Mentre ci toccava assistere a una debordante e degradante esaltazione del potere con le cronache della visita di Obama e con i chili di incenso a Renzi, tanto che ormai a Repubblica conviene fare direttore un turibolo, la vera notizia, anzi un insieme di notizie collegate, è sfuggito ai media e alla loro artificiale costruzione di realtà: il fatto che la Germania, da una parte sia intensamente occupata a sostenere il golpe in Ucraina, dall’altra sembri invece alleata della Russia nel tentativo di sostituire il dollaro come moneta per gli scambi internazionali. Infatti la Bundesbank e la Banca popolare di Cina hanno firmato un memorandum di intesa per cooperare nella compensazione e liquidazione dei pagamenti in renminbi, o yuan ossia la valuta di Pechino per tutta l’Europa.
Nelle stesse ore in cui a Berlino si firmava l’accordo, Worldwide Interbank Financial Telecommunication, ha diffuso un documento in cui si prevede che entro ottobre il renminbi cinese supererà l’euro come seconda moneta più usata nel commercio e nella finanza globali. La terza notizia è che la Siemens e la Volkswagen AG, assieme ad altre grandi industrie tedesche, stanno integrando la valuta cinese per le transazioni commerciali.
Tutto questo vuole dire alcune cose abbastanza ovvie, chiare come il sole e al tempo stesso però negate o non viste: che l’euro è sempre più di fatto gestito dalla Germania secondo i propri interessi di cambio e di convenienza commerciale, che la moneta comune ha fallito l’obiettivo di essere la divisa alternativa al dollaro, come era stato vagheggiato a suo tempo e rischia a breve di essere la terza moneta di scambio persino sul territorio europeo, che essere agganciati a questo carro vuol dire rimanere irrimediabilmente in coda ed essere condizionati nel nostro export non solo da una divisa perversa che richiede il sacrificio di salari, pensioni, occupazione e diritti per poter essere usata, ma anche dal fatto che essa viene gestita a Francoforte favorendo di fatto altre economie, cosa che resto viene apertamente detta dai responsabili della Bundesbank.
Però ci viene detto, ripetuto, minacciato che non possiamo farne a meno. Tanto che è meglio rinunciare al cervello piuttosto che alla moneta unica.
In realtà ci dovremmo vergognare profondamente di far parte di quest’Unione Europea, quindi la questione dell’euro è a parer mio irrilevante. Se l’UE non è una nazione, se non ha una costituzione, se non garantisce diritti ma li sopprime, se è vassalla degli Stati Uniti ed è serva dei banchieri, la questione dell’euro è il minore dei nostri problemi, mi pare.
Ci sarebbe piaciuto vivere in uno stato fascista, totalitario, coloniale o colonizzato? Beh, non è più necessario rimpiangere quelle esperienze storiche che sembravano irrimediabilmente fuori dalla nostra portata perché, grazie alla macchina del tempo ideata dal neoliberismo di Obama e della Commissione Europea, le stiamo facendo in prima persona proprio in questi mesi. E il bello è che a molti di noi piace pure!
Grazie a questo miracoloso ritorno al passato, infatti, tanti di noi hanno la sorpresa di riscoprire che la loro vera vocazione è l’autoritarismo e il servilismo nelle nuove varietà lanciate sul mercato che vanno sotto il nome di obamismo, merkelismo e, da noi, renzismo. Tutte destinate ad un grandissimo successo di pubblico e quasi altrettanto grande di critica, questo blog escluso.
Se l’UE non si fosse dimostrata svergognatamente al servizio dell’oppressione dei popoli (Grecia docet) o pronta a iniziare senza alcuna remora una terza guerra mondiale (Ucraina docet) allora sì che potremmo discutere tranquillamente di economia. Ma anche in questo caso farei notare che non è tanto l’euro in sé il problema quanto la parità lira-euro decisa al momento di creare la moneta unica. Se la parità con l’euro fosse stata valutata in ragione di 1000 lire per euro anziché di 1936 lire, ogni italiano avrebbe ricevuto un euro per ogni 1000 lire che aveva sul proprio conto corrente. E chi aveva in banca 10 milioni di lire si sarebbe ritrovato con un gruzzolo di 10.000 euro anziché di circa 5.000 come è adesso. E, di conseguenza, oggi comprare un chilo di pomodori a Milano non costerebbe 4000 lire ma 2000 lire. Come allora non capire che il momento in cui i politici italiani ci tradirono, svendettero e impoverirono il nostro paese, e ci condannarono a tutto quello che sarebbe seguito fu il momento in cui accettarono di buon grado l’assurda parità impostaci da Germania e Francia! E non ci tradirono solo i politici ma anche gli economisti, gli accademici, i giornalisti, i maîtres à penser, gli intellettuali, gli opinion leader, i sindacalisti giù giù fino agli uomini di spettacolo e ai presentatori televisivi tutti a dimostrarsi entusiasti dell’euro come gli ormai storici bambini della canzoncina a Renzi.
