pm-l-aquila-e-ancora-emergenza-su-casette-legno-29712.660x368-500x279Come probabilmente saprete a un anno mezzo dal terremoto in Centro Italia, sono arrivate meno della metà delle quasi 4000 casette promesse e che dovevano arrivare in pochi mesi anche perché indispensabili a permettere la prosecuzione della attività agricole e di allevamento che sono la principale economia dei luoghi colpiti, peraltro conosciuti in tutto il mondo proprio per le specialità alimentari. Ma non bisogna adirarsi con i cialtroni  che ci governano ( vista la situazione si tratta dopotutto di un complimento): invece di semplici ed essenziali casette di fortuna, sono stati forniti sontuosi palazzi. Oddio non fanno questa impressione a chi ci entra: strutture progettate con i piedi (persino il boiler sul tetto in modo da farli esplodere) e non coibentate, montate ancor peggio, fatte di materiali pessimi, il più delle volte prive di acqua e luce, afflitte da sporcizia indicibile, infissi scadenti, bagni non montati, umidità da caverna, ma il prezzo è superiore a quello di un normale appartamento nell’ area interessata dal sisma: 1100 euro a metro quadro. E questo è niente perché in alcune realtà come Bolognola  le opere di fondazione e urbanizazione sono costate la bellezza – tenetevi – di 250 mila euro a casetta, portando il totale a livello di attici di lusso nelle più belle città italiane: 6200 euro a metro quadro. Ed è più o meno così dappertutto.

La cosa non stupisce più tanto se si tiene conto che della partita delle casette fa parte anche uno degli sciacalli che ridevano al terremoto de L’Aquila, il ridanciano Vito Giuseppe Giustino la cui azienda, anche se dislocata ad Altamura fa parte di quel consorzio di 200 coop sedicenti rosse che si sono accaparrate l’esclusiva di questo affarone e che lo difendono con le unghie, con i denti e con i carabinieri: è nota l’ inqualificabile vicenda della vecchietta di 95 anni sloggiata dalla casetta prefabbricata, ma decente che i suoi figli avevano comprato per lei: in pratica è come se avesse derubando il consorzio cooperativo dei 300 mila euro che guadagna con uno dei suoi tuguri prefabbricati, gli unici a poter essere montati.

Ricordo che subito dopo il terremoto ci furono aziende specializzate che offrirono casette prefabbricate e ben coibentate  a 450 euro al metro quadro più 3000 euro per fondazioni e urbanizzazione, dunque a un costo medio 11 volte inferiore. Sarebbe bastato che le coop riunite nel Consorzio Nazionale Servizi, dopo aver ricevuto questo bel regalino dalla Consip, ovvero dal centro acquisti dipendente dal ministero dell’economia, avessero semplicemente fatto lavorare le aziende serie, per dare a tutti in meno di un anno  la loro casetta decente e per regalare un enorme risparmio dello Stato, anche a fronte di un eventuale pizzo del 30 o 40 per cento richiesto in qualità di lasciapassare. Invece l’avidità più stupida e cieca ha preso il sopravvento, spingendo il consorzio ad occuparsi di cose per le quali non aveva competenza o esperienza e nemmeno un sentimento di impegno civile, causando così un grave danno diretto ai terremotati e indiretto per tutti i cittadini di questo disgraziato Paese.

Forse si potrebbe persino parlare di associazione a delinquere politica visto che i controllori ovvero la Consip e il consorzio delle coop appartenevano e appartengono alla medesima area politica dominata dal renzusconismo e anche per il fatto che l’assegnazione senza gara del compito di costruire le casette si basa su un precedente contratto tra Consip e Consorzio coop per la pulizia delle scuole, ottenuto grazie a trucchi che sono oggi all’esame dell’Antitrust: si voleva far credere che in qualche modo il contratto per gli abituri da terremotati fosse già in essere. Ma anche lasciando perdere l’abiezione etica nel quale si sta dissolvendo il Paese, si vede chiaramente come le coop che negli anni ’70 e ’80 erano centri di produzione coi fiocchi si siano ridotte a centri speculativi che invece di affrancarsi dalla tutela politica, ne costituiscono l’aspetto parassitario più scandaloso. Semmai il cambiamento ha riguardato le logiche del lavoro che ovviamente hanno seguito i massacri delle politiche nazionali, peraltro messe a punto da un ex cooperatore amante delle cene. Proprio questo elemento mostra meglio di tante analisi cosa è successo e sta succedendo al Paese.

Di tutto questo però l’informazione di regime si è occupata pochissimo e quando lo ha fatto ha fornito un panorama della situazione edulcorato, magari frazionato in maniera che sia difficile ricomporre l’intero quadro, ma in ogni caso completamente diverso dalla realtà. Anche adesso che esiste un esposto prodotto dai Cinque stelle alle procure interessate, all’Anac e alla Corte dei conti per i costi folli, giornali e telegiornali si occupano di altro e anzi a maggior ragione cercano di tenere sotto silenzio uno scandalo di propozioni gigantesche: a marzo si va a votare e non si possono sputtanare così le forze di governo. Fanno benissimo, sarebbe davvero troppo populista mostrare le nudità più infime del potere, anzi, diciamolo pure, immorale.