Anna Pulizzi per il Simplicissimus

Il governo sa bene che il telo di menzogne che da oltre un anno viene steso tra la realtà dei fatti e la percezione collettiva comincia a lacerarsi in più punti e che è gli sarà sempre più difficile rattopparlo con nuove varianti della medesima narrazione. Da qui la fretta nell’imporre i sieri magici al maggior numero di persone nel minor tempo possibile, prima che la loro inefficacia e la diffusa nocività divengano innegabili. Anche le case farmaceutiche interessate sanno che il gioco non può durare per sempre e da ciò discendono le forsennate pressioni per l’autorizzazione incondizionata delle loro mercanzie; ne va del valore dei loro titoli, aumentato nel periodo pandemico del 360% e ultimamente un po’ calato perché evidentemente la quota di speculatori che annusa aria di fine festa è passata al realizzo rivendendo e intascando il triplo dell’investimento iniziale.

Naturale che se tutti i sudditi dell’impero d’Occidente fossero vittime del dramma che sta vivendo Israele, dove si va per le tre dosi a cranio senza minimamente impensierire il virus, gli alchimisti di Pfizer e compagnia inoculante potrebbero brindare ancora a lungo. Una parte dell’Europa settentrionale sta già uscendo di forza dal tunnel della narrazione pandemica abbandonando sia le limitazioni alla vita sociale sia i lasciapassare discriminatori. Era il caso della Svezia, lo è diventato anche per il Regno Unito e la Danimarca. Scendendo verso il cuore del continente la situazione è più articolata. In Germania è fallito il tentativo di introdurre il lasciapassare sui posti di lavoro ed è previsto solo in alcuni luoghi ‘sensibili’ come scuole, case di riposo, etc. Inoltre ognuno dei sedici länder può decidere di farne a meno qualora migliori il tasso di ricoveri, mentre viene generalmente escluso l’obbligo vaccinale. In Francia come si sa il pass sanitaire è richiesto quasi ovunque, ma nell’ottica del governo esso svolge anche la funzione di dispositivo di protezione, nel senso che i portatori di codice QR possono infettarsi a loro insaputa girando senza mascherina pure al chiuso, tranne che nelle regioni a forte incidenza virale, mentre l’obbligo è previsto solo per alcune categorie. In Italia invece giornali e tv sono quotidianamente piantonati dai pasdaran dell’obbligo universale, già diffusamente dato per scontato nel prossimo futuro. Essendo abituati da oltre un anno alla raffica di titoli e dichiarazioni dai toni apocalittici potremmo non farci caso, ma il dubbio è che gli addetti alla grancassa mediatica non operino in maniera del tutto spontanea e siano invece sobillati da un governo che sta semplicemente preparando il terreno in vista di decisioni prestabilite e che non hanno nulla a che vedere con l’andamento dei contagi.

Come si ricorderà, la ‘terza dose’ è entrata in scena come del tutto improbabile, quindi possibile ma solo per le persone ‘fragili, poi per gli anziani in generale e infine si è trasformata in una realtà che secondo il ministro Speranza prenderà corpo già nel mese di settembre, il tutto a fronte di dati stazionari su ricoveri e decessi. Hanno fretta perché qua e là si avvertono i refoli della fine di una narrazione durata troppo a lungo. Era evidente dove si voleva andare a parare e si sa che per rendere accettabile un’ipotesi remota basta parlarne tutti i giorni finché la coscienza collettiva non finisce per ammetterla nella famiglia del plausibile. La stessa cosa sta avvenendo con l’obbligo, che presenterebbe alcune difficoltà d’ordine costituzionale se i governi degli ultimi trent’anni non avessero già mostrato tutta la loro perizia nell’aggirare la Carta in ben altre occasioni, ad esempio quando si è preso a finanziare la scuola privata con soldi pubblici, o quando si è cominciato a smantellare il servizio sanitario, quando si è partecipato ad aggressioni contro altri paesi. O perfino, per scendere alle cose e agli uomini piccoli, quando si è deciso che il capo dello Stato non può essere intercettato e può essere rieletto finché respira.

