Da molti anni la percezione si è andata a sostituire alla realtà con un enorme vantaggio del potere visto che creare una realtà è difficile, mentre una percezione può essere molto facile da imporre, specialmente se se ad essa si accompagnano sensazioni di allarme e di paura.  Così non è più il mondo reale che suscita percezioni, ma sono le percezioni indotte a creare la realtà. Questo canone inverso coinvolge pienamente la scienza e i ricercatori che sembrano sempre più spesso volti a creare o a sostenere delle percezioni che non a comprendere la realtà: qualcosa di talmente correlato alla ricerca da essere candidamente espresso, almeno quando si è sicuri che la grande informazione non ne farò parola. In particolare negli ultimi anno abbiamo assistito all’amplificazione sociale del rischio in molti settori, ma quello più clamoroso è il clima. Per caso mi è capitato di leggere  il capitolo 2 del rapporto di valutazione 5 dell’IPCC ù il gruppo collegato all’Onu che è il maggiore diffusore di balle sul riscaldamento globale – che si occupa appunto della   valutazione integrata del rischio e dell’incertezza delle politiche di risposta ai cambiamenti climatici.

Si tratta di un documento che evidenzia il “riconoscimento da parte dell’IPCC del fatto che i decisori spesso fanno affidamento su processi di pensiero intuitivi piuttosto che intraprendere un’analisi sistematica delle opzioni in modo deliberativo” che insomma si pensa con la pancia.  Di conseguenza, l’IPCC insiste sul fatto che “è opportuno che le strategie di gestione del rischio del cambiamento climatico tengano conto di entrambe le forme di pensiero quando si considerano le scelte politiche in presenza di rischio e incertezza”. Al lettore di questo incredibile documento viene fornito un resoconto completo del motivo per cui tali strategie sono necessarie e quale forma dovrebbero assumere, in un parola quale sia il tipo di propaganda più efficace per convincere non solo del cambiamento climatico che è un fatto ovvio, ma di un continuo  e catastrofico riscaldamento. Oltre ad usare improponibili modelli lineari già vecchi negli anni ’80, oltre a “ritoccare” periodicamente il set di temperature senza tenere conto di effetti come ad esempio l’espansione delle aree urbane, oltre a  mentono attraverso grafici che elidono i periodi “scomodi” per le loro tesi, essi esplicitamente propongono  l’applicazione di: “una. teoria cognitivo -sociale  per aumentare l’attenzione data al cambiamento climatico nello spirito dell’amplificazione sociale del rischio.” Insomma ammettono di esagerare e spingono perché l’esagerazione venga resa ancor più angosciosa.

Il perché questo avviene è antico come il mondo: la fede in una tesi influenza fatalmente i risultati affinché essi possano in qualche modo dimostrala o non contraddirla. Ma da quando la cupola di potere che tiene tra le sue grinfie l’occidente ha trovato nel catastrofismo climatico e nella insensata ideologia della Co2 la quadratura del cerchio per tenere tutti sotto lo scacco dell’emergenza e nel contempo consegnare il mondo ai grandi gruppi multinazionali, c’è anche un ulteriore elemento che spinge fin verso la vera e propria falsificazione dei dati disponibili e la negazione della realtà ( vedi Poveri orsi? No, poveri uominiClima: chicche, balle e follie,  La tempesta e la favola climatica ) tanto  per citare solo gli ultimo post su questo blog e rintracciare la documentazione) : il fatto che essere catastrofisti significa migliori opportunità di pubblicazione e di carriera. Siamo  ovviamente un milione di chilometri lontano dalla scienza  come del resto  lo sono state e sono tutte le misure anti covid e i vaccini i cui studi clinici sembrano fatti dalla banda bassotti. Ma la misura di come si sia caduti in basso è che questo clima di ambiguità e di menzogna non viene nascosto, ma anzi diventa una medaglia: forse molto scienziati sono così stupidi da non capire che il pianeta non si salva andando dietro i desiderata di chi lo ha avvelenato  e ora vuole fare le parte del salvatore, peraltro puntando il dito su elementi  marginali o sbagliati che poi una stolta burocrazia politica traduce in assurdi provvedimenti. Per esempio proprio nei giorni scorsi è uscita unì attenta ricerca fatta dall’università di Cambridge da cui risulta che l’isolamento termico delle case fa risparmiare sul riscaldamento per i primi due anni, ma poi almeno in un caso su cinque porta a maggiori consumi a causa di un effetto rimbalzo che spinge a usare di più riscaldamento, sia al deterioramento dell’isolamento stesso. E tuttavia si continua imperterriti nella follia del Net zero che di fatto si reggono esclusivamente su una insistente e pervasiva propaganda.