Anna Lombroso per il Simplicissimus

E non venite a dire che sono tutti uguali.  Anche il fronte progressista, pur nella ricerca di unità di pensiero e intenti, fa le sue differenze.

Per esempio da giorni campeggia sui social una foto della Gelmini che ricorda che questa esponente della futura grosse koalition che aiuterà il vitellone Calenda a costruire un grande partito liberale riformista e popolare, sotto l’immagine di Albertone “lavoratori prrrr”,  deve essere ricordata come l’attila della scuola pubblica.

Come a dire che un simpatico colpo di spugna è stato passato sulla lavagna con su scritto buona scuola, la controriforma di Renzi, quella dell’autonomia scolastica e del  mansionario del dirigente, lo sceriffo garante dell’egemonia del marketing applicato all’istruzione, riconfermato dall’istituzione del curriculum che valorizza il prodotto studente, futuro lavoratore, dell’alternanza scuola lavoro che ha già mietuto vittime e così via.

Eppure non basta mai: intervistata dall’immarcescibile MicroMega ecco Chiara Saraceno sociologa, filosofa e accademica che ha guidato il Comitato scientifico sul Reddito di cittadinanza su nomina, “larga”, del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali uscente, Andrea Orlando, puntare il dito contro chi vuole cancellare il reddito di cittadinanza:  Renzi, direte voi, quello che ha lanciato il referendum abrogativo farsa.

Macchè, eccola qua: “un governo Meloni-Salvini, mette in guardia la Saraceno,  si metterebbe subito al lavoro per abolire il Reddito di cittadinanza, pur ammettendo che all’infame tandem potrebbero aggiungersi pezzi del centro(sinistra), e che in veste di alleato pesante “c’è buona parte del panorama informativo e giornalistico italiano”, che “da subito ha dato vita a una narrazione quasi esclusivamente negativa della misura”.

Come al solito il vero rischio è quella maledetta destra dichiarata, che cavalca ogni opportunità per macchiare la reputazione del Paese, dei suoi governi, della classe lavoratrice, costituita perlopiù da infingardi parassiti e che offrono il destro, è ovvio, a chi è deciso non a cancellare lacci e laccioli che hanno impedito la realizzazione di misure di carattere “umanitario” ma a renderle inapplicabili come esige la cosca dei benestanti che ci vogliono intimoriti e ricattati.

Perché la verità, ammette, è che, come confermano le risoluzioni finali dell’alacre lavoro dell’organismo che ha presieduto ridotte a carta straccia compreso addirittura un circostanziato articolato di legge e assimilate alle volonterose aspettative di anime belle, Caritas o Alleanza contro la povertà, il reddito, liquidato da Draghi come uno dei soliti flop populisti e velleitari dei 5stelle con un tagliente “quando uno strumento non funziona, significa che è cattivo”, ha registrato un buon rendimento a fronte di qualche abuso che avrebbe potuto essere evitato con un’accurata azione di sorveglianza.

Perfino il trombettiere statistico di ogni esecutivo, l’Istat, ha evidenziato come questa misura “abbia salvato più di un milione di persone dalla povertà” e come semmai il problema sia consistito nell’esclusione di più della  metà dei poveri assoluti per via  delle scale di equivalenza che hanno penalizzato le famiglie con prole minorenne e perseguendo l’ingiusto  criterio del requisito di residenza degli stranieri “che è non solo contro ogni norma europea, ma contro la Costituzione italiana”.

Quello che anche stavolta sconcerta è che quando un tecnico, un competente dall’accertata esperienza selezionato e messo al lavoro su un tema cruciale si prende la libertà inaccettabile per il potere e l’ideologia che lo ispira, di svolgere con un c erto scrupolo l’incarico affidatogli,   i risultati raggiunti cadono nel dimenticatoio, vengono riposti nei cassettini insieme a tutte quelle manifestazioni di buona volontà che alla fine potrebbero risultare ostili al sistema dominante e che vengono liquidate come utopie suggerite dal buonismo e incompatibili con lo sviluppo.

