Quasi mille feriti, proiettili di gomma, arresti, assalto della guardia civil ai seggi per impedire il voto, barricate, immagini di violenza poliziesca persino sugli anziani, gente che si mette davanti ai mezzi della polizia come in Piazza Tienanmen e questa volta senza montaggi o ricostruzioni mitologiche: insomma scene come se ne vedono in qualche angolo lontano del mondo con l’ottusa convinzione che da noi queste cose non possono accadere. E tuttavia il referendum per l’indipendenza della Catalogna ha superato ogni aspettativa di partecipazione al voto viste le condizioni in cui si è svolto: più di due milioni e 200 mila persone sono andate a mettere la scheda e ill 93% per cento di loro ha detto sì all’indipendenza.
Ma a questo punto i numeri hanno un’importanza relativa: ciò che è morto nelle strade di Barcellona è l’idea civile e democratica di un’Europa che sta progressivamente gettando la maschera: al suo posto vediamo un’ Unione, che fa le pulci al Venezuela per molto meno di ciò che è accadto in Catalogna, che istituisce i ministeri della verità, censura i media russi in un crescendo di isteria, che ha tollerato e anzi appoggiato l’ormai conclamato franchismo del governo di Madrid, necessario al mantenimento dello status quo finanziario e delle istituzioni che lo rappresentano, come del resto appoggia concretamente il nazismo in Ucraina, l’autoritarismo in Ungheria e Polonia ogni e qualunque schifezza nei Paesi baltici o il mantenimento ad libitum di un regime extra costituzionale in Francia. La democrazia e la partecipazione sono ridotte a miserabili pretesti gestibili di volta in volta vuoi per glorificare i golpe contro governi liberamente eletti, vuoi per demonizzare la partecipazione popolare quando essa va contro i governi amici o si orienta su personaggi lontani dall’establishnet.
Nel recente passato l’arma utilizzata è stata una densità senza precedenti di minacce banco – finanziarie e campagne mediatiche pervasive e pressoché univoche grazie a un sistema mediatico ridotto a megafono del potere, ma questa volta si è permesso che un regime amico mostrasse il suo vero volto, la sua radicata ispirazione all’ultimo totalitarismo nazifascista sopravvissuto in Europa dopo la guerra, di fatto arrivando a innescare una sorta di guerra civile visto – tanto per dirne una – che la polizia catalana e impompieri si sono rifiutati di obbedire agli ordini di Madrid e alla sua vera e propria occupazione. Tutto questo è tanto più grave perché la possibilità che un referendum sull’indipendenza della Catalogna raggiungesse la maggioranza era davvero minima e tutti i protagonisti lo sapevano benisimo: una condizione ideale per lasciare spazio al dialogo e alla trattativa piuttosto che alla repressione militare. Ma in questo caso hanno prevalso i bassi e irrefrenabili istinti del franchismo conservatore di Rajoy, timoroso forse che una buona percentuale degli indipendentisti al referendum avrebbe indebolito la posizione sua e dell’elite cui fa riferimento o forse semplicemente che un “atto di debolezza” – così questi signori interpretano un referendum – avrebbe aperto la porta ad analoghe richieste: insomma ha voluto dare un esempio, usare la forza e dare prova di incommesurabile idiozia. Abbandonando la persuasione in favore della repressione il governo di Madrid è riuscito a dare una base di piena legittimità alle richieste di indipendenza. L’Europa invece di arginare questa strategia di azione l’ha coperta pur rendendosi conto dei pericoli insiti nell’azione di Rajoy e ha preferito rimanere a fianco del suo uomo di Madrid, per interesi evidenti e timori per lo status quo, ma anche per una forma di rigetto e sospetto contro ogni forma di consultazione popolare. Così quello stesso continente che è accorso a fianco degli Usa per distruggere la Jugloslavia in nome dell’autonomia e dell’indipendenze delle sue regioni, poi con la Scozia e con la Catalogna, ha seguito l’orientamento esattamente contrario, segno che ormai l’Unione non ha più idee o ragioni, ma solo interessi e pretesti.
Con questo risultato: ciò che prima era un’aspirazione all’indipendenza più gettata sul tappeto dalle elites locali per ottenere maggiore autonomia, si è e prima saldata al desiderio di sfuggire alla mannaia dei diktat europei e adesso, con la stupida repressione del referendum na acquistato un vero, visibile nemico ede è divenuta dunque una lotta concreta.
