La campagna elettorale americana ha le stesse caratteristiche paradossali della campagna pandemica, cosa che del resto non può stupire essendo entrambe di natura politica e più o meno disegnate sulle medesime aree di frattura: ovvero la creazione mediatica di realtà fittizie destinate, permettetemi il bisticcio di parole, a intervenire sulla realtà vera. Così tutti i sondaggi continuano a dare in vantaggio Biden mediamente del 9%, nonostante la riconosciuta distorsione  dei rilevamenti visto che molti trumpiani sono restii a rispondere con il clima che si respira in Usa. Tuttavia c’è da notare un fatto significativo: le pochissime società di sondaggio che nel 2016 previdero correttamente la vittoria di Trump, contro la diffusa certezza che Hillary Clinton si sarebbe aggiudicata la Casa Bianca con un margine stratosferico, forniscono oggi analisi elettorali che prevedono di nuovo la vittoria dell’attuale inquilino della Casa Bianca. In particolare Trafalgar Group che è stata nominata migliore azienda di sondaggi della corsa presidenziale 2016, prevede per il 3 novembre la vittoria di Trump con 275 voti elettorali e il mantenimento della maggioranza al Senato. Ma anche il Democracy Institute Sunday Express, in un sondaggio effettuato a cavallo della notizia della positività al Covid del presidente ( vedi La genialata del rozzo ) mostra che Trump è pienamente in corsa per la vittoria con il 46% del sostegno popolare rispetto al 45% del suo rivale democratico Joe Biden. Si tratta di un dato molto probabilmente sottovalutato perché la parte di sondaggio effettuata dopo la notizia dell’infezione mostra che il 19% del campione ha dichiarato di essere “più propenso” a sostenere Trump e solo il 13% “meno intenzionato di prima”.

Tuttavia ci sono molti altri elementi che possono far pensare a una nuova sorpresa: la cautela degli investitori che in Usa è segnale di grande incertezza e soprattutto il fatto che Biden praticamente naviga nel nulla, nessuno si presenta agli eventi elettorali, è un personaggio politicamente così gelido da far nascere il sospetto che sia morto. La stampa mainstream giustifica l’assenza di un appoggio popolare sostenendo che i democratici di Biden sono più ligi alla dittatura sanitaria e dunque non amano gli “assembramenti”. Ma questo è smentito dal fatto che anche gli eventi on line vanno praticamente deserti. Tanto per fare un esempio l‘ultimo evento della campagna elettorale del presidente Trump è stato nella gelida Duluth, nel Minnesota, il 30 settembre. Aveva una folla enorme ma aveva una presenza online ancora più grande. Bloomberg ha segnalato 779.000 spettatori dell’evento sul proprio sito e Fox ha segnalato 1,1 milioni di spettatori. Al contrario l’incontro del 7 ottobre di Phoenix con Biden e Kamala Harris ha visto la presenta di 8 persone presumibilmente giornalisti e una partecipazione online di 16 mila. Insomma una differenza colossale che la tabella posta in cima a questo paragrafo rende ancora più drammatica e che dimostra come la campagna di Biden stia naufragando nella nullità del personaggio invano affiancato dalla ex procuratrice di ferro Harris. Non saprei dire quanto queste differenze di audience si tradurranno nelle urne, ma il fatto è che la filiera Clinton – Obama è logora: già alle primarie Biden avrebbe dovuto essere eletto con facilità e invece ha dovuto faticare e non poco per imporsi, visto che alla fine è stato solo Sanders il candidato innominabile, a raccogliere un po’ di folla e di entusiasmo 

Del resto la suddetta filiera che in Europa detta ancora legge tra i dem dello status quo, deve fare i conti con il fallimento conclamato di un’esperienza alla Casa Bianca di cui pochi americani provano nostalgia e che in molti invece suscita delusione. Dalle parti nostre, questo malcontento, è stato raccontato poco, anzi è stato nascosto, ma i risultati del 2016, nonostante lo stupore provato dai commentatori all’epoca, dovrebbero insegnare qualcosa. L’ex vicepresidente Biden incarna la continuità, insomma, ma non si può dare per assodato che gli americani vogliano assistere alla replica di uno schema che hanno già respinto quattro anni fa. E di fatto Biden esiste solo come riflesso dei media, senza il cui ossessivo e totale appoggio non potrebbe nemmeno per un attimo sperare di avere delle chances, essendo tra l’altro una figura tra le più reazionarie dell’establishment Usa, che è tutto dire: tra le sue imprese il “Plan Colombia” che persino Amnesty International ha criticato duramente e il Crime Bill Act del 1994, spesso etichettato come “Biden Crime Bill” a causa del suo autore e promotore principale, ovvero il disegno di legge ha posto le basi per una popolazione carceraria in continua crescita, introducendo la pena di morte per dozzine di nuovi reati e stanziato miliardi per centinaia di migliaia di poliziotti e nuove carceri. Di fatto Biden sarebbe in realtà l’avversario ideale delle forze che lo sostengono.