E ancora più inquietante è la potenza di ricatto e persuasione esercitata su gente che viene ritenuta moralmente ineccepibile e che tradisce il mandato conferitole, dimostrando non solo di avere confidato nella lealtà di menti criminali, ma di non ritenere che la mansione  che si è assunta non valga il rischio che vengano compromesse la carriera, le rendite di posizione, con dimissioni, denunce, invettive.

Eppure i modi, gli strumenti per tutelare la propria dignità personale nelle more dell’opera di demolizione dei valori costituzionali, dei diritti e delle prerogative e dell’assetto democratico ci sarebbero, qualcuno ancora usa i canali della controinformazione, qualcuno ancora ostinatamente pretende che il Parlamento uscente e intento a dilaniarsi per conservarsi ingiusti privilegi, ascolti la sua voce, eppure non sarebbe impossibile per u soggetto che conserva una qualche autorevolezza fare il contro canto sui temi del lavoro, degli ammortizzatori, sui tabù del salario minimo, ormai monopolizzato dalla Commissione in modo da ridurne ogni significativo effetto a sindacati che sono andati oltre la connivenza e il collaborazionismo.

La Saraceno, come ormai la totalità degli intellettuali in prestito a gorgheggiare gli inni dell’impero, ci fa invece sapere di essere entrata con entusiasmo nelle file del liberalismo di sinistra, quello che ammette che servono azioni imperfette è vero, ma che hanno il merito di alleviare le pene della falsa coscienza,  fornendo benevola  “assistenza”  a chi ha poche possibilità di essere occupato, a chi ha una bassa istruzione, a chi – in generale – è lontano dal mercato del lavoro, a molti “lavoratori poveri”, è lei a definirli così, a chi lavora sei mesi all’anno, a chi ha bassi salari, a soggetti che  per l’Inps sono “lavoratori” ma solo perché hanno un qualche tipo di contratto regolare, a chi non riesce a trovare un lavoro che garantisca uno status sufficiente per vivere e per uscire dalla povertà. Non dimenticando che in Italia il 13 per cento delle famiglie è in povertà assoluta, non relativa: significa che non è in grado di soddisfare i propri bisogni primari.

Lavoro povero, bassi salari, contratti “legali” che creano solo il cosiddetto “part time involontario”. Eppure “in Italia, ammette con dispiacere, pare che l’unico problema sia il Reddito di cittadinanza”, non i salari da fame fermi a trent’anni fa, con il precariato, il part time che da imposto è propagandato come soluzione volontaria soprattutto per donne che combinano occupazione dequalificata e cura della famiglia.

Nessuno è esente e salvo da questa lotta di classe alla rovescia. Non è risparmiato il Lavoro con i diritti collegati, la sua funzione di riscatto e di riconoscimento di una appartenenza sociale,  cancellati in meno di vent’anni dal progressismo, sicché   sono raddoppiati lavoratori poveri in percentuale superiore rispetto alla media europea. Qualsiasi riforma degli ammortizzatori viene depennata dalle agende governative e criminalizzata come una inappropriata erogazione concessa a pesi morti e parassiti che non sanno approfittare delle opportunità della crescita secondo Davos,  non c’è sindacato che metta in calendario quelle che una volta venivano indicate come politiche attive del lavoro, nonostante aziende di tutti i settori produttivi   manifatturieri o di servizi, registrino la mancanza di personale preparato, che preferisce di gran lunga l’esilio

Ogni tanto qualcuno lancia l’ipotesi di una grande partito dei lavoratori che costituisca quel blocco sociale forte capace di rovesciare il tavolo. Beh numericamente sarebbe in minoranza, sopraffatto da una massa variegata di disperati precari, senza identità professionale e sociale, umiliati e ricattabili, indifesi da forme anomale di rapporto che li rende soggetti a ogni intimidazione: delocalizzazioni, dumping salariale, precarizzazione, contratti atipici (a chiamata, temporanei o in somministrazione lavoro, lavoro a partecipazione, ecc.) alternanza scuola-lavoro, subappalti, piattaforme e-commerce, riders e call center, lavoro nero e caporalato, licenziamenti e assassinii.

Tutti ugualmente schiavi? ci vorrebbe ben altro allora, come sapeva Rosa, il partito di Spartaco che fa della legittima collera l’arma della liberazione.