B7G-TlwCUAA3Bj_Alla fine del marzo scorso la commissione europea, per placare le proteste e i malumori riguardo alla segretezza con cui veniva discusso il Trattato transatlantico e sedare gli allarmi sullo sfascio delle istituzioni democratiche che esso comporta, lanciò una sorta di consultazione online, con tanto di questionario, per capire cosa ne pensassero gli europei. L’intento era chiaro: dare l’impressione – in vista delle elezioni di maggio – che le istituzioni di Bruxelles fossero attente all’opinione dei cittadini senza tuttavia mettere minimamente in pericolo il Trattato stesso.

E infatti benché le cifre fossero già state elaborate a giugno, si è dovuto aspettare fino ai primi di gennaio di quest’anno per avere i risultati, preceduti da una premessa inneggiante al trattato e ai suoi supposti benefici che già parecchi economisti si sono esercitati a ridicolizzare: su circa 150 mila risposte di cui quasi 700 da parte di organizzazioni e associazioni, il 97%  si rivelata contrario al Trattato e in particolare al meccanismo di risoluzione delle controversie che nei fatti toglie agli stati anche la sovranità legislativa, cedendola alle multinazionali. Del resto contro il trattato si erano anche levate due petizioni che hanno raccolto 2 milioni e mezzo di firme, anche se i media di regime non ne hanno mai dato notizia.

Con tutto il tempo a disposizione da giugno a oggi  la pubblicazione dei risultati della consultazione è giunta pochi giorni dopo l’attentato a Charlie Hebdo, quando la rabbia dell’opinione pubblica era rivolta altrove, televisioni e giornali non parlavano altro che della minaccia del terrorismo e il fior fiore degli asini paludati si esercitava a parlare della guerra di civiltà e discettava del corano come se fosse appena uscito da una madrasa. Ottima scelta dei tempi per immergere nel rumore di fondo mediatico il quasi totale rifiuto del TTip da parte dei cittadini europei, ma il cui significato non si esaurisce nella sua natura di banale mezzuccio comunicativo.

La creazione di un nemico e della conseguente paura  va infatti di pari passo con lo spirito del trattato transatlantico che da una parte costituisce il passo definitivo verso la post democrazia, ovvero verso un’oligarchia dei ricchi che cerca di conservare forme rituali e vuote di partecipazione, dall’altra crea attraverso trattati, non riformabili in nessun modo e dai quali una volta firmati è impossibile uscire, una cortina protettiva per l’impero americano. In effetti il trattato transatlantico e quello analogo che lega 12 Paesi dell’area indo-pacifica costituiscono il residuo dell’egemonia mondiale degli Usa, una parte di mondo opposta in nome degli interessi americani al blocco sino russo, al mondo musulmano ormai figurato solo in veste terroristica e a quello delle altre potenze emergenti.

Dunque che la radicale opposizione degli europei al Trattato, espressa persino dentro l’atona ufficialità di Bruxelles, venga resa nota solo dopo i fatti di Parigi e l’immancabile riscoperta del pericolo mussulmano, ha un senso che trascende la miserabile logica della gestione informativa: come se i colpevoli del lento assassinio della democrazia non potessero fare a meno di lasciare una traccia e di indicare gli alibi fasulli di cui si servono. Che fanno del resto da pendant alle oscurità sempre più evidenti nella versione ufficiale dell’assalto a Charlie Hebdo. Non voglio dire che Parigi valga bene una messa in scena. Mi limito a dire, povera Europa.

Per una documentazione sul trattato transatlantico andare qui e qui

I risultati della consultazione europea li trovate qui

Le inquietanti notizie sul suicidio di uno degli investigatori dell’attentato al Charlie Hebdo  sono qui e qui non a caso riportati nella loro completezza fuori dal continente.