Spesso le persone come me, venute dalla luna di un altro mondo della mente, quello delle speranze e non dei miserabili “sogni” contemporanei, si chiedono come mai tanta gente si lasci andare al fatalismo politico, si pieghi alla rassegnazione a tal punto che anche quando può dare uno schiaffo al potere che lo tiene in stato di sudditanza, è tentato di rinunciare, di tirarsi indietro come appunto sta accadendo con la tornata referendaria. Non è difficile capirlo, è l’effetto di un’antropologia indotta e mutante nella quale la vittima accetta di stare al gioco, condivide gli stessi valori del carceriere, invece di cercare riscatto, diritti, eguaglianza gioca le sue fiches nella speranza di diventare croupier. Il che è drammatico, ma non manca di lati divertenti e farseschi, nel momento in cui la delusione diventa ostinazione invece di attivo rifiuto di una logica di vita sociale.
C’è un numero enorme di disoccupati, precari, lavoratori episodici, eppure se tendete le orecchie e aguzzate gli occhi sono molto pochi quelli che si dichiarano apertamente disoccupati, la maggior parte trova spassose definizioni per tendere brillante la propria marginalità e per cromare il disagio: ci sono più organizzatori di eventi che eventi, più consulenti che consulenze, più stilisti che stile, diecimila startappisti della domenica per una strat up, trainer di ogni tipo, folle di sedicenti artigiani o esperti in qualcosa che basterebbero al mondo intero. Per non parlare dei commessi di negozio che si dicono imprenditori, ragionieri con lavori occasionali che si promuovono manager, talentuosi da talent in attesa del boom televisivo e un’infinità di altre cose che acquistano un qualche senso soltanto quando alle spalle c’è l’ “azienda di famiglia”, leggi pizzicagnoli, macellai, osti che hanno scoperto l’esistenza della fattura solo di recente, ma che a sentirli si direbbe che discendono direttamente da Henry Ford.
Il fatto è che tutti questi da una parte hanno completamente perso il gusto per il lavoro competente e ben fatto, a lenta crescita, presi e stritolati dalle facili manie e pratiche del contemporaneo, dall’altro non sono in grado di vedere e denunciare il degrado sociale del sistema, riescono a vedere solo il loro personale e peraltro inspiegabile fallimento, al quale mettono una pezza con lo stesso sistema adottato negli anni del boom dove se non eri operaio eri dottore. Le oligarchie globali hanno imposto un linguaggio e un’ambiguità che rende possibile tutto questo così come Carlo V ad Alghero, avendo altro da fare, promosse la massa di zotici che si accalcavano sotto il palazzo todos caballeros. Insomma ci si nasconde dietro terminologie enfatiche e spesso anglofone, dietro la negazione del futuro e l’immersione nella tribù, nelle ritualità localare che consentono loro di raggiungere l’età adulta con una consumazione, in qualsiasi illusione vivendo un reality privato, facendo finta di essere veri, ma sapendo il gioco ha un senso solo se si percepisce l’assenza di autenticità.
E’ così che due intere generazioni non riescono ad arginare l’offensiva contro di loro e danno una gratuita consulenza ai loro nemici. E persino ne organizzano gli eventi.
Mi raccontò un mio collega di un suo conoscente che, da mesi disoccupato, in lista di mobilità, vergognandosi di tale stato, come un po’ tutti, al momento del rinnovo della Carta d’Identità alla voce occupazione fece scrivere la prima fesseria che gli passava per la testa. E la prima fesseria che gli passava per la testa, avendola letta su qualche quotidiano o magazine fighetto che trattava di professioni trendy, fu “investigatore olistico” che non vuol dire una beneamata cippa, ma vuoi mettere il fico che fa?
Quando su un biglietto da visita leggiamo una serie di titoli, onorificienze, master conseguiti presso l’University of Vattalapesca, o il Trinity College di Sgurgiola Marsicana, o la High School of Carrapipa-Valguarnera (località britanniche che spesso sono sedi di drizzachiodi per ciabattinifici…), facciamoci due crasse ma amare risate e pensiamo che nelle contee più dimenticate degli States e dell’UK c’è molta più fame che da noi, e che tutti questi espedienti patetici servono per mettere un camouflage alla realtà, un po’ come tentano di far questi governucoli italioti degli ultimi dieci anni, ma hai voglia a stuccare il legno tarlato, rinsecchito come il sughero della quotidianità con le notiziuole di propaganda celata delle pagine interne de La Repubblika o i servizietti con i dati economici adulterati del TG La7…