Full moon nightNon so se amiate la fotografia, se vi piaccia fare qualche scatto che non sia un selfie o se siate degli appassionati, se insomma abbiate mai rivolto l’obiettivo al cielo per fotografare la luna perché in quest’ultimo caso vi sarete certamente imbattuti in quello che è tuttora un mistero che la scienza non riesce a risolvere ovvero il fatto  le grandi lune che sorgono in giallo dall’orizzonte o anche quelle alte e luminose una volta fotografate appaiono piccole e insignificanti. Solo usando teleobiettivi potenti e facendo arditi montaggi si riesce a dare alla luna il rilievo che ci appare nella realtà. Il fatto è che noi vediamo con il cervello di cui gli occhi non sono che un estensione e per un qualche motivo sconosciuto siamo portati a conferire alla luna un rilevo visivo che in realtà non possiede prendendo un angolo di campo di appena mezzo grado  e per giunta scarso. Tuttavia non possiamo sottrarci all’incantesimo e anche quando ci diamo da fare con teleobiettivi per farla venire della grandezza che ci appare giusta, non possiamo sottrarci alla stranezza di questa discrasia che ci sorprende sempre: insomma vi sono percezioni resistenti a qualsiasi ragione.

Analoghi fenomeni accadono in campo sociale: per esempio quando andiamo in banca a chiedere un prestito non possiamo in nessun modo evitare di sentirci debitori e quasi grati della concessione nonostante il fatto che l’istituto di credito in questione non ci dia qualcosa che abbia un reale valore, ma solo una scrittura contabile che alle spalle non ha nulla se non una legislazione e una prassi che gli consentono di fare questo: siamo noi col nostro lavoro che trasformiamo quella cifra, in valore reale. E tuttavia, educati al capitalismo, non possiamo sottrarci alla percezione di essere in obbligo come se il banchiere si fosse privato di una sua risorsa scarsa per aiutarci, ma in realtà siamo noi la sua risorsa. Queste modalità percettive sono simili ai tunnel della mente, ossia a quegli intoppi della razionalità che ci fanno reagire in maniera drasticamente differente se ci viene detto di avere il 95% di probabilità che l’operazione riesca o invece il 5% di rimanerci, benché sia esattamente la stessa cosa.

Analogamente se sentiamo parlare di epidemia o della ancora più terribile pandemia non possiamo sottrarci a una paura istintiva che ci porta non soltanto a credere a qualunque cosa venga propalata, ma che anche ci “costringe” a trascurare dati e circostanze in grado di rassicurarci: se poi soggiaciamo ad un continuo e insensato show sanitario – mortuario accompagnato da prefiche e prefici non possiamo che accettare qualunque cosa, anche la più assurda, sia dal punto di vista medico che economico, come la segregazione generalizzata. E persino a dar credito a personaggi  che fanno discorsi da far invidia al dadaismo più assoluto: “È logico che abbiamo avuto aiuti ma abbiamo avuto bisogno di comprare all’estero. E se abbiamo potuto comprare all’estero con contratti a prezzo di mercato è stato grazie al fatto che abbiamo potuto avere dai governi dove siamo andati a comprare anche la possibilità di esportare i prodotti che acquistavamo” Non significa nulla, ma le parole sono di Di Maio, uno degli attuali salvatori della patria.

Salvatori che sono in realtà all’origine del male, perché ciò che stiamo vivendo è una crisi di sistema sanitario, non un’emergenza medica, nel senso che non accade molto più di ciò che capita ogni anno nel silenzio totale e nell’indifferenza, ma capita solo più in fretta facendo collassare strutture ampiamente sotto dimensionate. E del resto non è la prima volta che in Lombardia si verificano situazioni di emergenza in seguito a “ventate” di influenza particolarmente intense, ma invece di aprire un’inchiesta su cosa è successo, di commissariare una sanità che non ha funzionato e dove sono stati commessi tragici errori, la si prende come punto di riferimento come se ciò che è accaduto fosse una medaglia e non un disonore. Però  siccome questi signori non hanno alcuna intenzione di spendere per garantire il diritto alla salute, anzi hanno tutta l’intenzione di far sì che essa non sia più diritto, ma un privilegio per chi può permetterselo, stanno stroncando l’economia, nell’inutile tentativo di fermare un virus le cui conseguenze sono assimilabili a quelle dell’influenza. Imvece di predisporre piani per la protezione della popolazione a rischio, ovvero quella in età avanzata e con già gravi patologie, strategia che avuto grande successo dove è stata praticata grazie all’abbondanza di strutture adatte ( vedi Svezia che ha un numero di reparti di isolamento e di respiratori simili a quelli dell’Italia, ma con una popolazione 6 volte inferiore), ci regalano la censura e la galera per tutti che tra l’altro serve a poco e niente perché comunque i contatti continuano ad esserci e principalmente tra quelli che dovrebbero impedire i contatti. Le cose stupide lo sono fino in fondo. Non ci vuol molto a capire che presidi sanitari efficienti potrebbero salvare molte vite messe a rischio da virus egualmente letali, ma ai quali non facciamo più caso essendo abituati al rischio, o meglio non conoscendolo.

Ecco perché nel giudicare le cose non si può fare a meno di pensare che la dose di allarme, da noi come altrove, sia in qualche modo del tutto sproporzionata all’evento per anticipare un collasso dell’economia già in arrivo per ragioni intrinseche, in maniera da scaricare le responsabilità su un virus e aumentare il potere di chi ci ha portato in questa situazione senza pagare pegno, anzi aumentando la presa sulla società.  E del resto il fatto che in questa condizione proseguano come se nulla fosse le spese militari (con un solo giorno di bilancio della difesa si potrebbero comprare 3700 respiratori) , siano confermate le grandi manovre con spostamento di truppe e permangano le sanzioni già ingiuste prima, ci fa comprendere tutta l’artificialità e il grottesco della situazione. Ma se l’andassimo a fotografare con l’ausilio dei dati certi, vedremmo l’epidemia molto più piccola di quella che viene narrata.