Le teorie economiche Keynesiana sono , forse le uniche teorei economiche che si prefiggono un equilibrio economico massimizzante l’occupazione del fattore Lavoro.
Chi ha orientamenti laburisti ne dovrebbe trarre le conseguenze nel breve-medio periodo.
il fatto che se lo prefiggano non significa che ci riescano o gli sia possibile. Sapesse quante cose io mi prefiggo…
Beh… le politiche Keynesiane sono state per un lungo periodo di tempo in termini economici,quelle che storicamente hanno dimostrato maggiori potenzialità nello sviluppo dell’economia e del benessere, tramite anche la redistribuzione del reddito.
Le utopie anti capitalistiche senza un minimo di tattica e di strategia, o tendenti all’equiparazione di classe di nazionalità diverse, troppo diverse, fino ad ora hanno portato ad un nulla di fatto o quasi.
Lei Jorge parla della fine del kapitalismo, e si può condividere questa visione…solo che a mio avviso anche finisse il capitalismo il tutto nella migliore delle ipotesi così a naso,si svilupperà nell’arco di 30 anni almeno… e nel frattempo, che politiche economiche implementare ?
Nel lungo periodo, siamo tutti morti.
Perche la filosofia anti capitalistica purtroppo non si mangia.
Beh…i neo liberismo manco si prefigge di massimizzare l’occupazione dei lavoratori , valorizzando implicitamente, almeno in parte, il lavoro … la scelta è tra politiche simil Keynesiane o tra quelle neo liberiste…
la terza via sarebbe vaticinare la fine del kapitalismo per i prossimi 30 anni almeno, nutrendosi , nel frattempo, di erbe selvatiche e bacche.
vedo che Lei Jorge ha la modestia di paragonarsi a keynes…
@ Anonomo Logica vuole che la causa preceda l’effetto, e non viceversa, la tempistica è importante per questo.
Se gia nel 1970 l’inflazione Usa era al 10%, ed a questa data già gli Usa
esportavano inflazione grazie allo stampaggio di dollari staccato dall’oro, allora è insostenibile che l’inflazione ovvero la crisi degli anni 70 nasca con lo shoc petrolifero del 1973
Nel 73/74 gli arabi aumentavano il prezzo del petrolio perchè il dollaro era gia molto indebolito e svalutato. L’aumento del prezzo del petrolio cioè, doveva compensare il minor guadagno in termini reali che toccava agli arabi stante il dollaro già molto svalutato. Ergo, il rialzo del greggio decretato dall’opec era la conseguenza di una crisi ed una inflazione pre-esistente (crisi del keynesismo), per quanto tale rialzo a sua volta favorisse l’inflazione e la crisi.
Invece, il tizio del filmato dice assurdamente che nei 70 non vi fosse crisi del keynesismo e tutti i guai dipendessero dalla decisione dell’opec di rialzare il prezzo del greggio
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Trappola della liquidità : al di là dei paroloni (moderno latinorum ovvero ideologia), la questione si riduce al fatto che la gente perde la fiducia nell’economia e risparmia, ovvero non consuma e la economia si blocca.
Ma perchè mai dovrebbe perdere fiducia nell’economia, senza fattori di crisi già in atto? Forse la a crisi nasce da immotivate epidemie di panico?. C’e bisogno di vedere il figlio disoccupato, difficoltà a pagare il mutuo, un calo dei guadagni, cioè difficolta oggettive espressione di una crisi già in atto. Altrimenti, saremmo alle immotivate epidemie di panico
Altra cosa è dire che la mancanza di fiducia danneggia l’economia, ma la fiducia viene minata da fattori oggettivi espressione della oggettività del Capitale, altrimenti saremmo di nuovo alle immotivate epidemie di panico elette ad origine della crisi
Inoltre, Gentile Anonimo., Lei farebbe cosa Graziosa se formulasse di persona le Sue obiezioni, un confronto diretto con le pagine di Keynes io a a suo tempo già lo ebbi, e credo che anche i Tanti che si interessano ai Suoi commenti preferirebbero un confronto diretto con le facoltà viventi della Sua mente, il confronto civile e politico, ovvero la democrazia, è questo, i libri da leggere si comprano in libreria ed un confronto basato a colpi o citazioni di questi diventa mera accademia
P. S. tenga presente che con questa cosa della crisi dovuta alla psicologia del risparmiatore Keines implementa una tendenza antiscientifica che diventerà ossessiva negli economisti successivi, ormai l’economia, a corto di argomenti oggettivi per il non voler mettere in causa il Capitale, sostituisce a questi dei presunti atteggiamenti psicologici naturali, che guarda caso sono quelli del capitalista che è capace solo di competizione
Lei ai tempi di quando keynes ha formulato le sue teorie , non c’era e quindi non può stabilire con buon grado di realismo i comportamenti che assumevano i consumatori-risparmiatori per contrastare le cris economiche…
ma è presento al giorno d’oggi, secondo Lei, nei recenti anni di crisi economica visto l’affidabilità delle banche , proprio a nessuno è venuto in mente di tesaurizzare la moneta ?
