Anna Lombroso per il Simplicissimus
La storia italiana, dall’Unità in poi, si presenta come un susseguirsi di “parentesi”, durante le quali il sentimento collettivo predominante è l’attesa fideistica del cambiamento, alle quali seguono altre parentesi, altri ventenni. E ogni volta la maggioranza, che per autoinvestitura mai come oggi si sente forte e tutelata da conformismo e obbedienza coatta, dopo i primi entusiasmi si ritira giudiziosamente in una tana di accondiscendenza interrotta da barzellette, satira, canzonette da Vento Vento a De Andrè o Battiato, nella speranza che qualcuno scenda in campo a difenderne beni, mediocri interessi e miserabili rendite, che oggi sono sempre più ridotte, sempre più minacciate malgrado chi ancora le detiene si voglia convincere di non essere tra i condannati.
Si, malgrado la vicenda risorgimentale e quella resistenziale, l’Italia sembra intendere così la sua nomea di nazione mite, come declinazione di una certa arrendevolezza, di una indole alla soggezione mitigata dalla furbizia così ben rappresentata dalle sue maschere, dai proverbi “Franza o Spagna purchè se magna”, e autorizzate da un trascorso di dominazioni umilianti e vampiresche che trovavano i loro punti d’appoggio nella complicità del suo ceto dirigente collaborazionista.
E difatti ci risiamo, e non c’è nessuna enfasi retorica nel dire che siamo sotto il tallone di ferro di una potenza imperiale trasversale accomunata da una ideologia di sfruttamento, demolizione dello stato di diritto e dello stato sociale delle nazioni che ha occupato economicamente e socialmente, soppressione dei diritti e esercizio di un controllo e di una sorveglianza totale, esproprio di risorse, beni, produzioni e know how nel quadro della confisca della sovranità dello Stato e del popolo.
Finora era evidente che l’ordine nazionale era soggetto a soccombere sotto la pressione dell’ordine europeo/occidentale, ultimamente il killer mandato da Bruxelles dimostra di voler strafare allo scopo di esibire una sua leadership tracotante che estremizza i caratteri e le modalità del mandato ricevuto, allo scopo evidente di acquisire meriti per promozioni non solo interne.
Ormai il continuo richiamo alla Costituzione da parte dei partecipanti dell’oligarchia ha il senso non soltanto di un espediente retorico, ma soprattutto quello di un richiamo a quell’edificio di limiti che la Carta diede, all’atto della sua redazione, ai principi, ai valori e ai requisiti della sovranità di popolo, comunque sottomessa ai partiti e alla loro nomenclatura, a un Parlamento sempre meno rappresentativo grazie a leggi elettorali intese a ridurre il voto a atto notarile di ratifica di decisioni e candidature decise dall’alto.
Si tratta di “raccomandazioni” che hanno acquistato la potenza illiberale di una persuasione morale violenta soprattutto in funzione di imporre le regole autoritarie dell’attuale stato di eccezione.
Proprio oggi il Corriere della Sera esalta l’ultimo prodotto di un gruppo di studi formato una decina di anni fa, da 100 (ormai se non si è in 100 non si ha diritto ai desiderati 15 minuti di fama e ai like sui social) esperti ed esperte (tanto valeva che in nome del dominio del politicamente corretto scrivesser espert seguito dalla schwa) tra docenti di diritto, medici legali, anestesisti rianimatori e ricercatori riuniti sotto lo slogan “Un diritto gentile”.
E già questo dice tutto sui loro riferimenti ideali se la qualità del diritto è stata retrocessa da “giusto” a “gentile” e se alla base della loro analisi c’è la considerazione che nel bilanciamento attuale dei valori, solidarietà e salute pesano di più delle libertà individuali quindi i provvedimenti come il green pass si giustificano in quanto misure «necessarie».