Certo, l’euro, anche sopravvalutato, anche destinato a rovinarci, è stato un bel vantaggio in termini di comodità specie se si hanno i soldi per comprare cose dall’estero o viaggiare all’estero mentre la sovranità politica e monetaria del nostro paese, poverina, non ha trovato finora maestre e bambini entusiasti che ne cantino le ardue lodi. Del resto, ricordo che già nei miei anni ’60 il libro di Educazione Civica veniva tassativamente comprato ma mai neppure per sbaglio aperto in classe. Chissà che il tradimento di cui stiamo parlando non risalga già a quei tempi lontani…
“ci ritroveremmo domani con un inflazione a due cifre e con il costo del denaro e delle materie prime ancor meno sostenibili.”
1) l’italia compra materie prime da sempre, e da sempre, con la lira, ha svalutato. Abbiamo mai avuto inflazione sudamericana ?
2) 1992: l’Italia esce dallo SME e svaluta del 20% in una notte. Di quanto è cresciuta l’inflazione?
Conclusione: la correlazione tra svalutazione e inflazione non solo è assolutamente indimostrata, ma chi la usa come spauracchio dimentica deliberatamente il fatto che l’Italia importa, ED ESPORTA, e quindi il decollo delle esportazioni garantito dalla svalutazioni porterebbe anche moltissimi nuovi posti di lavoro, che sono L’UNICA cosa che ci può portare fuori dalla crisi.
Un disoccupato non arriva alla fine del mese nè con l’inflazione a 0, nè con l’inflazione al 20%.
Purtroppo sempre più spesso e da più parti, si sente ripetere la pericolosa litania che l’errore non è l’euro di per sé, ma il modo in cui è gestito.
Come dire che non è colpa del pitbull quando azzanna: è l’uso che fa della sua mandibola che è sbagliato.
Non so se questa scemenza virale è l’ultima trovata dei tanti troll che infestano la rete (chi ha letto i tweet passati nell’ultima puntata de “La gabbia” sa di che parlo).
So che sono stufa di sentire le solite caxxate sul tanto bene che ha fatto l’euro, su quello che potrebbe ancora farci e, soprattutto, sull’orrido destino che ci spetterebbe se, ingrati, decidessimo di uscire dalla Germania, pardon, dalla zona-euro.
Credo che sarebbe più facile persuadere l’incolpevole pitbull di essere un pulcino, che non convincere i tedeschi di non essere… tedeschi.
Gli scenari internazionali sono quanto mai melliflui, le alleanze e gli schieramenti non sono mai sembrati tanto incerti e ambigui, e l’idea di affrontare il futuro fuori da qualsiasi alleanza potrebbe spaventare.
Forse è questa recondita paura a bloccare i tanti sull’opportunità di uscire dalla sacra moneta “europea”.
Non voglio sprecare aggettivi per definire la “tedeschità”, che ho avuto modo di conoscere e “apprezzare” in frequenti, quanto spesso sgradevoli, rapporti di lavoro. Vorrei però invitare tutti ad apprezzare la costanza dei simpatici nibelungen nel perseguire la loro sempiterna weltanshauung, ovvero la sopraffazione e l’eliminazione dei più “deboli”, anche se con metodi diversi dal passato: prima la wehrmacht, ora la finanza; prima la purezza della “razza”, ora quella dei bilanci; prima le SS, ora la troika; prima le camere a gas, ora i suicidi dei senza lavoro. Mancano i forni, ci arriveremo.
La via d’uscita?
Una volta gli USA mi facevano, malgrado tutto, ancora sognare.
Dopo l’11 settembre, però, ho troppi dubbi sulla sanità mentale delle loro elites.
Peccato, non ci resta che confidare nella nostra, nonostante le appaRenzie, intelligenza e nella conseguente abilità nella difficile arte della sopravvivenza. Forse l’unica moneta convertibile che ci permette la nostra incerta storia di popolo.
Il problema non è appunto la moneta, ma la politica monetaria e chi la impone.
Eliminare l’euro significherebbe distruggere quel poco che comunque ha dato di valore, eliminando cmq anche la possibilità di contare a livello continentale senza risolvere i veri problemi nazionali: ci ritroveremmo domani con un inflazione a due cifre e con il costo del denaro e delle materie prime ancor meno sostenibili.
Contemporaneamente la Germania continuerebbe ad avere una valuta forte e stabile con la quale acquistare a basso prezzo non solo sul nostro mercato ma anche su quelli altrui, quindi non cambierebbe il rapporto di forza tra noi e loro, se non forse in peggio.
Molto spiacente, ma la Mercedes e la BMW ce l’hanno loro, non noi. Loro hanno ancora l’elettronica e l’ottica. Noi non più, pure la chimica non è messa meglio: siamo certi che possiamo fare concorrenza con i colossi tedeschi solo sul prezzo?
L’unica vera soluzione non può essere che politica: ovvero la Germania deve scegliere o subire la decisione di cambiare gestione monetaria: e non è che non abbiano problemi sociali pure lì. Solo che non sono ancora scoppiati.
Se l’Euro è l’indicatore della febbre in Europa, è l’Europa che deve prendere le decisioni.
Il giorno 31 marzo 2014 12:09, WordPress.com