Alla lista certamente incompleta si può aggiungere la svendita del nostro apparato produttivo alla pirateria finanziaria, faccenda che ci riporta subito a Draghi, nocchiere per conto terzi in questa disgraziata fase della nostra storia. Dunque Draghi ha già detto che l’obbligo vaccinale è nelle intenzioni del governo e ciò sarà possibile non appena l’Ema e l’Aifa, nella scia della Fda americana, avranno autorizzato i sieri in via definitiva. Lo ha detto rispondendo ad una domanda in conferenza stampa e se dovessi dare peso alle sensazioni direi che ciò rientra nella sua collezione di affermazioni impulsive e poco ponderate, esattamente come quando ha dato del dittatore ad Erdogan esponendo l’Italia a ritorsioni economiche, o nella recente e imbarazzante apparizione televisiva in cui narra che chi non si vaccina muore e/o uccide il prossimo. D’altra parte bisogna dire che tale intimidatoria presa di posizione è stata preceduta da almeno un mese di entusiastiche esortazioni all’obbligo da parte dei figuri che grufolano presso le greppie dei mezzi di propaganda. Ed è vero che ciò sarà possibile solo per legge e non per decreto, ma è altrettanto chiaro che scommettere sulla resistenza di questo parlamento è un autentico azzardo.

Il governo sa che salvo eccezioni coloro che sono già stati inoculati non muoveranno un dito per difendere i diritti di chi ancora resiste. E sa che quando questi ultimi scenderanno sotto di una certa soglia, li si potrà discriminare ancor più di quanto già non avviene o addirittura multarli o escluderli dalle prestazioni del Ssn, soluzioni che garantirebbero un introito per il fisco e anche per la sanità privata, tutte cose che non stridono affatto con gli obiettivi programmatici dell’attuale giunta. Quanto alla storia secondo cui l’obbligo vaccinale espone lo Stato alla responsabilità diretta invece di riversarla sul cittadino che ha firmato l’iscrizione alla roulette russa, occorre ricordare che la sentenza 118/2020 la Corte costituzionale stabilisce che lo Stato è sempre responsabile sia quando rende un vaccino obbligatorio sia quando semplicemente lo raccomanda. Il problema quindi non si pone in questi termini poiché in linea teorica lo Stato non potrebbe sfuggire alle responsabilità nemmeno adesso.

Riguardo invece alle responsabilità dei produttori, cui si riferisce un’altra sentenza, nr. 12225/2021, essa è resa di difficile applicazione poiché i contratti-capestro tra la Ue e le case farmaceutiche, il cui contenuto è emerso dalla cappa di segretezza cui era stato condannato, prevedono che gli stati debbano porre i produttori al riparo da richieste di indennizzo. Il problema sarebbe invece un altro perché il danneggiato dovrebbe dimostrare il rapporto di causalità tra il siero e il successivo accidente. E su questo punto vediamo bene che aria tira e che la correlazione viene cocciutamente esclusa perfino quando qualcuno ci lascia le penne poche ore dopo la fatale iniezione. Quindi non bisogna farsi illusioni circa la possibilità di un indennizzo per chi ha dovuto piegarsi al ricatto, mentre gli obiettori colpiti da sanzioni, il cui importo non sarebbe certo simbolico, avranno presumibilmente buone possibilità di contestarle per via legale, seguendo un iter che al momento non rende facile il lavoro agli estorsori.

Importante credo sia non illudersi che l’approdo all’80% o oltre di inoculati possa influenzare le decisioni governative. Che si resti ad una quota inferiore o che riescano invece a punzonare anche l’ultimo dei neonati, ciò che conta per costoro è lo zelo che si mostra verso gli interessi finanziari che oggi ruotano intorno allo smercio dei sieri e che domani scoveranno nuove galline dalle uova d’oro, alle quali ogni vero politico dei regimi liberisti deve sempre esser pronto a pulire il didietro.