L’immensa manifestazione di Barcellona a sostegno del referendum per l’indipendenza della Catalogna non è solo un’immagine di riconquista delle vie e delle piazze, richiede un’attenzione che va al di là della straordinaria partecipazione per ciò che essa significa e per ciò che in essa va maturando. Innanzitutto occorre sottolineare che alla testa dei movimenti indipendentisti non c’è più la destra locale il cui leader storico è incappato proprio nelle scorse settimane in un’inchiesta per corruzione, ma a scorno di Madrid, dalla sinistra rappresentata in primo luogo da Esquerra Republicana che oggi è dato dai sondaggi come il primo partito catalano.
La cosa, al contrario di quanto possa sembrare, è del tutto ovvia: le formazioni di destra possono fare appello solo a sentimenti identitari, al ricordo dell’antica indipendenza della Catalogna, ma quanto al resto hanno un’enorme difficoltà ad uscire dalle logiche del capitalismo finanziario, potendo al massimo proporne una visione localistica o litigare con Madrid su soldi e competenze, senza però poter attaccare Rajoy sul piano delle scelte politiche di fondo, un po’ come è accaduto con il vacuo secessionismo strapaesano legista. La sinistra può invece mettere in campo una visione anti crisi del tutto diversa e affermarla nell’ambito di un’indipendenza che è vista anche, anzi in primo luogo come emerge dalle statistiche di opinione, come liberazione dai diktat ossessivi di Bruxelles, voce istituzionale e formale dei poteri finanziari. Insomma questione sociale e indipendenza si vanno saldando mettendo vento nelle vele della sinistra radicale, altrimenti costretta all’osservanza dei massacri sociali per onorare irrealistici feticci.
Non è un caso che in prima linea contro le richieste di indipendenza della Catalogna, ma anche della Scozia, (dove lo Scottish National Party è di ispirazione social democratica decisamente più salda dei laburisti locali (*vedi nota), ci siano prima ancora dei governi nazionali, proprio le banche e Bruxelles che mettono in campo le più stravaganti, inconsistenti e risibili ragioni per deplorare una simile eventualità. In realtà ciò che si teme è che sottratta all’influenza della City o dell’apparato semi franchista di Madrid, i nuovi Paesi rifiutino le logiche europee dando inizio a una reazione a catena che potrebbe toccare anche la Nato. Del resto la straordinaria manifestazione di Barcelona è stata scalfita dal tentativo delle squadracce del fascismo madrileno di creare incidenti: il braccio armato è sempre quello da Kiev alla penisola iberica.
- Nel programma del paritito che attualmente è al governo della Scozia figurano il disarmo nucleare, la tassazione progressiva, la redistribuzione della ricchezza, lo sradicamento della povertà, sussidi agli studi superiori e uscita dalla Nato.
Aggiungo una considerazione di carattere generale. Se una delle ipotesi in campo è che si stia preparando una guerra di ampie dimensioni allora l’indipendenza della Scozia e della Catalogna sono ovviamente due ulteriori micce utilizzabili per portare la guerra nel cuore dell’Europa. Pensiamo a questo scenario: la Scozia vince il referendum, la Gran Bretagna non riconosce il risultato e procede a delle sanzioni. La Russia si schiera a favore della Scozia. Ci ritroveremmo con un secondo caso Ucraina, valido anche nell’evenienza che sia la Scozia a perdere il referendum ma, non riconoscendolo, proclami ugualmente il nuovo stato. Idem per la Catalogna che sta già proclamando referendum completamente al di fuori di ogni legalità costituzionale, come se già non facesse più parte della Spagna. Anche qui la Russia potrebbe supportare i catalani nel caso di conflitto con la Spagna. E sarebbe il terzo caso Ucraina nel giro di pochi mesi. Cosa hanno in comune queste tre nazioni/regioni? Che hanno una percentuale molto alta di abitanti che non sono linguisticamente o culturalmente ucraini, scozzesi o catalani. Ossia si ha la tipica situazione da guerra civile.
E quali sarebbero le altre possibili conseguenze di una indipendenza di Scozia e Catalogna? Mi sembra ovvio: che tutti gli indipendentismi d’Europa si rimetterebbero in moto. Perché la Val D’Aosta o il Tirolo dovrebbe stare a vedere? Nella stessa Spagna ci sono altre regioni pronte ad imbracciare l’indipendenza. Non parliamo poi del Belgio o dell’Alsazia e di tutti i revanscismi che potrebbero saltar fuori.