Non le è proprio mai capitato, negli ultimi anni, di sentire fra il serio ed il faceto una frase del tipo: beh, a sto punto il denaro sarebbe meglio nasconderlo sotto al materasso ?
Forse Lei non fa parte della classi subalterne italiane…
Probabilmente di questi anni i fatto che le politiche monetarie abbiano poco effetto dipende di più dall’impiego della nuova moneta emessa dalla BCE in ambito finanziario piuttosto che nel circolo dell’economia reale.
Ciò non esclude che possano persino esserci fenomeni di tesaurizzazione della moneta da parte dei singoli soggetti economici.
La trappola della liquidità , e la propensione per la liquidità POSSONO ESSERE CONSIDERATE DEGLI ASSIOMI … è quanto meno intuitivo che in fasi di cri economiche l’idividuo mantenga della liquidità senza investirla in titolo ( magari quelli mitologici delle banche itaGliane…) o spenderli in prodotti pe runa forma di prvenzione-cautela-prudenza contro negativi imprevisti correlati ad una caotica crisi economica.
Poi se i soggetti che si avvantaggiano dell’emissione monetaria della BCE, non investono detta liquidità nell’economia reale dei motivi possono esserci , no?
Potrebbero essere : pochi investimenti dovuti a scarsa domanda di beni e servizi dell’economia reale… il consumantore non può o non si fida di spendere per i consumi… addirittura potrebbe tesaurizzare parte del suo reddito diffidando dell’andazzo della crisi economica ( propensione per la liquidità, trappola della liquidità…).
“P. S. tenga presente che con questa cosa della crisi dovuta alla psicologia del risparmiatore Keines implementa una tendenza antiscientifica che diventerà ossessiva negli economisti successivi, ormai l’economia, a corto di argomenti oggettivi per il non voler mettere in causa il Capitale, sostituisce a questi dei presunti atteggiamenti psicologici naturali, che guarda caso sono quelli del capitalista che è capace solo di competizione”
L’ECONOMIA È UNA SCIENZA SOCIALE,NON (!) UNA SCIENZA NATURALE; TENER CONTO DELLA PSICOLOGIA DEI SOGGETTI ECONOMICI È FONDAMENTALE.
In economia, tener conto della psicologia dei soggetti economici, è una forma di verifica empirica, ma può essere anche un assioma.
Chi in economia ( e nelle scienze sociali in genere…) non tiene conto della psicologia dei soggetti economici e dei correlati comportamenti, non sta parlando di economia, ma di “pensiero magico” basato perlopiù su fantasie.
Se Lei Jorge dice che negli anni 70 l’inflazione ha preceduto l’aumento del petrolio, potrebbe portare un po’ di documentazione, anche per mia curiosità.
Risposta al suo commento dal post su Rahoji:
“basti dire che per Keynes lo squilibrio foriero di crisi, che il deficit spending dovrebbe colmare, sarebbe dovuto alla tendenza della gente a mettere da parte dei risparmi : una spiegazione che più ideologica non si può, un presupposto che inficia tutta la teoria del pur brillante Keynes.”
la trappola della liquidità non è motivata-argomentata in modo così dozzinale come la motiva Lei Jorge:
https://it.wikipedia.org/wiki/Trappola_della_liquidit%C3%A0
il petrolio , in un sistema di produzione industriale, è la prima dell materie prime, è carburante,è energia, e l’aumento del petrolio si riperquote su gran parte costi di produzione creando dome dice il filmato inflazione da costi (!) e non da eccessiva domanda
( questo argomento fa riferimento a fenomeni EMPIRICAMENTE-ECONOMICAMENTE E MATEMATICAMENTE VERIFICABILI…) … poi le date non ce le ho per le mani potrebbe pubblicarle Lei, e sulle date potrebbe avere ragione Lei anziche un economista dell’università spagnola.