Il sacrificio di prerogative deve essere “proporzionato” al risultato benefico atteso, nel momento in cui si stabilisce una “giusta misura”, che, ovviamente, in questa fase è quella della preminente tutela della salute che ha assunto un plusvalore e va garantita nella duplice dimensione di “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
È successo qualcosa di davvero tremendo se a un diritto viene affibbiata la definizione di plusvalore, a conferma che ormai nelle teste di intellettuali, pensatori, giuristi, gli unici paradigmi e gli unici dogmi sono quelli economici e del mercato, e se da questo ne discende che è obbligatorio redigere una graduatoria e una gerarchia di diritti, garanzie, prerogative che collochino ai primi posti quelli “essenziali”, proprio come i lavoratori selezionati per produrre durante il lockdown, quelli redditizi e che salvaguardano la merce-lavoratore o consumatore, riducendo a optional quelli dell’istruzione, della circolazione, dell’accesso alla cultura e al sapere. I 100 saggi al servizio del reuccio e del suo generale fanno capire che si dovrebbero aggirare dubbi e perplessità, introducendo l’obbligo vaccinale, sia pure, bontà loro, nel rispetto della Costituzione.
Ma intanto, fanno capire che è meglio andare avanti con il green pass finché garantisce “una crescita contenuta” dei contagi.
Ecco un altro effetto del marasma cognitivo indotto dalle fonti ufficiali rappresentate da esponenti di varie discipline scientiste in continuo conflitto di visibilità a chi la spara più grossa, che a intermittenza e su comando dell’esecutivo e dei suoi mandanti padronali, somministrano dosi di ottimismo alternati ad allarme apocalittico, dirette a un popolo bue, ignorante perché escluso o oggetto di una messaggistica unilaterale anche se confusa e contraddittoria che ha annientato qualsiasi spazio di voci “altre”.
Quindi non c’è più da rinviare, sperando non sia troppo tardi, il passaggio da quella resilienza consigliata dalle autorità sul sofà o davanti al pc, a una resistenza che metta a frutto in modo organizzato quell’opposizione che viene rinfacciata come sospetto terrorismo e che impieghi gli strumenti legali che con difficoltà stiamo cercando di mantenere, facendo circolare analisi, controinformazione, messaggi, esperienze di boicottaggio di consumi e pratiche di critica e dissenso, ma immaginando e praticando tutte le forme di antagonismo anti-sistemico che possiamo utilizzare prima di diventare dei dichiarati fuorilegge, per spezzare il silenzio, per togliere il bavaglio messo a tacitare la disperazione di lavoratori, disoccupati, senzatetto, invalidi, pensionati, precari, ai quali da ieri è tolta anche la facoltà di protestare pubblicamente.
Non è facile. Girandomi intorno leggo e sento compagni che affidano questa aspettativa di contare alla realizzazione di una rete del dissenso nella speranza di una appropriazione “popolare” della potenza del digitale, da sottrarre con astuzia e con la forza della giustizia ai suoi sacerdoti che hanno avuto al sfrontatezza di definire il loro piano di sfruttamento, alienazione e mercificazione del lavoro e dei lavoratori “rivoluzione”.
Lo sforzo dovrà essere quello di creare uno spazio laddove i luoghi della socialità sono stati cancellati, resettati, distrutti da un ciclone che si è abbattuto sulle relazioni umane, industriali, civili e affettive, da quando non ci sono più le sezioni, fatte sparire da un ceto politico affermatosi con la fidelizzazione e con il marketing, le associazioni culturali convertite ai cerimoniali delle apericena e delle presentazioni in grazia di Dagospia, nemmeno le bocciofile retrocesse a sale bingo e burraco e neppure le osterie e i caffè che un tempo ospitarono la meglio gioventù carbonara e partigiana.
Non ci sono nemmeno più le parrocchie, non so se esonerate dal green pass, e neppure le piazze, quelle dello struscio e delle vasche, regredite alla fattispecie di centri commerciali, outlet e men che mai quelle delle proteste prima delegittimate, diffamate e squalificate e oggi definitivamente proibite. Mentre quelle dei social sono diventate le più esposte a controllo e censura.
Si, non sarà facile perché il processo di erosione progressiva delle relazioni sociali e affettive ha subito un’accelerazione grazie alla legge del divide et impera che proprio da ieri ha trovato la sua simbolica attuazione della pretesa dei commercianti che per due anni hanno chiesto solidarietà, di impedire la libera espressione e manifestazione in quanto “incompatibile” con i loro profitti.