Contro questi scenari parla però prepotentemente il fatto che gli Stati Uniti, che hanno fatto di tutto per unificare a forza l’Europa (anche se hanno usato la dimensione oscura della forza, ossia l’astuzia) non credo siano disposti a vedere vanificato il loro lavoro. E tuttavia non vi è contraddizione tra questo obiettivo e l’indipendentismo scozzese e catalano in quanto la situazione di incertezza e caos generata anche senza che vi sia bisogno del materializzarsi di una guerra totale (ma eventualmente locale sì) serve comunque per vendere più armi a tutti quanti e far indebitare vecchie e neonate nazioni. Anche qui Ucraina docet.
Faccio un’ultima osservazione sulla situazione catalana che conosco meglio. L’indipendentismo catalano nasce nella connivenza più totale con il governo Rajoy che avendo avuto mille occasioni per sopprimerlo alla radice lo ha invece tollerato, se non promosso, attraverso una politica di voluta disattenzione e finte minacce. E’ chiaro dunque che Rajoy segue la partitura di una qualche ambasciata locale, di quelle la cui bandiera è piena di stelle. Stesso discorso per Artur Mas che, pendenze processuali a parte*, è il vero leone dell’indipendentismo catalano, gran parlatore e fantastico portavoce delle istanze dell’indipendentismo catalano in tutto il mondo. Eppure egli sembra accettare di buon grado il ruolo di qualcuno che sta facendo la battaglia non per il proprio partito ma per far vincere qualcun altro, Esquerra Republicana per esempio. La cosa ci ricorda, tra l’altro, i paradossali sforzi di Hollande per far vincere la Le Pen alle europee. Tutto, insomma, sa pesantemente di regia esterna.
* Wikipedia spagnola ci racconta: “Durante su etapa de Consejero [Mas] se vio envuelto en los casos de corrupción denominados del 3%, en referencia a las comisiones que cobraba su partido por adjudicaciones públicas.”
Per conoscere tutti gli altri misfatti imputati a Mas, Pujol e i suoi, ci sono decine e decine di articoli e video del giornale liberista di destra Libertad Digital che attraverso un altro grande parlatore, Federico Jiménez Losantos, non perde un’occasione per rivelare le “malefatte” dei catalani (e anche di Rajoy, però!).
Sarà… ed e’ spontaneo compartecipare dell’entusiasmo della folla e dell’idealità di certe parole, indipendenza, sovranità, libertà etc.
Sia data, se non ancora concessa, l’indipendenza (scozzese) e l’avocato controllo di banche e multinazionali. Se le medesime trovassero condizioni migliori a sud del nuovo confine, vi si trasferirebbero con la facilità della proverbiale piuma al vento. Come, ad esempio in America, dove la perniciosa Burger King, sorella di McDonald, ha recentemente traslocato i quartier generali dagli US in Canada per pagare ancor meno tasse e continuare a pagare i lavoratori con salari da pezzente.
Ma l’articolo, se mi e’ permesso, contiene anche qualche inesattezza. Lo Scottish National Party vuole che la Scozia faccia parte sia della Nato che dell’Unione Europea. Vedi http://www.bbc.com/news/uk-scotland-scotland-politics-19993694.
E parimenti, l’ Esquerra Republicana de Catalunya (Sinistra Repubblicana di Catalogna) vuole partecipazione alla Nato e alla EU.
Quanto alla storia, si sa che e’ fatta di interpretazioni, ma con la Spagna, la romanticamente perduta indipendenza della Catalogna nel 1714 e’ (appunto), un’interpretazione romanzata della storia. La ‘guerra di indipendenza’ era in realtà la guerra di successione spagnola tra le potenze europee del tempo, per stabilire chi doveva succedere a Carlo II sul trono di Spagna. La corona di Aragona non combatteva per una Catalogna indipendente ma si era alleata ai (perdenti) Asburgo, che volevano il loro Arciduca Carlo sul trono di Madrid, invece di Filippo V, favorito dai francesi. Due notevoli compromessi della stessa guerra (peraltro molto complicata), furono il ritiro dall’Italia della Spagna manzoniana a cui subentrò’ l’Austria, e la cessione di Gibilterra all’Inghilterra (trattato di Utrecht).
Il nazionalismo catalano ha origine nel XIX secolo, come conflitto tra la borghesia mercantile e manufatturiera locale e l’aristocrazia latifondista dominante a Madrid. Ma quando il potere dell’autentica “sinistra” di allora si fece un po’ troppo forte, la borghesia della Catalogna si alleò con Madrid (da cui poi Franco & C.).
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