Certe volte uno si stanca di vedere il marcio e la collusione in ogni angolo e cerca di prendersi una vacanza dal peso di ciò che vede e avverte. Q queste avviene in moltissimi casi. La perquisizione armata in casa di Trump? Un clamoroso errore politico in un Paese che  sta sprofondando nella più totale confusione, ma niente di più che un errore di valutazione da parte di qualche magistrato un po’ troppo svegliato e un po’ troppo stupido, due caratteristiche ahimè spesso coincidenti. E invece no perché anche dietro questa sceneggiata si intravede un dolo profondo nel quale si riconoscono ancora una volta le impronte digitali di un intero ambiente: il magistrato che ha firmato il mandato di perquisizione è stato Bruce E. Reinhart , giudice degli Stati Uniti per il distretto meridionale della Florida. Prima di assumere la sua attuale carica, Reinhart era stato un avvocato che rappresentava i soci di Jeffrey Epstein implicati nella sua cospirazione sulla tratta di esseri umani, vale a dire; Sarah Kellen e Nadia Marcinkova due persone di picco nell’entourage di questo inquietante personaggio.  E c’è anche di più Reinhart ha assunto il ruolo di avvocato di Kellen e Marcinkova  pochi giorni  dopo aver rassegnato le dimissioni dal suo incarico di procuratore senior nel distretto meridionale della Florida e proprio mentre stava negoziando un accordo di non azione penale per Epstein.

Queste improvvise dimissioni ( i fatti risalgono al 2007) e il passaggio dall’accusa alla difesa in una torbida storia di abusi sessuali su 34 ragazzine “fornite” ad alcuni politici come carne da macello costò a Epstein solo 13 mesi di reclusione per reati minori proprio grazie all’intervento del nuovo avvocato che pochi giorni prima faceva parte dello staff di accusatori. Questo genere di clemenza politica fu a suo tempo oggetto di controversie pubbliche tanto che il capo della polizia di Palm Beach accusò lo stato di aver fornito a Epstein un trattamento preferenziale. Anche il comportamento di Reinhart fu oggetto di una lunga controversia anni dopo, perché due procuratori trovano scorretto “che egli  passasse dall’altra parte della barricata  “avendo appreso informazioni riservate e non pubbliche sulla questione Epstein”. Ma questo strano magistrato – avvocato che passa con disinvoltura da un ruolo a un altro è comunque riuscito a sfangarla. Anzi ha fatto carriera.

Tutta le vicende che riguardano Epstein, la sua rete e i suoi collaboratori sono parecchio intricate, ma di certo nessuno si aspettava che eventi come la perquisizione a mano armata della casa di un ex presidente, qualcosa che non ha precedenti nella storia Usa e che sta creando una tempesta perfetta attorno ai protagonisti, fosse in realtà stata decisa da uno degli ex avvocati di Epstein. La probabilità che eventi del genere che abbiamo visto si sommino è talmente remota che il sospetto di una combine per mettere in difficoltà Trump o comunque per dare una patina legale un atto di forza che non ha precedenti e che cambia la natura della democrazia americana o per meglio dire la natura del sistema americano, balza prepotentemente agli occhi.  Tutte le volte che si cerca di allontanare il sospetto che le cose non abbiano legami sommersi, che si tratta solo di coincidenze, che non si può sempre sospettare, ecco che qualcosa non torna e spalanca invece ben altre prospettive. Evidentemente Reinhart non poteva dire di no all’operazione perché anche lui ha avuto comunque le mani in pasta nell’affare Epstein e qualcuno potrebbe di nuovo fare le pulci sul suo operato: dunque è un uomo ricattabile. Più la corruzione di una società di allarga e più trova terreno fertile: è per questo che molti organi di stampa dopo la vicenda Trump parlano di repubblica delle banane