Forse qualcuno avrà notato che mentre l’informazione è vissuta per due anni di narrazione virale, di paure e di allarmi come se fosse una fiction, la comunicazione si è tenuta ben distante dalla pandemia: praticamente nessuna serie e pochissimi film  di qualche importanza hanno fatto chiaramente riferimento a quella che si presentava come una vicenda epocale. Ed è davvero strano in un mondo dove le produzione standard rappresentata da Netflix e compagnia cantante o filmante  è lestissima ad appropriarsi dei temi del giorno: con tutta evidenza si è ritenuto che ci fosse qualcosa di non convincente e le produzioni si sono astenute dal trattare un tema sul quale non potevano polemizzare (anche se qualche riferimento qua e là si coglie) né sposare con il rischio di dover in futuro buttare molta roba imbarazzante. Così di fatto la pandemia è rimasta del tutto estranea alla fiction che l’ha sentita come una fiction sin troppo realistica.

Ma evidentemente la comunicazione ha percepito un cambiamento di atmosfera e ora è uscito un film dal titolo Don’t Look Up, Non guardare in alto che per qualche verso e qualche battuta appare critico verso la pandemia, ma che invece ha un preciso impianto catastrofico – climatico, anche se utilizza metaforicamente il probabile scontro di una cometa contro la Terra. Gli scienziati, ovviamente americani perché non si può rinunciare a questa eccezionalità, sebbene il calcolo delle traiettorie sia una banalità, scoprono che questa cometa distruggerà la terra, ma si scontrano contro lo scetticismo e contro la volontà di nascondere la testa sotto la sabbia, anche se poi non si sa bene cosa si potrebbe fare per ventare un’eventualità del genere. E’ chiarissimo che tutto questo allude per l’ennesima volta alla catastrofe climatica annunciata migliaia di volte e sempre rinviata. Purtroppo i temi ambientali che sono ahimè fin troppo seri sono stati affrontati sin dal primo momento in una chiave catastrofica francamente assurda che prevedeva la fine del mondo di lì a pochi anni. Originariamente questa chiave di lettura è stata collegata a temi maltusiani come dimostra una delle prime rappresentazioni cataclismatiche “The population bomb” scritto a quattro mani  dal professor Paul R. Ehrlich della Stanford University e da sua moglie, Anne, in cui si prevedeva la fine del mondo per sovrappopolazione nel 1988 mentre adesso stando agli allarmi climatici,  che si sono susseguiti non dovremmo avere più ghiaccio artico che al contrario in Antartide sta aumentando. Ma ancora sotto sotto però ben visibile  il messaggio è che siamo troppi.

La frequenza di questi moniti spesso lanciati da personaggi pubblici di nessuna competenza,  come – tanto per fare un  nome – il principe Carlo di Inghilterra che tredici anni previde la fine del mondo entro 8 anni o di pulzelle resse famose proprio per mandarci questo messaggio ha fatto sì che si sia creato un certo scettiscismo intorno a un tema che adesso viene sfruttato per proporre una sorta di rivoluzione produttiva nella quale avranno spazio solo i grandi gruppi come fossero grandi feudatari che aborrono la democrazie e la partecipazione. Non è qui il caso di esaminare la ridicola tesi della Co2 come vaso di Pandora di un riscaldamento globale ineluttabile e vicino, ma il film che ci viene propinato in questo drammatico vuoto culturale è il segale abbastanza preciso che siamo in procinto di un cambiamento di narrazione che passerà dalla pandemia all’emergenza climatica, sebbene tutto faccia pensare che ci avviamo verso un periodo più freddo. Questo argomento è più maneggiabile, meno dipendente da evidenze, più vago e dunque più duraturo come catastrofe incombente che richiede il sacrificio dei poveri per essere risolto. E sappiamo che la fiction sottrattasi alla pandemia è invece ben disposta a fare diventare realtà quotidiana il riscaldamento globale e la guerra alla Co2 ben sapendo che l’obiettivo di portare a zero la sua produzione è del tutto impossibile (oltre che inutile): dobbiamo prepararci a chiudere i riscaldamenti mentre vediamo scorrere fantasie catastrofiche. Mentre chi le diffonde continua a inquinare senza scrupoli.