Ciononostante bisogna trovare i luoghi e i modi del ritrovarsi e riconoscersi sotto le solite bandiere e alla luce delle solite stelle polari, giustizia, libertà, fratellanza, per fare pulizia dell’ipocrisia maggioritaria che pensa che si può essere antifascisti dando sostegno alle indegne misure autoritarie e repressive del governo, che si può essere di “sinistra” consegnando i lavoratori e perfino se stessi a un sistema di sfruttamento e selezione del capitale umano, in cambio di un avvilente salario che permette di accedere a servizi e garanzie che abbiamo contribuito a realizzare e che ci vengono concessi come un lusso a pagamento.
Si può vedere :
https://www.byoblu.com/2021/11/11/pronta-la-svendita-dei-servizi-pubblici-locali-ecco-lobiettivo-del-ddl-concorrenza/
Bene, allora ne suggerisco una molto efficace epperò affatto non moderna, ma perenne: non esiste un conformismo né un anticonformismo delle “cose”, ma una “conformità” alle stesse. I primi due sono illegittimi punti di vista (doxa) che incentivano l’autoritarismo in tutte le sue declinazioni, la seconda un ambito reale (ortodossia) sorretto dall’autorevolezza. Le è piaciuta?
non temo certe formule altrimenti si ridurrebbe a formula anche la lotta di classe, il fatto è che una caratteristica dei regimi totalitari è quella di incrementare la potenza remota, autoritaria e feroce dei poteri in sostituzione di istituzioni, rappresentanze parlamentari e anche corpi separati dello Stato che devono contribuire al disegno imperiale sovranazionale. Magari suggerisca lei una formula più efficace e “moderna”. Anna Lombroso
Qui (!!!), se non funziona facebook :
Si può vedere :
https://www.youtube.com/watch?v=z4TDlAj5pPY
e qui (!!!) :
https://www.facebook.com/zainz1969/videos/186024513723088/?extid=NS-UNK-UNK-UNK-IOS_GK0T-GK1C&ref=sharing
La provocazione è succulenta anche se in realtà di risposte ai suoi quesiti ne ho date ultimamente con ancora maggiore determinazione a proposito dei “compagni” che sbagliano, posseduti dai demoni neoliberisti e dal loro ordine pubblico, ma anche a proposito della cosiddetta ideologia del ritiro. Ma non mi sottraggo: troppo mi solletica esplorare gli sviluppi che lei cita del “siamo tutti sulla stessa barca” alla luce della lotta di classe alla rovescia, dire la mia sul fatto che la vittoria dei poteri forti potrebbe essere attribuita alla loro rappresentazione in forma di Golem o di Principe. Senza, ovviamente, come è mio costume, tralasciare responsabilità personali e collettive dalle quali, mi permetto di insinuare, lei non è certo esente. Anna Lombroso
Perché, quella dei “poteri forti (da lei certe banalità non me le aspetto)”, non è forse una “lotta di classe”? Lei può tranquillamente insinuare ciò che ritiene opportuno (l’insinuazione però, prediligerebbe il dubbio alla certezza, e di essere seguita dal condizionale, non dall’indicativo…), ma quello che intendevo dire, non era riferito al “chi è senza peccato scagli la prima pietra!”, ma allo “sbagliare è umano, perseverare diabolico!”.Tutti sulla stessa barca? Non credo proprio! Sul Titanic c’è chi stava in sala da ballo e chi in sala macchine, differenza, lo ammetto, non da poco se solo fosse arrivato in porto: invece sappiamo tutti dov’è finito… No, la mia barca, a Dio piacendo, spero inizi per “A”, non per “T”! Un saluto.
“Non è facile. Girandomi intorno leggo e sento compagni che affidano questa aspettativa di contare alla realizzazione di una rete del dissenso nella speranza di una appropriazione “popolare” della potenza del digitale… per fare pulizia dell’ipocrisia maggioritaria che pensa che si può essere antifascisti dando sostegno alle indegne misure autoritarie e repressive del governo, che si può essere di “sinistra” consegnando i lavoratori e perfino se stessi a un sistema di sfruttamento e selezione del capitale umano (cit.).”.
