La lunga notte della Repubblica in compagnia di Berlusconi. Come quella raccontata dalla D’Addario  a villa Certosa. Per prima cosa è stata messa la busta sul comodino accanto al letto, la busta delle promesse , del miracolo italiano, del milione di posti di lavoro.

Quando viene posta con enfasi sul piano di legno non si può sapere se è vuota o piena, ma comunque è un pegno simbolico per la brillante fornicazione dell’ unto. Quella carnale e quella politica. E’ la cruna dell’ago che induce a spogliarsi di dignità in cambio di una ricompensa.

E infatti comincia lo spogliarello intrigante: per terra scende sinuoso il senso della legalità, la gonna già corta e allusiva delle inchieste perenni e dei misteri irrisolti, poi a tocca al reggiseno delle regole che finisce abbandonato sulla spalliera di una sedia e infine il clou, le mutandine dei diritti e dell’eguaglianza, calano irreparabilmente di fronte alla busta bianca che spicca sul comodino più è densa la penombra.

E poi, una volta consumati i preliminari,  ecco il macho in azione che ci da e ci da con la chimica esaltazione dei media. Ma non succede niente. Parole d’ordine, promesse, prospettive, contratti tutto si perde in una specie di frigidità del fare. Cominciano le docce fredde , una dopo ogni assalto che si risolve nel nulla, in una confricazione meccanica che porta solo a una vanteria di un poi indefinito.

E intanto si finisce sempre più impigliati in quella logica, si comincia davvero ad aspettare un poi inesistente. Un’altra doccia fredda, un’altra delusione, un altro passo verso la logica del lettone di Putin che ormai sembra infinito, il solo piano dove poter agire senza ottenere nulla.

L’orologio cammina felpato verso l’alba. il macho le spara più grosse: non può fare di più di ciò che non sa fare. E comincia a spazientirsi di quel corpo che non risponde come dovrebbe, cerca giustificazioni e capri espiatori, si convince che la colpa non è sua, che lui è una vittima di una situazione assurda. Diventa violento, si chiude dentro la sua prestanza chimica e non capisce come non si possa essere affascinati da un 35 enne.

Così raddoppia le forze, si muove come un matto, senza coerenza, non fa nemmeno più finta di non badare solo a se stesso. E le docce continuano e il nulla si fa denso, la voce roca, la vanteria più assurda. La busta si appanna nonostante sempre più spesso il macho la indichi con gli occhi e con le mani.

E poi dice che in fondo va meglio meglio che in altri letti, quasi a stimolare un qualche risultato che non arriva, per superare il disagio. Ma la colpa non è sua, è di quell’Italia non abbastanza dignitosa da venire con lui senza la busta, ma non ancora del tutto imputtanita da simulare l’orgasmo.

L’Italia è frigida, se non viene con lui, anzi è cogliona e forse dovrebbe cominciare a provare da sola. Un patetico consiglio da macho appassito. Ma certo alla fine sarà così, la cosa migliore di una lunga, degradante e inutile nottata, dopo le docce fredde e la rabbia nello scoprire che oltretutto la busta era vuota. Si meglio da soli, senza il padre padrone incapace. Dopotutto almeno lo si fa con qualcuno di cui si ha stima.