imagesAnna Lombroso per il Simplicissimus

Non c’è da stare tranquilli. È vero, l’Italia gode di una apparente quiete un po’ appartata, a volte fare i maggiordomi serve, abbiamo dimostrato e mostriamo la nostra subalternità comprando aerei taroccati, droni cui aggiungere armamentari in seconda battuta quando il padrone ce lo concede, continuare con l’empio export verso stati criminali però nei “limiti di legge”, offrire un’isola come trampolino di lancio e hangar, ma, vien da dire fortunatamente, nel cosiddetto scacchiere contiamo poco.

Ma sarà meglio non abbandonarsi all’ottimismo, giocare a battaglia navale, piantare, come faceva Totò generale a riposo, le bandierine sulla carta geografica, assistere alla geurra in tv con gli aerei abbattuti e i paracadute che scendono piano piano con il pilota morto appeso, come fosse il sequel di Top Gun.

Ci siamo in mezzo e qualcuno  reclama per esserci di più, mentre invece i più cauti e composti, proprio come gattoni che allungano la mano sul sorcetto, lasciano le grida, le invettive, le minacce ai soliti impresari della paura, mentre approfittano del clima di “eccezione”, per risolversi qualche problema interno. Non sono tempi facili per l’eterno boy scout che probabilmente non è solleticato dalla brezza di guerra, perché nella nebbia ansiogena del panico, dell’allarme tutti i gatti sono grigi e lui si deve dar da fare con quelli che per lui sono semi-terroristi, comunque  destabilizzatori: gli irriducibili Bassolino, De Luca, la fronde mai palesi, ma che brontolano, circoli che recuperano il marziano, gente che ammicca a Civati, quelli usciti che meditano la contro Leopolda. Non sa se fare l’Hollande del Pd o scegliere una strada di normalità, con le primarie in simultanea, magari online, recuperando consensi e promuovendo annessioni, pare, perfino quella di Alfano.

Se l’Isis gli dà una mano, potrebbe ancora una volta vincere. E non siamo cinici noi a pensarlo,   lo è invece un sistema ormai sovranazionale che approfitta di morti, irrazionalità, terrore, diffidenza, paura per consolidare un regime “speciale”, un’irregolarità resa legale dall’emergenza, come ha già cominciato a fare convertendo la crisi in uno stato di necessità che ha preteso inevitabili rinunce, riconsegna di conquiste, cancellazione di garanzie.

Non c’è stato nemmeno bisogno di seppellire definitivamente il relativismo culturale, per spiegare i fatti di Parigi come la fisiologica estremizzazione dei codici della religione mussulmana, che avrebbe connaturate violenza, barbarie e che per sua natura sarebbe refrattaria a logica, umanità e democrazia, che contraddistinguono invece la nostra civiltà.

Mi devo essere persa qualcosa in meritò alle  virtù, comprese quelle intrinsecamente legate alle nostre radici cristiane, che contraddistinguono la nostra metà del mondo dove le donne continuano a essere discriminate nel lavoro e ammazzate in famiglia, dove la stampa è imbavagliata da censure, da ricatti o da viltà come deformazione professionale, dove allignano razzismo e xenofobia, dove non si fanno affari se non attraverso le scorciatoie della corruzione e del clientelismo, dove da secoli partono guerre coloniali per fare razzia di risorse, ricchezze, forza lavoro a buon mercato, beni archeologici, interventi che oggi vanno per lo più sotto il nome di esportazione di democrazia e di “valorizzazione”, che significa disboscare intere regioni pe ri nostri hamburger o per il nostro parquet.

Si, mi devo essere persa qualcosa se tutti quelli che da anni criticano il mercatismo, la mercificazione, il consumismo che hanno eroso la nostra impalcatura di principi e ideali, sono gli stessi che oggi si stupiscono che quella parte del mondo dove sorge il sole si sottragga alla loro fascinazione e egemonia, che si rifiuti di essere riverberata dalle luci scintillanti dei centri commerciali, delle  nuove Mille e una Notte sotto forma di soap, dalla seduzioni di acrobatiche libertà sessuali. Come se là le disuguaglianze non avessero nei secoli e oggi ancora di più separato drasticamente chi ha da chi non ha, permettendo ai primi di annettersi lussi, piaceri,  beni, privilegi che ormai hanno una qualità globale, sommergendo sempre di più gli altri, costretti negli accampamenti, nei barconi, nelle bidonville, sempre in fuga da   morte, miseria,  guerra per andare, salvo nel primo caso, dove nessuno li vuole mentre in loro cresce rabbia, frustrazione, collera. E come se qui ogni giorno di più non fosse in atto lo stesso tremendo processo di dequalificazione e demoralizzazione delle nostre esistenze, non fossero sempre più profonde e insormontabili le disuguaglianze, labili i diritti, trasformati nel migliore di casi in elargizioni arbitrarie, umiliato il lavoro convertito in servitù, discrezionali le libertà, protezioni sociali annullate, incerto il futuro visto come una minaccia anziché essere un’aspettativa piena di speranza.

Si vede che quei valori fondativi della civiltà occidentale, che pareva avessero trovato coronamento in democrazie incomplete è vero, ma nate dal riscatto, non erano abbastanza forti per resistere alla pressione inumana e incivile del capitalismo nelle sue trasformazioni, nell’eterno avvitarsi della storia sull’eterno perno dello sfruttamento, dell’avidità e dell’accumulazione. Certo abbiamo Mozart, abbiamo meravigliosi paesaggi che abbandoniamo o oltraggiamo per intenti speculativi o trascuratezza, abbiamo libri che nessuno delle elite contemporanee sembra voler leggere, visto che non imparano nulla dal passato e non vedono nulla del presente, abbiamo bellissime carte dei diritti che quelle stesse elite stanno stracciando, abbiamo palazzi che mettiamo all’incanto, come coste e isole.

Avevamo libertà, limitate certo, ma che ancora ci illudevano di essere nati dalla parte giusta, di aver estratto il biglietto fortunato della lotterai naturale. Fino ad oggi  abbiamo assistito, un po’ troppo inerti, al progressivo  restringimento del perimetro affidato  alla decisione democratica,  dalla riduzione dei poteri dei  Consigli comunali alla riforma del Senato, dalla sedicente  abolizione delle Provincie alle limitazioni al diritto di sciopero, dalla legge elettorale alla negoziazione esautorata, dal ricorso incessante al voto di fiducia alla decretazione d’urgenza.

Ma non c’è da stare tranquilli, esistono le premesse per leggi speciali, regimi d’eccezione, violazioni legali se non legittime, di libertà di espressione e circolazione. E dove non ci saranno imposizioni, misure e provvedimenti ci potranno essere autocensure, crescerà la paura, si gonfierà la bolla della diffidenza e dell’odio.  Ma pare che i gesti e i pensieri opporsi all’orrenda normalità della violenza siano quelli della derisa utopia, quella della pace, dell’uguaglianza, della libertà, alla cui luce è obbligatorio non sottrarsi, pena la vita, la dignità, l’umanità.