Ciò che è successo a Roma ieri dà la misura del punto nel quale siamo arrivati. Non per una maligna volontà del destino, ma per colpa nostra, dei nostri vizi atavici. Le manganellate protofasciste che si sono abbattute sugli abitanti dell’Aquila non sono altro che l’espressione di una violenza già in atto nelle tendopoli, quando si doveva recitare la favola dell’efficienza. Quando il premier si doveva pavoneggiare come un gallo cedrone. E quando si dovevano affari sottobanco, piuttosto che pensare a una vera ricostruzione.
Così come una violenza è stata la mancanza di qualsiasi precauzione prima del terremoto. Così come una violenza è stata truccare il grado di intensità della scossa distruttiva per evitare il rimborso integrale.
Ora gli Aquilani si sono accorti di essere stati abbandonati, di essere stati ingaggiati per una farsa e poi licenziati con quattro soldi, ma per molto tempo, per troppo tempo si sono abbandonati all’atavico costume di cercare con il silenzio la benevolenza del principe. Zitti sotto le tende salvo i mugugni, zitti o appena mugugnanti i loro rappresentanti politici. Solo pochi hanno rifiutato la parte in commedia , tacciati peraltro di ingratitudine dal baccanno dei media osannanti. Cosa che peraltro accade anche oggi.
Hanno fatto malissimo. Se avessero cominciato ad incazzarsi dopo alcuni mesi di “campeggio” forzato, necessario alle esigenze scenografiche del principe, avrebbero avuto maggior successo, se non altro facendo leva sul cinismo dell’autocrate interessato ad apparire salvatore della patria. I manifestanti hanno anche accusato Bersani e il Pd di non aver fatto abbastanza. E certo tutti i torti non ce l’hanno. Ma è anche vero che essi per primi non si sono molto aiutati, si sono prestati all’inganno, al ricatto.
E del resto anche alle ultime elezioni provinciali gli uomini del premier che ha usato gli aquilani, li ha spremuti e abbandonati, hanno ancora ottenuto la maggioranza. Come se questo fosse un sacrificio atto ad attirarsi una benevolenza peraltro già tradita da tempo.
Per ricompensa si sono beccati l’ “Andate a lavorare” di Giovanardi che ancora si trova in Parlamento nonostante le offerte degli zoo di mezzo mondo per aggiudicarselo.
Però riconosciamolo: siamo stati tutti aquilani. Per troppi anni, abbiamo sopportato troppo. Quella de L’Aquila è una lezione che deve servire da Pomigliano, epicentro dei ricatti confindustriali, ai comuni del nord ipnotizzati dal nulla leghista. siamo al punto che l’attendismo, la falsa moderazione e persino la speranza non è altro che complicità.
basta aspettarci che questo governo faccia qualcosa per noi! E’ ora di fare noi qualcosa per far fuori questo governo di picconatori della nostre garanzie costituzionali e picchiatori fascisti.
Quanto è accaduto è l’ennesima vergogna di un Paese allo sfascio in balia di una masnada di sgherri agli ordini di un dittarorello da avanspettacolo
Grazie di questa nota
laura