Non è che se Lei, cita random il termine ideologia, poi tutto ciò che è scritto nelle teorie di Keynes, diventa ideologia… en passant:
metodo scientifico: osservazione del fenomeno, formulazione dell’ipotesi, verifica dell’ipotesi, formulazione della teoria (scietnifica…)…questi elementi sono presenti nel metodo di analisi Kynesiana.
Dopo aver osservato attentamente un fenomeno , colui che vuole analizzarlo può formulare un ipotesi partendo da degli Assiomi.
Dopodiché Popper diceva che un dei requisiti della verità scientifica è quello della falsificabilità, altrimenti si tratterebbe di dogma religioso o ideologia.
Lei che sembra stimare Giacche, economista “comunista”, non si rende conto che fa riferimento anche a teorie Keynesiane sul lavoro e sull’inflazione oltre che alla curva di Philips, la cui validità si è dimnostrata nettamente con l’ingresso nell’euro da parte dell’itaGllia…cioè buona stabilità dell’inflazione e del valore della moneta, contro (effettiva ) alta disoccupazione e svalutazione dei salari…Keynes era d’accordo che in momenti di disoccupazione i salari sarebbero calati come teorizzavano i neo classici…solo che Keynes teorizza un’economia di piena occupazione ( del lavoro , ma di tutte le risorse economiche…)… molti dei neoclassici teorizzavano salari di sussistenza ed un equilibrio economico con alti tassi di disoccupazione.
per brevità, da wikipedia:
“La curva di Phillips oggi
Gli economisti più pragmatici continuano a utilizzare la curva di Phillips. Tuttavia, al contrario della curva di Phillips statica che fu popolare negli anni ’60, la nuova curva può sopportare alcuni cambiamenti, così che seguire una certa politica può avere differenti risultati in differenti periodi temporali; il trade-off può peggiorare (come negli anni ’70) o migliorare (come negli anni ’90)
Questo può essere visto in un’analisi dell’inflazione e dei dati della disoccupazione nel 1952-1953 negli Stati Uniti. Non c’è una singola curva che sia adeguata ai dati, ma ci sono tre sufficienti approssimazioni aggregate: 1955-71, 1974-84 e 1985-92, ognuna delle quali mostra un generale e decrescente andamento, ma traslate a tre livelli differenti. I dati del 1953-54 e 1972-73 non si possono raggruppare facilmente e una più formale analisi porterebbe a cinque gruppi/curve sul periodo considerato.
Nel 1993 Paul Ormerod usò i dati del 1953-92 per adattare statisticamente la curva di Phillips alle relazioni tra inflazione e disoccupazione, non ai tassi, ma alla “variazione dei tassi”; mostrando una valida relazione per l’intero periodo.
π=π°(u-u*)”
Nelle teorie Keynesiane sulla moneta, esiste il concetto della propensione alla liquidità: in periodo di crisi economica il risparmiatore tende a non vincolare i propri risparmi in titoli di credito ( privati o pubblici…) così facendo trasferisce la propria insicurezza dovuta alla cri economia al mercato del credito per ivestimenti, che avrà minori risorse temporalmente stabili ( non vincolate per tempi certi…).
In casi estremi si giunge alla trappola della liquidità con tesaurizzazione della moneta.
Da wikipedia:
« Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi. »
(John Maynard Keynes, Autosufficienza nazionale, 1933)
per la Catalogna:
https://www.youtube.com/watch?v=iUM0dyUTe6A
L’ha ribloggato su terzapaginae ha commentato:
ciò che prima era un’aspirazione all’indipendenza più gettata sul tappeto dalle élites locali per ottenere maggiore autonomia, si è e prima saldata al desiderio di sfuggire alla mannaia dei diktat europei e adesso, con la stupida repressione del referendum ha acquistato un vero, visibile nemico ed è divenuta dunque una lotta concreta.