Perché lei, Anna, pensa che siano mai veramente esistiti dei compagni (o camerati)? Che ci sia mai stata veramente una “sinistra” (o una “destra”)? Che tutto questo abbia mai corrisposto effettivamente a un’Idea e non a un’illusoria ideologia? Che tutto questo abbia mai corrisposto veramente ad un Principio, una causa che fosse quella della salvaguardia e tutela della classe lavoratrice, contrastata dall’altra corrispondente agli interessi degli (im)prenditori? Le è mai sorto il dubbio che è proprio su questa illusione che si è innestato il giochetto del “divide et impera”? Le è mai sorto il dubbio che è stata la sostituzione dei veri Principi, delle vere Idee (in senso platonico) con le ideologie, che sono state fatte funzionare il tempo necessario al palesarsi del vero distopico risultato per cui erano state concepite, la vera causa di questo abominio? Adesso godiamoci l’Inferno cui abbiamo contribuito con le nostre (a dire il vero: VOSTRE!) buone intenzioni a lastricarne – per citare un illustre illusionista e illuso – il pavé che ci ha condotto, dritti, dritti a destinazione!
GATTO, giusto per dire che di errori ne fa Anche la Lombroso, come Mai potrebbero sospettare suoi ammiratori,;
inizialmente dava credito alla propaganda degli “eroi della sanità che tutto il mondo ci imita”, o simile… ma da quello che si inizia ad intravvedere, anche chiaramente, fra i dipendenti della sanità ci sono ben Pochi eroi, che laddove esistessero sono una sparuta ( e perseguitata, ma certamente rispettabile ed onorevole…) Minoranza…
Io è sin dall’inizio di questa storia del covid19, che tento di far capire che se la sanità è ai livelli infimi attuali è anche (o soprattutto?) a causa del conformismo para fascista o all’avidità-arrivismo di gran parte del personale sanitario, medico e para medico… magari adesso avrà anche realizzato che la realtà è molto simile a quella che indicavo sin dall’inizio…
Debbo confessare che sono rimasto sconcertato dalle riflessioni relative all'”ideologa” Lombroso perché evidenziano, assieme ad altre che raccolgo nei luoghi deputati alla ” cultura”, una miriade di punti di vista che sguazzano in un oceano dove regna ilsoggettivismo assoluto( a volte banale a volte anche genialoide). E’, credo, segno dei tempi. Quando i dominanti acquisiscono un potere direi quasi assoluto, si realizza a livello di analisi politica contestativa, resistente, una babilonia di filosofie, con naturale scadimento epistemologico..insomma una torre di Babele che ritengo sia quella che caratterizzerà gli anni venturi…difficile in un tale contesto ritrovare la quadra giusta…Anne ci prova…
Gentile Antonello, che ci sia un “naturale scadimento epistemologico” siamo perfettamente d’accordo; che ci sia “una miriade di punti di vista che sguazzano in un oceano dove regna il soggettivismo assoluto”, anche, ma ciò di cui parlavo, se è a me che si riferiva, è agli antipodi di qualsiasi soggettivismo o doxa. La difficoltà è intravvederne la differenza in un mare di opinioni che inferiscono una risoluzione, analizzando “fatti bruti” a cui viene data una voce (come bene diceva qualcuno, il fatto in sé è muto!). Ciò di cui si tratta, invece, è dedurne sinteticamente gli esiti, partendo dalla conoscenza dei Principî, che non solo non possono essere “soggettivi”, ma nemmeno umani, e gli unici che possono “parlare”. Si tratta, insomma, di saper “ascoltare”, non di dar voce. Tutto questo, bisogna ammetterlo, non è di semplice attuazione, tanto più in un’epoca dove l’individualismo è legge, ma è come entrare in una libreria stracolma di spazzatura pseudointellettuale (alla Galimberti o alla Odifreddi, per intenderci…) e non avvedersi che ci sono confusi fra loro, magari coperti dalla polvere, ancora gli Aristotele e i Platone (rigorosamente con testo a fronte, sempre utilissimo per scovare le inesattezze infingarde delle traduzioni moderne…). Insomma, ci vuole occhio clinico, o meglio, come diceva bene qualcuno: ci vuole orecchio!… Io ci provo…