img_019_bigOggi tenterò un’operazione difficile, ossia assemblare due temi diversissimi tra loro, ma in fondo sotterraneamente collegati, ovvero quello politico del graduale suicidio delle sinistre in Europa perché continuano a scambiare il globalismo ultracapitalista con l’internazionalismo e  quello dell’egemonia culturale americana che costituisce il nerbo della comunicazione neoliberista. Sul primo tema non c’è che da scegliere perché dovunque si guardi ve ne sono degli esempi di vivida opacità accompagnati da disastrosi risultati elettorali che tuttavia non riescono a scuotere queste elites residuali dal loro sogno dogmatico: Podemos va a fondo, Melenchon paga con una sanguinosa emorragia il sacrificio della sua originale posizione sugli altari dell’unità della sinistra, la Linke eurista nonostante Lafontaine, si posa sul fondo del barile e non parliamo nemmeno dello Stivale dove La Sinistra, unitasi al carrozzone europeista,  ha raccolto un sontuoso bottino dell’ 1,75% inducendo per tutta risposta il coordinatore Nicola Fratoianni. naturalmente non dimissionario, a dire che il futuro sta nell’alleanza col Pd contro l’ “onda nera”. Bisognerebbe segnalare la cosa a qualche disegnatore di manga, che almeno potrebbe trarne qualcosa che abbia un senso.

Si tratta di cose ampiamente prevedibili, previste e non attribuibili soltanto alla scarsa organizzazione, al divisionismo a tutti i costi e all’unionismo dell’ultimo minuto, ma sono soprattutto il segnale di una tale confusione e ambiguità  ideologica che prima delle elezioni Il Manifesto ha ritenuto di dover pubblicare un’articolessa di Roberta De Monticelli, nella quale si  accusa la sinistra di cecità “all’orizzonte cosmopolitico della società giusta” e si rivendica la tradizione cristiana nella costruzione europea.  Ora la stringata cronaca  di questi suicidi di massa è stato tema di un intervento a botta calda di Carlo Formenti il quale ha parlato di questa pulsione di morte della sinistra paragonandola all’impulso suicida dei lemmings: “Come saprete, i lemming sono dei simpatici roditori che vivono nelle zone artiche e che, periodicamente, si suicidano in massa gettandosi in mare per motivi non del tutto chiari. Secondo alcuni l’evento sarebbe associato a una pulsione istintuale che scatta quando la loro popolazione cresce troppo rapidamente in rapporto alle risorse alimentari disponibili. Per le sinistre vale il principio opposto: quanto più diventano residuali e diminuiscono numericamente sia in termini di militanti che di voti, tanto più si comportano in modo da diminuire ancora più rapidamente”. 

Se ne potrebbe sottoscrivere ogni parola, se non fosse che i lemming non si suicidano affatto: questa idea si è diffusa dopo l’uscita di noto documentario della Disney del 1958 dove si vedevano decine di questi piccoli roditori diffusi nella tundra del Nord Europa, gettarsi in mare. Tuttavia nessuno studio e tanto meno le testimonianze  delle popolazioni locali confermò quanto si vedeva nel video e anni dopo la Disney ammise che la famosa sequenza era stata inscenata ad arte in un set: in periodi di sovrappopolazione semplicemente questi animaletti muoiono di fame o nel tentativo di trovare cibo. Capita spesso in America dove un piccolo passo di lemming viene scambiato per grande passo per l’umanità, magari in un attrezzato studio cinematografico, e tuttavia la forza di trascinamento della macchina della comunicazione e del consenso dell’impero ci fa ancora ritenere che i lemming si suicidino. Anzi per la verità quel falso documentario ha fatto si che i lemmini, cosi si chiamavano in italiano, siano diventati lemming.

E naturalmente non si tratta solo di documentaristica: la forza dei memi distribuiti a piene mani per decenni dal complesso mediatico neo liberista si fa sentire ad ampio spettro, politica compresa dove essi si insinuano furtivamente per poi fiorire al momento giusto come post ideologismi o costringono coloro che ne avvertono la presenza a nascondersi nelle fortificazioni di ortodossie senza scampo.