sia la scienza economica che la realtà hanno falsificato da tempo, ma che ormai non sono più oggetto di ragionamento, bensì di fede: l’idea che meno diritti moltiplichi i posti di lavoro, che meno salario sia la strada della competitività, che l’offerta crei la sua domanda, che la causa del declino sia lacci e lacciuoli, mentre si fa bruciare un’incenso denso di ipocrisia attorno all’altare della flessibilità e della meritocrazia, la cui assenza è l’unica ragione per la quale i vati dello sciocchezzaio hanno visibilità. Tutto questo serve naturalmente ad aumentare i profitti e a trasferire altra ricchezza nelle mani dei ricchi, ma rivela anche come l’invenzione del “postmoderno” che preconizzava la fine delle grandi narrazioni ideologiche, non era che la prefazione al grande libro della narrazione liberista che pretende di non essere più una visione parziale e classista della realtà, ma la realtà stessa.

Certo è difficile far collimare le vite delle persone con idee prefabbricate su ordinazione di chi ha abbastanza soldi da pagarle (il tema meriterebbe un interessante excursus sulle istituzioni didattiche, accademiche e di ricerca americane) ed è per questo che la fede ha bisogno di una continua fiction che si sovrappone all’evidenza, che richiede narratori  interessati, acefali e/o disonesti, mentitori senza scrupoli o sprovveduti cantastorie che riempiano i vuoti tra i principi primi e il reale, come sta accadendo in questo drammatico passaggio tra democrazia e oligarchia. L’importante è che nessuno faccia domande imbarazzanti, chieda ragione di ciò che si afferma, insomma denudi i sacerdoti. Nessuno ha chiesto – faccio un piccolo esempio di giornata – a Scaroni, amministratore di Enel quale miracolo gli faccia supporre che l’Italia improvvisamente non abbia più bisogno del gas russo, quando è da lì che importa il 45% del suo fabbisogno con un significativo aumento di anno in anno. E nessuno chiede al giornalista anticasta del Chrysler della Sera che esalta la meritorcrazia che regnerebbe nel privato, la ragione dei giganteschi bonus che vengono pagati anche a chi manda all’aria intere imprese e settori economici, magari vitali.

Il fatto è che l’ideologia post modernista ideata Chicago e cucita a Parigi dai soliti stilisti della griffe a penser, ha semplicemente eliminato il futuro come dimensione dell’agire sociale e politico, dichiarando che uscire dalla merda è una inconsistente “meta narrazione”. Il che naturalmente implica che una narrrazione ci sia: quella che ci dice che nel secchio c’è solo cioccolato. Insuperabile quello made in Eataly